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Come le elezioni Usa stanno dividendo l’elettorato cristiano

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© Trevor Collens / Shutterstock

Valerio Evangelista - Aleteia - pubblicato il 13/10/16

I candidati alla Casa Bianca, tra scandali mediatici e posizioni moralmente dubbie, godono di un sempre più tiepido sostegno da parte delle varie anime del cristianesimo praticante

Tra poco meno di un mese l’elettorato statunitense sarà chiamato alle urne per eleggere il 45esimo Inquilino della Casa Bianca. Da mesi i media internazionali rilanciano dichiarazioni ‘choc’ dei candidati e frugano nella loro vita personale alla ricerca di scheletri nell’armadio. WikiLeaks ha recentemente rilasciato migliaia di e-mail che sarebbero state hackerate dall’account personale di John Podesta, uno dei più stretti consiglieri di Hillary Clinton. Tra i leaks diffusi dall’organizzazione di Assange e le frasi al vetriolo di Donald Trump, questa campagna elettorale è stata costellata di scandali e tanto, troppo, rumore mediatico.

Gli oltre 2mila messaggi di posta diffusi riguardano varie tematiche, tra cui come gestire le domande dei media sulle donazioni alla Fondazione Clinton da parte di interessi legati all’attività mineraria e all’energia nucleare, come specifica lo stesso Julian Assange in un comunicato sul sito di WikiLeaks. Tra i molti spunti offerti dal leak, vi sono anche scambi di e-mail sul rapporto che l’entourage del candidato del Partito Democratico ha con l’elettorato cattolico.


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“BASTARDIZZAZIONE DELLA FEDE”

In una conversazione del 2011 (avente come oggetto “Cattolicesimo conservatore”) tra il presidente della campagna elettorale John Podesta, la responsabile della comunicazione Jennifer Palmieri e John Halpin (senior fellow del “Center for American Progress”), i tre condividono le loro opinioni sul fatto che il cattolicesimo sia “retrogrado”.

È Halpin a mandare la prima mail a Podesta e Palmieri, prendendo di mira il magnate dell’informazione Rupert Murdoch e il giornalista del Wall Street Journal Robert Thomson per il fatto di essere cattolici:

L’ultimo articolo di Ken Auletta sul New Yorker di Murdoch inizia dicendo che sia Murdoch che Robert Thompson, managing editor del WSJ, stanno crescendo i loro figli nella fede cattolica. Quel cavolo di Murdoch ha battezzato i suoi figli nel Giordano, proprio dove Giovanni Battista ha battezzato Gesù. Molti dei personaggi più importanti nel mondo conservatore sono cattolici (molti dei quali convertiti) e spingono le loro idee attraverso i loro media e nella propria sfera di influenza sociale. …
È una vera bastardizzazione della fede. Ragionano in modo schematico, hanno idee radicalmente retrograde sulle relazioni di genere e ignorano totalmente il concetto di cristianesimo democratico.

Palmieri, all’epoca parte del “Center for American Progress”, dice di ritenere che Murdoch, Thomson e molti altri conservatori siano cattolici perché pensano che sia “la religione politicamente conservatrice maggiormente accettabile dalla società”. E aggiunge: “Se dovessero diventare evangelici, i loro amici ricchi non potrebbero comprenderlo”. Podesta conclude dicendo: “Hai ragione da vendere. Si riempiono la bocca col pensiero tomista e col principio di sussidiarietà, dandosi un’aria sofisticata perché nessuno sa di cosa cavolo stiano parlando”.

Una visione estremamente manichea del rapporto tra politica e religione, come ricorda Addie Mena su Catholic News Agency, che non prende affatto in considerazione l’ipotesi che Murdoch e Thompson possano crescere i propri figli secondo i valori cattolici perché li reputino veri, vedendo la fede soltanto nella dicotomia progressista/conservatore e lasciando intendere che sia un mero strumento della politica.

“PRIMAVERA CATTOLICA”

In un altro scambio di mail del 2011, John Podesta discute con Sandy Newman (presidente di Voices for Progress) sulla possibilità di “piantare i semi della rivoluzione” contro i vescovi statunitensi e le loro posizioni.

“C’è bisogno di una Primavera Cattolica”, scrive Newman, “in cui gli stessi cattolici reclamino la fine di quella che è una dittatura medievale, e l’inizio di una piccola democrazia che rispetti l’equità di genere nella Chiesa cattolica.

E Podesta risponde dicendo:  “Abbiamo creato Catholics in Alliance for the Common Good per essere pronti ad un evento del genere. Ma penso che non abbia, al momento, la leadership adatta. Come altre primavere, penso che anche questa debba muoversi dal basso verso l’alto”.


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L’attuale direttore esecutivo di Catholics in Alliance, Christopher Hale, ha dichiarato alla CNA che “le email scritte nel 2011… non riflettono la missione dell’organizzazione” e di aver “portato avanti battaglie contro il Sistema Sanitario, contro Planned Parenthood”, lottando più volte “per la dignità dei bambini non nati”.

“Facciamo del nostro meglio”, continua Hale, “per esortare entrambi i partiti ad una maggior coerenza ai propri valori, e siamo orgogliosi di ricevere critiche sia da sinistra che da destra”.

Tra i principi che Catholics in Alliance for the Common Good promuove, ricordiamo il rispetto per la vita, l’assistenza ai poveri, la tutela della pace e la custodia della creazione. Seppur non abbia mai citato direttamente Hillary Clinton, il gruppo ha spesso criticato le posizioni del partito democratico sull’aborto. Diversi membri dell’organizzazione hanno inoltre pubblicato degli articoli in cui si sono schierati contro il candidato repubblicano Donald Trump, denunciandone molte posizioni espresse durante la campagna elettorale.

E se c’è chi, tra i cristiani praticanti che sostengono il Partito Democratico, abbia manifestato forti perplessità in merito alle posizioni di Hillary Clinton e del suo staff in merito a numerose questioni morali (non ultima la sua ambiguità verso l’abolizione della pena di morte), anche nel Grand Old Party non tira un’aria gradevole. Tutt’altro.

Una persona che pensa soltanto a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo” – Papa Francesco, febbraio 2016

Donald Trump si è infatti nuovamente guadagnato la prima pagina dei giornali internazionali, pochi giorni fa, dopo la diffusione di un video del 2005 in cui si vantava con naturalezza di come chi è ricco può permettersi il lusso di approcciare fisicamente qualsiasi donna desideri, che lei mostri consenso o meno.

Deseret News, giornale ufficiale dei Mormoni, ha esternato in un articolo la propria indignazione per le dichiarazioni del candidato alla Casa Bianca, sostenendo che debba rinunciare alla corsa alla presidenza:

“Per 80 anni, Deseret News non è entrata nelle acque torbide degli endorsement.ai candidati presidenti. Sentiamo però il dovere di parlare chiaramente su tematiche che hanno conseguenze sul benessere e sulla morale della nazione.

Chiediamo dunque che Donald Trump faccia un passo indietro e rinunci alla corsa alla presidenza americana.

Nelle elezioni democratiche le idee hanno delle conseguenze. Il tenore morale dei leader ha la sua importanza.

L’idea che le donne approvino le sfrenate ed aggressive advance sessuali di uomini potenti ha portato nella storia dell’uomo, per troppo tempo, al maltrattamento, al dolore e alla sottomissione di innumerevoli donne”.


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Come riportato da BuzzFeed, nello Utah il deputato Jason Chaffetz ha ritirato il proprio endorsement a Trump, dichiarando: “Mi tiro fuori. Non posso più sostenere la corsa di questa persona alla presidenza mantenendo pulita la mia coscienza. Ha detto una delle cose più orrende e offensive che si possano immaginare”. Il giorno dopo la sua dichiarazione, decine di altri colleghi in tutti gli States si sono accodati alla sua decisione. Ma nello Utah – roccaforte mormone – era già in atto una rivolta tra i conservatori contro il magnate newyorchese.

E persino il mondo evangelico – che ha più volte manifestato una non proprio timida vicinanza alla candidatura del repubblicano, di fede presbiteriana – ne ha preso le distanze, dopo l’ennesimo imbarazzo provocato dalle sue dichiarazioni.

Una scelta assai ardua, quella che il popolo statunitense è chiamato a compiere tra poche settimane. Il giornalista Siegmund Ginzberg, in una lettera a suo figlio pubblicata su Repubblica, ha espresso la frustrazione di chi, di ispirazione liberale e progressista, si sente schiacciato nella morsa del bipolarismo estremo che lascia poca o nessuna alternativa. Il figlio, iscritto come elettore democratico, ha scelto di non votare Clinton, pur sapendo che questa decisione potrebbe avvantaggiare il rivale Trump:

“Trump presidente sarebbe terribile per l’America. Ma Hillary potrebbe essere terribile per il mondo. …Ma se, per un motivo o un altro, non la votano i democratici che lei non ha convinto, non la votano i giovani, non la votano quelli di sinistra, non la votano i liberal puri e duri, non la votano i neri, non la votano gli ispanici, non la votano gli operai, non la vota l’America profonda e arrabbiata, allora Hillary ha un problema. Comunque siano andati i dibattiti. Qualunque cosa dicano i sondaggi, già non entusiasmanti e ancora troppo ravvicinati e altalenanti negli Stati in bilico, quelli che finiranno per decidere il risultato”.

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