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L’olio di palma provoca il cancro? Basta disinformazione, facciamo parlare la scienza

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Dolphfyn/Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 10/10/16

E' considerato genotossico. Ma non c'è alcuno studio scientifico che lo collega all'insorgenza di un tumore. E una ricerca lo "riabilita" nella lotta al melanoma

È il grasso più consumato al mondo, ed è letteralmente dappertutto: viene usato per preparare biscotti, merendine, torte, creme spalmaceli, cracker, grissini, fette biscottate, pane in cassetta… Ma è presente anche nei cosmetici, nei farmaci, nei detersivi e nei mangimi per gli animali. E non è finita qui, visto che si usa anche per produrre biodiesel.

Stiamo parlando dell’olio di palma al centro di un dibattito formato da due fazioni: c’è chi dice che fa male alla salute, e chi al contrario ne decanta i benefici, liquidando le preoccupazioni come semplice allarmismo. Qual è la verità?

Nel marzo del 2016 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato sul proprio giornale i risultati di uno studio condotto dal CONTAM, il comitato interno a EFSA che si occupa di tossicologia alimentare. Oggetto dello studio erano i rischi per la salute umana legati a tre sostanze: glicidil esteri degli acidi grassi (GE); acidi grassi 3-; acidi grassi 2-monocloropropanediolo (MCPD).

L’UTILIZZO NEI DOLCI

Di cosa si tratta esattamente? Le tre sostanze esaminate si sviluppano durante i processi di lavorazione di grassi e olii vegetali. Sono quindi presenti in molti grassi vegetali (anche in quelli di mais, arachidi, colza, girasole eccetera) e non solo nell’olio di palma. Perché tali sostanze si formino è necessario che gli olii siano trattati a temperature superiori ai 200 °C: più alte di quelle che sono raggiunte di norma nei processi di lavorazione dell’industria dolciaria. L’industria dolciaria è la maggiore utilizzatrice di olio di palma (www.airc.it, 10 giugno).

SOSTANZA GENOTOSSICA

L’olio di palma e di palmisto, però, a parità di quantità di sostanza e di tecnica di lavorazione, ne contengono una percentuale molto più elevata rispetto ad altri olii vegetali. Queste tre sostanze sono note per essere cancerogene in vitro ad altissime concentrazioni: ciò significa che in laboratorio, a concentrazioni difficilmente raggiungibili con la normale alimentazione, sono genotossiche, hanno cioè la capacità di mutare il patrimonio genetico della cellula. È bene però ricordare che molte altre sostanze alimentari rientrano nella stessa categoria di rischio (per esempio la caffeina, l’alcol, le aflatossine che a volte sono contenute in alcuni derivati dei cereali; per maggiori informazioni si rimanda alla classificazione IARC sul rischio cancerogeno).

PERCHE’ NON VIETARLE?

Perché queste sostanze (glicidil esteri degli acidi grassi (GE); acidi grassi 3-; acidi grassi 2-monocloropropanediolo (MCPD), non vengono vietate se sono cancerogene?

La domanda è legittima, ma non tiene conto del fatto che sono moltissime in natura le sostanze potenzialmente cancerogene ad alte concentrazioni, anche nell’alimentazione. Il rischio è legato alla frequenza e quantità delle consumazioni: non è mai pari a zero, ma per un consumo normale non è neppure molto elevato e rientra in quello che gli epidemiologi considerano il rischio generale legato all’ambiente esterno e agli stili di vita.

“NON ABUSARNE”

Il comitato CONTAM dell’EFSA ha dichiarato, riguardo a queste sostanze e al consumo di olio di palma, che non intende stabilire un livello di sicurezza da non superare, perché sarebbe scientificamente scorretto; intende piuttosto emanare un invito a non abusarne (considerando la grande diversità delle fonti possibili, comprese le fritture casalinghe con olio di mais o girasole, che facilmente raggiungono le elevate temperature necessarie alla formazione dei composti tossici).

QUANDO L’ALIMENTAZIONE E’ RiSCHIOSA

L’EFSA, con questo studio, non fornisce risposte (perché non è il suo obiettivo) riguardo a una valutazione globale comparata di rischio tra l’uso di olio di palma e l’uso degli altri grassi che va a sostituire, in primo luogo il burro. Il cancro non è l’unica malattia che può nascere da una scorretta alimentazione: anche le malattie cardiovascolari possono essere provocate da una dieta non equilibrata, e di tale dieta fanno parte anche grassi che eventualmente potrebbero sostituire quello di palma.

SOSTITUTI NON MENO NOCIVI

La storia dell’olio di palma è un buon esempio di quanto sia complesso valutare se un alimento è salutare o meno quando si considera l’insieme dei fattori in gioco e non solo un aspetto. L’olio di palma non è il grasso più salubre che esista, ma nemmeno il peggiore: prima di bandirlo bisogna verificare con che cosa lo si sostituirebbe. Molti prodotti che mostrano sulla confezione la scritta “senza olio di palma” contengono olio di cocco o burro di cacao, che sono altrettanto nocivi di quello di palma per altri aspetti della salute che non sono legati direttamente allo sviluppo di tumori.

La strategia più ragionevole, a livello individuale, è quella di variare le proprie fonti alimentari, evitando di abusare di prodotti con olio di palma senza però demonizzarli.

LIMITARE I GRASSI SATURI

La guerra al singolo ingrediente è insensata. Un bravo nutrizionista difficilmente parlerà di “alimento buono” o “alimento cattivo”, bensì di “regimi dietetici buoni” o “cattivi”. E all’interno di un regime nutrizionale bilanciato, e quindi di generale contenimento di grassi saturi, c’è spazio anche per l’olio di palma. Come c’è spazio per il burro, per il cioccolato, per le patatine fritte. Purché siamo tutti consapevoli che non possiamo mangiare questi cibi ogni giorno o, peggio, più volte al giorno, ma che dobbiamo stare molto attenti a mantenerne basso l’apporto.

Le raccomandazioni del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Cra), ente pubblico che studia gli alimenti e il loro ruolo nel mantenimento della salute e nella prevenzione di malattie correlate all’alimentazione, e che rispecchiano di fatto quelle internazionali, pongono l’asticella del consumo dei grassi saturi al 10% massimo sul totale delle calorie giornaliere. Un 10% che però non racchiude solo l’olio di palma, bensì anche i grassi saturi provenienti da altre fonti alimentari.

“IPOTETICAMENTE”

Mariangela Molinari nel libro “Olio di palma” (Terra di mezzo edizioni) ha sfatato un mito secondo cui la scienza attesterebbe nessi diretti tra cancro e consumo di olio di palma, interpellando una serie di esperti. Spiega Anna Villarini, biologa nutrizionista dell’Istituto Nazionale dei tumori di Milano: «L’olio di palma è una sostanza infiammatoria, che potrebbe quindi ipoteticamente facilitare lo sviluppo di cellule tumorali e diabete. Ma l’avverbio “ipoteticamente” va sottolineato. Al momento non ci sono studi approfonditi che indicano un rischio reale: il danno più certo è la formazione di placche arteriosclerotiche, al pari di un consumo eccessivo di grassi saturi».

“NESSUN RISCHIO PIU’ DI ALTRI GRASSI SATURI”

Gli studi sono spesso contraddittori tra loro. Elena Fattore, responsabile dell’unità valutazioni di rischio degli inquinanti ambientali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano ha condotto una ricerca (pubblicata nel 2014 sull’American Journal of Clinical Nutrition) in cui ha esaminato 51 studi relativi agli effetti dell’olio di palma sul sistema cardiovascolare rispetto agli effetti di altri grassi saturi (come l’olio extravergine di oliva). «Lo studio – si legge in una diramata dall’Istituto Negri – non ha evidenziato un maggior rischio di malattie cardiovascolaritra i consumatori di olio di palma rispettano alle persone che impiegano altre tipologie di grassi».

“AUMENTO DI MORALITA'”

Una conclusione diversa l’ha raggiunta lo studio condotto da Brian K. Chen, docente dell’Università del South Carolina, negli Usa, in una ricerca condotta tra il 1980 e il 1997 in 23 paesi, secondo cui ogni chilogrammo di olio di palma in più assunto ogni anno determina un tasso di mortalità per patologia cardiovascolare stimato in 68 morti ogni 100mila abitanti (rapportata all’Italia, causerebbe 10mila morti all’anno).

EFFICACE ATTIVITA’ CONTRO IL MELANOMA

Tornando al cancro, una recente ricerca recente rialza le “quotazioni” dell’olio di palma. E’ quanto afferma uno studio dell’Università Statale di Milano condotto in collaborazione con l`Università dell’Aquila e pubblicato su Scientific Reports. I cosiddetti tocotrienoli, derivati della vitamina, contenuti nell’olio di palma, ma anche in altri alimenti, hanno infatti evidenziato un’efficace attività antitumorale nei confronti del melanoma (TgCom.it, 23 settembre).

UN “FRENO” ALLA MALATTIA

In particolare la vitamina E ha una duplice natura in quanto è costituita da due classi di sostanze antiossidanti: i tocoferoli e i tocotrienoli. Gli studi, condotti in vitro e in vivo, hanno verificato con sorpresa che i tocotrienoli inducono il pericoloso melanoma a una specie di “suicidio”, cioè grazie al delta-TT le cellule cacerogene attivano la loro morte cellulare programmata (apoptosi) attraverso un meccanismo intracellulare noto come stress del reticolo endoplasmatico.

La controprova in vivo, condotta nei laboratori dell’Aquila, ha visto che il composto delta-TT rallenta in modo assai evidente la crescita del tumore e la progressione della malattia. Inoltre non altera la proliferazione di melanociti umani non tumorali e non induce effetti tossici. Inoltre i tocotrienoli riducono i rischi di malattie cardiovascolari e neurodegenerative (come l’Alzheimer) (Sole 24 Ore, 23 settembre).

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