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“Gli stranieri disprezzati ci danno esempi di valori dimenticati”

Vatican Insider - pubblicato il 09/10/16

«Siamo capaci dire grazie, o diamo tutto per scontato?», domanda Francesco che prima esorta a «non chiudersi nelle sicurezze materiali e intellettuali», poi invita i fedeli ad imparare dagli «stranieri disprezzati ed emarginati, anche di altre religioni». Anche Maria «sperimentò la loro condizione». Francesco esorta i fedeli a «riconoscere con stupore e gratitudine i doni di Dio».  

Nell’omelia della messa di celebrazione del Giubileo Mariano, il Pontefice sottolinea quanto sia «importante saper ringraziare, saper lodare per quanto il Signore fa per noi». In piazza San Pietro sul sagrato della Basilica Vaticana, il Papa si rivolge ai fedeli e chiede: «Siamo capaci di dire grazie? Quante volte ci diciamo grazie in famiglia, in comunità, nella Chiesa? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, a chi ci è vicino, a chi ci accompagna nella vita?». Poi osserva che «spesso diamo tutto per scontato e questo avviene anche con Dio. È facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma tornare a ringraziarlo». E aggiunge: «Ci farà bene chiederci se siamo disposti a ricevere i doni di Dio o se preferiamo piuttosto chiuderci nelle sicurezze materiali, nelle sicurezze intellettuali, nelle sicurezze dei nostri progetti».  

Inoltre «quanti stranieri, anche persone di altre religioni, ci danno esempio di valori che noi talvolta dimentichiamo o tralasciamo». Quotidianamente «chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole». Il Papa cita l’esempio di Maria e Giuseppe che hanno «sperimentato la lontananza dalla loro terra: per lungo tempo anche la Madonna è stata straniera in Egitto, lontano dai parenti e dagli amici, la sua fede, tuttavia, ha saputo vincere le difficoltà». Quindi «teniamo stretta a noi questa fede semplice».  

Jorge Mario Bergoglio commenta il brano del Vangelo della guarigione di dieci lebbrosi e quello del secondo libro dei Re, del lebbroso Naaman, comandante dell’esercito del re di Aram, ammalato di lebbra, che «per guarire accetta il suggerimento di una povera schiava e si affida alle cure del profeta Eliseo, che per lui è un nemico». Naaman, sottolinea il Pontefice, «è disposto però ad umiliarsi ed Eliseo non pretende niente da lui, gli ordina solo di immergersi nell’acqua del fiume Giordano». Tale richiesta «lascia Naaman perplesso, addirittura contrariato: può essere veramente un Dio quello che chiede cose così banali? Vorrebbe tornarsene indietro, ma poi accetta di immergersi nel Giordano e subito guarisce».  

È significativo, secondo Francesco, che «Naaman e il samaritano siano due stranieri”. Dopo aver ricordato che anche Maria e Giuseppe sono stati stranieri in Egitto e grazie alla fede hanno saputo «vincere le difficoltà», ha descritto la «fede semplice della Santa Madre di Dio».  

La devozione mariana è il filo rosso che da Aparecida al soglio di Pietro accompagna Jorge Mario Bergoglio. Più volte, nelle sue catechesi, Francesco ha richiamato la centralità della figura di Maria, modello per la Chiesa. In una piazza San Pietro gremita, Francesco celebra oggi uno degli ultimi quattro appuntamenti giubilari dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, annunciato dal Pontefice il 13 marzo del 2015 e aperto lo scorso 8 dicembre nella ricorrenza liturgica della Immacolata Concezione. A novembre, all’interno della Basilica Vaticana, si svolgeranno il 6 il Giubileo dei carcerati e il 13 il Giubileo dei senza fissa dimora, prima della messa di chiusura dell’Anno Santo, in piazza San Pietro il 20 novembre, nella solennità di Cristo Re.  

Ieri ai partecipanti alla veglia di preghiera, il Pontefice ha ribadito che la preghiera del rosario è per molti aspetti la «sintesi della storia della misericordia di Dio». E «nella fede», «nella abnegazione» e «nelle lacrime», «in ognuno di questi momenti, Maria esprime la ricchezza della Divina misericordia, che va incontro alle necessità quotidiane». E in piazza sono state recitate le litanie lauretane, che anziché i vari santi, invocano la Madonna nei suoi diversi appellativi.  

Oggi il Papa torna sul tema dell’umiltà che è necessaria anche «per saper ringraziare». Infatti, «in questa giornata giubilare ci viene proposto un modello, anzi «il» modello a cui guardare: Maria, la nostra Madre: Lei, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’Angelo, lasciò sgorgare dal suo cuore un cantico di lode e di ringraziamento a Dio». Sulle orme del “Magnificat”, Francesco invoca la Madonna affinché ci aiuti «a comprendere che tutto è dono di Dio e a saper ringraziare: allora la nostra gioia sarà piena». E proprio perché nulla è scontato il Papa esorta a saper dire grazie nella Chiesa, in famiglia e in società.  

Dolore e vicinanza per le vittime dell’uragano ad Haiti sono state espresse da Papa Francesco al termine della messa. Prima della recita dell’Angelus, il Pontefice ha detto: «Ho appreso con dolore delle gravi conseguenze causate dall’uragano che nei giorni scorsi ha colpito i Caraibi, in particolare Haiti, lasciando numerose vittime e sfollati, oltre che ingenti danni materiali. Assicuro la mia vicinanza alle popolazioni ed esprimo fiducia nel senso di solidarietà della Comunità internazionale, delle istituzioni cattoliche e delle persone di buona volontà. Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per questi fratelli e sorelle, così duramente provati».  

E dal sagrato di piazza San Pietro, si è rivolto ai fedeli: «Con voi vorrei ripetere le parole che San Giovanni Paolo II pronunciò l’8 ottobre del 2000, nell’atto dell’affidamento giubilare a Maria: “O Madre vogliamo affidarti il futuro che ci attende. L’umanità può fare di questo mondo un giardino, o ridurlo a un ammasso di macerie”. In questo bivio, ha aggiunto, “la Vergine ci aiuti a scegliere la vita, accogliendo e praticando il Vangelo di Cristo Salvatore”…». 

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