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La differenza tra compassione e carità, spiegata (bene) da questo video

differenza compassione carità video

Catholic Link - pubblicato il 20/10/16

di Solange Paredes

Tutti conosciamo il concetto di amore per il prossimo. O almeno è quello che crediamo, no? Sappiamo che la carità è il secondo comandamento più importante ed essenziale nella vita cristiana, ma la viviamo? Sappiamo portare questa conoscenza teorica nella nostra vita quotidiana?

Il movimento statunitense «Caring Across Generations» ha realizzato un video che spiega in modo semplice cosa significa amare il nostro prossimo, prenderci cura di coloro che ci circondano. Questo non vuol dire che gli altri siano soltanto importanti per noi, ma che dobbiamo amarli. Ed è possibile soltanto attraverso la virtù della carità.

A questo punto, bisogna fare attenzione a non confondere la carità con il concetto distorto che viene propinato oggi, non va intesa al pari dell’elemosina o della pietà. No. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci parla della carità nei seguenti termini:

«La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio» (CCC, 1822).


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Personalmente credo che il cuore di questa definizione sia che non dobbiamo amare gli altri per i propri meriti, ma perché è la naturale conseguenza del nostro amore per Dio. Soltanto se abbiamo una relazione reale col nostro Dio potremmo dunque genuinamente desiderare il meglio per il nostro prossimo. È questo l’amore a cui si riferisce Nostro Signore quando dice: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Come saremo capaci di fare questo, se non conosciamo l’amore di Dio? Se non ci preoccupiamo di sviluppare una relazione con Lui?

Bisogna chiarire che l’amore per il prossimo di cui stiamo parlando va al di là della filantropia. La carità vissuta deve tradursi in opere sinceramente dirette al benessere dell’altro, senza interessi né calcoli politici. Questo significa anche che alla base della nostra motivazione non può esserci la legge del minimo sforzo, in cui si fa il minimo indispensabile per riuscire a far tacere la propria coscienza…

Forse è per questo che risulta più facile contribuire economicamente ad una causa, invece che decidere di essere più gentili a casa? È più facile assumere una baby-sitter per i nostri figli o uno specialista geriatrico per i nostri genitori anziani, invece che scontrarsi quotidianamente con loro? È chiaro che dobbiamo tutti lavorare e non possiamo permetterci di stare a casa e prenderci cura di loro; ma questa potrebbe essere un’ottima occasione per sfidare noi stessi e comprendere le motivazioni di ciò che facciamo.

L’amore per il prossimo inizia a casa. Ovviamente non dobbiamo stare 24 ore al giorno con i nostri cari, per dimostrare il nostro amore; ma cerchiamo di sfruttare il tempo passato insieme per imparare a prenderci cura di loro, ad ascoltarli, a sacrificare noi stessi. Il vero amore richiede uno sforzo, purifica l’anima. Forse è per questo che San Giovanni della Croce disse: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore». A cui papa Francesco aggiunge: «Saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà».

Viviamo in una società determinata ad ignorare il bisognoso, il non nato, l’anziano o il malato, perché non produttivi. Di quale crescita, non solo spirituale ma di civiltà, possiamo parlare? Dove stiamo andando, come società? Dove stiamo andando, come individui? Ricordiamoci che saremo giudicati da quanto amiamo, e da tutto ciò che facciamo per amore (cfr. Matteo 25:31-46).

Voglio concludere condividendo con voi il compito che papa Francesco ha lasciato ai suoi compatrioti argentini. Anche noi possiamo applicare questi consigli, fuori e dentro casa:

«In questo Anno della Misericordia vi propongo di compiere qualche opera di misericordia ogni giorno, o ogni due giorni se non potete farla ogni giorno; e non vi arrabbiate se ve le leggo per ricordarvele. Sono le opere di misericordia corporali e spirituali. La maggior parte si trova in una lista che il Signore fa nelle Beatitudini, in Matteo 25, e in tutto il Vangelo. Sono opere concrete di misericordia e se ognuno di voi ne farà una al giorno o una ogni due giorni, quanto bene faremo al nostro popolo: Visitare un malato, visitare i malati, è un’opera di misericordia. Dare da mangiare all’affamato. C’è gente che ha fame. Dare da bere all’assetato, che ha sete materiale e spirituale, a volte.Dare ospitalità al pellegrino, ossia dare un posto a chi non ha casa, a chi non ha un tetto. Vestire l’ignudo, ossia far sì che la gente abbia un vestito, che non soffra il freddo in inverno.Visitare i carcerati. La Chiesa insiste molto su questo. Seppellire i defunti. Queste sarebbero le sette opere di misericordia corporale. E poi ce ne sono sette spirituali:

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Insegnare a chi non sa. Dare un buon consiglio a chi ne ha bisogno. Correggere chi sbaglia. Perdonare chi ci offende. Quant’è difficile perdonare! Tutti oggi nel mondo abbiamo bisogno di perdonare molto e di essere perdonati. Consolare chi è triste.  Sopportare con pazienza i difetti del prossimo. Ci sono persone che a volte ci fanno perdere la pazienza, e noi dobbiamo sopportare con pazienza i loro difetti, è un’opera di misericordia. Pregare Dio per i vivi e per i morti».

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

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