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L’Occidente di fronte al significato di libertà

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Flickr.com/ Creative Commons/ © Sabbian Paine

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 21/10/16

Zygmunt Bauman: il destino della società occidentale dipende dalla “lettura” del concetto di libertà

«La libertà è il nostro destino: una sorte che non può essere ignorata e non ci abbandona mai» scrive Zygmunt Bauman.

L’uomo ha da sempre aspirato alla libertà e si è battuto nel corso dei secoli per essa generando dinamiche e rotture che hanno modificato sistemi e tradizioni: ma oggi cosa significa libertà? La nostra società occidentale è veramente libera? Il libro “Il destino della libertà. Quale società dopo la crisi economica?” (Città Nuova editrice) raccoglie gli interventi di un convegno dall’omonimo titolo svoltosi a Perugia nel 2014 che ha visto protagonisti il famoso intellettuale Zygmunt Bauman, teorico della società liquida, e i sociologi Mauro Magatti e Chiara Giaccardi. I tre studiosi riflettono sul risultato paradossale che l’enorme sviluppo economico degli ultimi quattro decenni ha prodotto sulla libertà, aumentando in maniera esponenziale da una parte le possibilità di scelta dell’uomo, e imprigionandolo dall’altra in una visione completamente individualistica dell’esistenza. L’uomo così è divenuto schiavo di se stesso, dipendente dal consumismo e dagli strumenti tecno-economici e quindi, verrebbe da concludere, meno libero.

«IO SONO IN GRADO DI CONTROLLARE LA MIA VITA, QUINDI SONO FELICE»

Bauman apre il suo intervento partendo dai risultati di un importante studio svolto da un prestigioso gruppo di ricercatori di molte Università europee, tra cui la sociologa Aleksandra Kania che ha realizzato una ricerca comparativa sui valori della società europea. Lo studio ha mostrato le differenze sulle visioni valoriali tra le nazioni, ma ha anche messo in luce un elemento comune a tutti i Paesi. Alla domanda «Sei felice?» è emersa una forte corrispondenza tra la percezione della propria felicità e la percezione del controllo sulla propria vita. Connessione che porta ad affermare, dice Bauman, «io sono in grado di controllare la mia vita, quindi sono felice».

«Tutto ciò significa che una persona per sentirsi veramente libera deve avere la capacità di autodefinizione, di produrre la propria identità e di evitare ogni costrizione. Secondo questa ricerca, dunque, questo sarebbe il concetto di libertà condiviso dalla grande maggioranza della popolazione europea».

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LA LIBERTÀ SALVERÀ LA SOCIETÀ O CONTRIBUIRÀ AL DEGRADO DELL’UMANITÀ?

Bauman prosegue affermando che la libertà ha determinati effetti sulla società in base a come viene declinato il suo concetto. Egli identifica due atteggiamenti:

«Il primo presenta la libertà come un rapporto sociale in cui ogni persona ha la possibilità di imporre se stessa. (…)Ora, questo tipo di libertà ha una tendenza a dividere, tende a creare una divergenza piuttosto che una convergenza. Divide le persone in soggetti e oggetti. Il soggetto è colui che progetta e decide ciò che avverrà; in definitiva, è colui che ha il potere di portare avanti questo progetto e che ha la facoltà e la capacità – quando incontra una resistenza da parte delle altre persone che sono coinvolte – di riuscire a imporsi».

L’altra visione, che Bauman ritiene essere la più corretta, utile e “genuina”, è quella che

«valorizzi, innanzitutto, il diritto di scegliere che detiene ogni singolo individuo; che consideri, in secondo luogo, l’assunzione di responsabilità delle proprie scelte e delle conseguenze che esse provocano; e che comprenda, infine, la speranza che tut¬to ciò che queste scelte comportano produrrà un miglioramento per la società. ¬(…) una concezione della liber¬tà che è basata sul dare piuttosto che sul prendere, sull’aggiungere piuttosto che sul sottrarre».

Lo studioso quindi sostanzialmente concorda con la visione di libertà espressa dal Santo Padre e riportata durante la stessa conferenza dal cardinal Bassetti:

«La libertà è sostanzialmente una triade: innanzitutto, è la possibilità della verità; in secondo luogo, vuol dire assumersi delle responsabilità; e infine significa avere una speranza».

COMPETIZIONE E SOLIDARIETÀ

«La competizione è, di fatto, una concorrenza che spinge ogni essere umano a portare avanti la propria posizione e che porta a sostenere: «Io voglio che le cose siano come io le desidero».La solidarietà, invece, presuppone l’idea che tutti gli uomini e le donne possano vivere insieme in modo collaborativo e possano cercare di diventare, tutti, più felici».

Bauman sottolinea a questo punto di non credere nella categoria della necessità, ed afferma come nella società attuale siano fortemente a rischio alcuni elementi della libertà: le capacità di scelta si stanno restringendo, la responsabilità decisionale è negata a molti, e la speranza – per tanti giovani di poter realizzare ciò che hanno appreso dai loro studi e dalla loro formazione – sembra essere ormai quasi perduta. Come si è giunti a questo punto? Bauman afferma che un importante spunto di riflessione può offrirlo l’economista francesce Thomas Piketty che ha studiato sia le dinamiche che guidano l’accumulo e la distribuzione del capitale, sia l’evoluzione delle diseguaglianze tra il XX e il XXI secolo evidenziando che:

«la crescita moderna e la diffusione delle conoscenze hanno permesso di evitare l’apocalisse marxista, ma non hanno modificato le strutture profonde del capitale e delle disuguaglianze, o quantomeno non nella misura in cui si è immaginato potessero farlo nei decenni di ottimismo che hanno accompagnato il secondo dopoguerra».


«NON AVREMO ALTRO DIO AL DI FUORI DEI NOSTRI IDOLI»

L’uomo contemporaneo tende ad assumere con sempre maggiore frequenza il primo atteggiamento rispetto al concetto di libertà illustrato da Bauman, concentrandosi esclusivamente sui propri bisogni e desideri. Su questo argomento vertono principalmente gli interventi di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi che sottolineano come

«il desiderio, che per definizione non ha oggetto, è stato tradotto in una serie di bisogni, e la sua tensione mai risolubile è stata ridotta a ricerca del godimento attraverso oggetti resi idoli (ovvero divi¬nità portatili), o persone usate come oggetti. «Non avremo altro Dio al di fuori dei nostri idoli», sembra essere il comandamento dell’Occidente capitalista».

SIAMO DIVENTATI TUTTI BULIMICI

«Prima non avevamo scelta, le traiettorie erano già tracciate, ora pare che ci possiamo inventare una vita nuova ogni giorno. Siamo passati dal menù fisso al self-service, ma la tavola dell’abbondanza è sempre già apparecchiata e tutti i piatti sono equi¬valenti, perché in fondo nessuno vale veramente. E soprattutto nessuno sazia; quindi, siamo diventati tutti bulimici. (…)La vita è ridotta a consumo: scegliere cosa con¬sumare è l’unica libertà che ci è concessa, l’unica presentata come desiderabile».

L’individuo moderno affamato di libertà, ne ha conquistato una che non sazia, perché vuota di contenuto e di senso. La ricerca continua di una soddisfazione personale, il non porre mai un limite al propri desideri, debordando dai confini entro cui muoversi e orientarsi nel rispetto di sé e degli altri, ha condotto l’uomo a perdersi nell’illusione di un piacere assoluto dove l’unica falsa libertà è consumare senza fine e senza godere veramente.

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