“In uno dei quaderni del diario tenuto durante la prima persecuzione subita a opera di uomini di Chiesa, tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, il frate di Pietrelcina fa spiegare da Gesù stesso che cosa sia la Messa. Una pagina pubblicata da Francobaldo Chiocci e Luciano Cirri in Padre Pio, storia di una vittima su cui dovrebbero riflettere riformatori e loro tristi epigoni:
«Pensate che il sacerdote che mi chiama tra le Sue mani ha un potere che neanche a Mia Madre concessi; riflettete che se, invece di un sacrestano, servissero il sacerdote i più eccelsi serafini, non sarebbero abbastanza degni di stargli vicino. […] E degno allora starsene alla Messa pensando altro che a Me?
[…] Considerate l’Altare non per quello che lo hanno fatto gli uomini, ma per quello che vale, dato dalla Mia presenza mistica, ma reale. […] Guardate l’Ostia, vedrete Me umiliato per voi; guardate il Calice in cui il Mio Sangue ritorna sulla terra ricco com’è di ogni benedizione. Offritemi, offritemi al Padre, per questo Io torno tra voi. […] Se vi dicessero: “Andiamo in Palestina a conoscere i luoghi santi dove Gesù ha vissuto e dove è morto”, il vostro cuore sussulterebbe, è vero? Eppure l’Altare sul quale Io scendo ora è più della Palestina, perché da questa me ne sono partito venti secoli fa e sull’altare Io ritorno tutti i giorni vivo, vero, reale, sebbene nascosto, ma sono Io, proprio Io che palpito tra le mani del Mio ministro, Io torno a voi, non simbolicamente, oh no, bensì veramente; ve lo dico ancora; veramente […]. Getsemani, Calvario, Altare! Tre luoghi di cui l’ultimo, l’Altare, è la somma del primo e del secondo; sono tre luoghi, ma uno soltanto è Colui che vi troverete.
[…] Portate i vostri cuori sul corporale santo che sorregge il Mio Corpo; tuffatevi in quel Calice divino che contiene il Mio Sangue. È lì che l’Amore stringerà il Creatore, il Redentore, la vostra Vittima ai vostri spiriti; è lì che celebrerete la gloria Mia nell’umiliazione infinita di Me stesso. Venite all’Altare, guardate Me, pensate intensamente a Me […]»”.
(da A. Gnocchi, M. Palmaro, L’ULTIMA MESSA DI P. PIO, pp. 73-74)