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Facebook ascolta la tua confessione?

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Diane Montagna - Aleteia - pubblicato il 21/10/16

In un'epoca di microfoni in miniatura e applicazioni che "ascoltano", sia il sacerdote che il penitente dovrebbero essere prudenti su ciò che condividono nel confessionale

I nostri smartphone sono sempre più “smart“, e i social media sempre più in espansione; non deve sorprendere dunque che anche la privacy rischi ancora di più di essere violata.

Alla luce di questo, qual è il pericolo di portare il telefonino nel confessionale? E quali precauzioni possono prendere sia il sacerdote che il penitente?

“Tutti i telefoni hanno un microfono incorporato, e molte app – tra cui Facebook – richiedono l’accesso al microfono e alla videocamera”, ha dichiarato padre George Hajj, parroco della St. Anthony of Padua Maronite Church degli Stati Uniti. “La tecnologia può spiare ed origliare – non sappiamo nell’interesse di chi – ciò che viene detto nel confessionale”.

Per padre Andrew Pinsent, direttore di ricerca dello Ian Ramsey Centre for Science and Religion di Oxford, la sorveglianza tecnologica è diventata così onnipresente da rendere i timori del Grande Fratello di Orwell un qualcosa di antiquato, “dell’epoca dei dinosauri”. È quindi necessaria “un’attenzione straordinaria” per garantire “un’adeguata privacy nei sacramenti, dove è in gioco la salvezza delle anime”.

Padre Pinsent copre le webcam “che possono essere attivate elettronicamente” per impedire l’insorgere di spioni, chiamati snoopers (il direttore dell’FBI James Comey ha recentemente consigliato a chiunque di fare la stessa cosa). Si è anche detto preoccupato dei microfoni incorporati nei computer e nei cellulari (preoccupazione condivisa da Mark Zuckerberg), nonché dell’uso che si fanno dei dati acquisiti tramite una semplice navigazione sul web. Per lui l’idea di utilizzare assistenti virtuali quali Siri o Amazon Echo è “folle dal punto di vista della privacy”.

Ad ingigantire il problema, aggiunge, è la “sconcertante varietà di spyware a buon mercato” che permette a chiunque – a partire dal governo fino ai singoli individui – di “raccogliere informazioni”, se determinato a farlo.


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Eppure sempre più sacerdoti portano il telefonino nel confessionale, perché per pregare la Liturgia delle ore è molto più comodo e pratico uno smartphone di un libro rilegato. Allo stesso modo anche i penitenti a volte preferiscono usare un app del telefono per fare l’esame di coscienza prima della confessione, e spesso portano il telefono con sé nel confessionale, per ricordare più facilmente i peccati compiuti.

Padre Pinsent ed altri esortano dunque la Chiesa a prestare attenzione alla faccenda, sostenendo che i vescovi dovrebbero ricevere consulenze da parte di esperti, per acquisire le necessarie competenze tecniche.

Facebook ci sta “ascoltando”?

La tecnologia “d’ascolto” di Facebook usa la stessa tecnologia algoritmica che consente al tuo smartphone di identificare una canzone riprodotta alla radio. Il telefono carica le “forme d’onda” del suono ambientale raccolto dal microfono, poi le confronta con un enorme database che contiene quasi ogni brano musicale registrato. Quando trova un campione corrispondente, ne mostra i dati all’utente. Il tutto avviene quasi istantaneamente. Gli stessi algoritmi “d’ascolto” sono in grado di tracciare determinate parole o frasi raccolte dal microfono del telefono. Se dici ad un amico che vorresti fare un viaggio in Nuova Zelanda, l’algoritmo ascolterà ed identificherà le parole “Nuova Zelanda”, e di conseguenza le pubblicità su Facebook o Google potrebbero diventare piene di annunci sul turismo in Nuova Zelanda. Gli stessi algoritmi potrebbero facilmente essere programmati in modo da registrare dati dopo aver intercettato le forme d’onda delle parole “Mi benedica padre, perché ho peccato…”

Facebook ha ammesso che l’app sia in grado di ascoltare ciò che accade attorno ad essa. Ma in seguito ad una serie di lamentele, il 2 giugno 2016 ha emanato un comunicato in cui dichiara di non utilizzare il microfono incorporato per “informare agenzie pubblicitarie” né per “alterare” le informazioni che appaiono nel news feed, dicendo che “non è vero” che “ascolti le conversazioni delle persone per mostrare loro annunci personalizzati”. Le pubblicità compaiono, invece, “in base agli interessi delle persone e ad altre informazioni del profilo, e non in base a ciò che l’utente dice ad alta voce”.

Ma seppur Facebook non dovesse “ascoltare” le conversazioni, questo non vuol dire che non vi siano altri che lo facciano. Strumenti quali Amazon Echo sono continuamente all’ascolto, a meno che non vengano manualmente silenziati. Un modo semplice per evitare queste “intercettazioni”, soprattutto nel confessionale, è disabilitare l’accesso al microfono. Oppure lasciare lo smartphone a casa, in macchina, o darlo momentaneamente ad un amico o parente.

Per vedere chi potrebbe potenzialmente “ascoltare” un iPhone, basta andare in Impostazioni –> Privacy –> Microfono, per vedere le applicazioni che hanno richiesto l’accesso al microfono incorporato. Se non ti piace l’idea che alcune app abbiano accesso al tuo microfono, puoi disattivarle fino a quando non siano necessarie.

Per sapere come disattivare l’app di Facebook su iPhone o Android, clicca qui.

La posizione del Vaticano

Il Vaticano non è nuovo alla questione della registrazione delle confessioni.

Nel 1988, la Congregazione per la dottrina della fede ha affrontato la questione generale della registrazione delle confessioni sacramentali in un documento chiamato “decretum de sacramenti paenitentiae dignitate tuendam” (Decreto riguardante la scomunica a colui che divulga le confessioni). Questo breve documento ha delineato il principio generale secondo cui registrare la confessione sacramentale “con qualsiasi strumento tecnico” compromette direttamente la dignità del sacramento; il che è considerato, in un certo senso, un delitto contro la fede, e dunque è competenza della Congregazione per la dottrina della fede. In altre parole, se qualcuno è accusato di aver compiuto quest’azione, soltanto la CDF può risolvere la questione. È alla stregua dell’abuso sessuale di minori, eresia ed apostasia.

Il delitto prevede anche la “diffusione maliziosa” di quanto detto nella confessione, sia da parte del confessore che del penitente, che sia vera o simulata.

Queste norme furono stabilite ben prima dell’avvento degli smartphone e sicuramente prima che qualsiasi tecnologia potesse attivare a distanza – e senza allertare l’utente — un microfono o uno strumento di registrazione. Queste norme sono però abbastanza generali da coprire la situazione attuale. Ascoltare non equivale a registrare, ma viene applicato lo stesso principio. Se qualcuno ascolta e condivide il contenuto della confessione, commette un delitto.

Un funzionario del Vaticano esperto nella materia ha dichiarato ad Aleteia che soltanto il sacerdote è costretto al sigillo sacramentale. Qualsiasi altra persona origli le informazioni rivelate durante la confessione è però costretto alla “segretezza”, e qualsiasi violazione sarebbe da considerarsi immorale.


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È prudente da parte di un sacerdote portare con sé uno smartphone? “No”, ha dichiarato. “La prudenza sarebbe non creare una realtà da un’ipotesi”.

La sacra intimità della Confessione

Ciò che rende la questione così delicata è che, durante il sacramento della Confessione, una persona è “maggiormente vulnerabile nei confronti dell’altra persona, e quindi di Cristo”, ha dichiarato il funzionario. “È il momento in cui siamo più vulnerabili. È il sigillo sacramentale a spingere i fedeli alla Confessione; nient’altro potrebbe convincere le persone a condividere parole talmente intime”.

Ha sottolineato che l’attuale “epoca dei selfie glorifica la debolezza”, e alcune persone se ne vantano sui social media per ottenere fama. Ma la Confessione “non ha nulla a che vedere con tutto ciò”. Non ci si confessa per ottenere fama, quanto invece per prendere coscienza del proprio peccato e della propria debolezza col desiderio di lasciarseli alle spalle.

“L’unica cosa che si ottiene manifestando la propria debolezza nella Confessione è la salvezza”, ha spiegato. “Il sigillo sacramentale protegge l’intimità di quel momento di totale rivelazione di sé. È la protezione del dono che Gesù fece a Pietro di legare e sciogliere”.

Precauzioni per sacerdoti e penitenti

Alla luce di questi aspetti delicati e del bisogno di salvaguardare la sacralità della Confessione, il domenicano padre Ezra Sullivan, docente di Teologia Morale alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino a Roma, ha dichiarato che il penitente ha “l’obbligo di spegnere il microfono” per assicurarsi che “la sua privacy e quella del sacerdote sia preservata, in modo che nessuno sviluppatore di app possa ascoltare quel sacro momento”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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