Cosa provano i disabili di fronte al dibattito sull’aborto in Polonia?Si sta facendo tardi, ma ho comunque deciso di sedermi al computer per buttar giù qualche pensiero. Oggi ho letto quello che ha affermato la signora Bakuła: “Senza l’aborto, nascerebbero degli storpi”. Ho letto anche questo commento: “Piuttosto che combattere l’aborto, dovremmo pensare a cosa fare perché non nascano tanti storpi. In parte so la risposta a come limitare drammaticamente questo fatto”. Non menzionerò nemmeno alcune e-mail private.
Sono un disabile. Sono una persona che secondo molti non dovrebbe essere nata affatto! Ho una malattia congenita e un’altra dozzina di patologie; non ho la gamba sinistra. I trent’anni della mia vita sono stati finora pieni di prove e tribolazioni. Ma questo non conta. Da quando ho 15 anni ho lavorato sodo, visto che la mia famiglia non era in grado di provvedere a me. Ho dedicato ogni mio momento libero a stare vicino ad altre persone: negli hospice, nei reparti oncologici degli ospedali, nelle case-famiglia, nelle prigioni, nei centri di assistenza, in stazioni, parchi, chiese, pub… Ho incontrato senzatetto, malati e poveri. Ho parlato personalmente con papi, Capi di Stato, cardinali, cosiddette celebrità e prostitute. Ho incontrato politici e imprenditori di successo, bambini, giovani, adulti e anziani, persone che credono in Dio e persone che non ci credono. Bambini e adulti mi sono morti tra le braccia. Ho amato e odiato. Come chiunque altro, avevo i miei sogni.
Nella vita ho anche avuto la mia dose di sofferenza fisica e spirituale. Sono stato un senzatetto, respinto e tradito. Da bambino ho sentito mio padre dire che lo repellevo; sono state queste le parole che ha pronunciato sul letto di morte. Quando venivo anestetizzato su un tavolo operatorio, ho avuto la premonizione che non avrei più riaperto gli occhi.
Ho sentito dire tante volte che la mia vita fa schifo, eppure non la cambierei per nessun’altra, sono un uomo felice!!! Se avessi avuto la possibilità di scegliere quando ero, come dicono alcuni, un “embrione”, avrei detto: “Mamma, ti prego, lasciami vivere! Anche se sei ansiosa o non vuoi, per favore, lasciami vivere. Me la caverò da solo. Non sarò un peso per te. Lasciami solo vivere, te ne prego”.
In base agli standard comuni non avevamo molto, e tuttavia mia madre non ha lesinato alcuno sforzo per farmi spiccare il volo. Mi ha permesso di nascere e questo è il dono più grande di tutti. Ha scelto la vita! La mia vita!
Quando oggi sento e leggo che l’aborto dovrebbe evitare la nascita di persone disabili mi chiedo: “Perché non dovevo nascere? Qualcuno ha perso qualcosa a causa mia? L’amore e il cuore che ho effuso su chiunque non meritano davvero di esistere? Perché ci sono persone che non vogliono che persone come me vivano? È così difficile vivere fianco a fianco? Sono un peso per voi?”
Amo la vita. Amo i miei amici. Ogni giorno scopro la bellezza dell’uomo e del mondo. Ho anch’io i miei sentimenti. Anche se mi vedete sorridere, credetemi: piango! Piango quando vedo il vostro dolore, la vostra sofferenza e le vostre lacrime e non posso aiutarvi in alcun modo. Non ho molto, ma ho un cuore che ama e voglio offrirlo a voi. Voglio offrirvi il mio tempo. Non significa veramente niente per voi?
Smettete di parlare tanto dell’aborto! Guardatevi intorno e pensate che forse qualcuno che amate, il vostro migliore amico, qualcuno che tenete in grande considerazione, che offrirebbe tutto il suo cuore è un bambino che non doveva vivere. Pensate se fosse stato abortito. E poi guardatemi! Guardatemi negli occhi. Guardate a fondo nei miei occhi blu pieni di lacrime e ditemi: vorreste che io oggi non fossi vivo? Non importa la vostra risposta, sono grato per la vostra presenza nella mia vita, perché ne siete parte, ne siete il tesoro.
Questo testo è stato postato sul blog di Grzegorz Polakiewicz ed è riprodotto per gentile concessione dell’autore.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]