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San Giovanni Paolo II parla a Donald Trump e a Hillary Clinton

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Bettman GettyImages -Patrimonio Designs Ltd/Shutterstock -COMP Aleteia Image -

Judy Landrieu Klein - pubblicato il 07/10/16

I candidati presidenziali potrebbero imparare qualcosa dal papa su come i “modelli maschilisti” hanno creato la confusione in cui ci troviamo

L’uomo “in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso”, e non può “ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (Gaudium et Spes, n. 24).

Chi votare l’8 novembre? In questi giorni sembra la domanda da un milione di dollari. Molti pensano che stiamo assistendo a un ciclo elettorale assurdo con due candidati inaccettabili a contendersi la presidenza. I cattolici discutono su quale scegliere, visto che nessuno dei due candidati dei partiti principali rappresenta il punto di vista cattolico.

Se la confusione abbonda, una cosa sembra chiara: entrambi i candidati condividono lo stesso problema fondamentale. Hanno gettato le loro fondamenta su quelli che San Giovanni Paolo II definiva “modelli maschilisti” – sistemi di potere basati su un prototipo disordinato di “mascolinità” che rifiuta il concetto di “ritrovarsi pienamente attraverso un dono sincero di sé” a immagine di Cristo e promuove invece il prevalere sugli altri ad ogni costo, usando, quando “necessario”, aggressione e violenza.

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Le parole di San Giovanni Paolo II sui “modelli maschilisti”, di cui il papa santo ha parlato nella sua enciclica Evangelium Vitae, sono state profetiche, perché le sue parole sono incarnate, seppur in modi diversi, nelle piattaforme e negli stili di vita di entrambi i candidati presidenziali:

1) Donald Trump, un maschio ultra-Alfa con una fede profonda nella dominazione radicale nella sfera personale ed economica che ha pienamente abbracciato il capitalismo sfrenato e la spudorata oggettivazione delle donne, tra le altre cose denunciate da Giovanni Paolo II.

2) Hillary Clinton, una femmina ultra-Alfa con una fede profonda nella dominazione radicale nel campo socio-politico che ha promosso aggressivamente politiche socialiste e la spudorata oggettivazione dei bambini non nati, tra le altre cose denunciate da Giovanni Paolo II.

Se personalizzassimo le parole di San Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae e le indirizzassimo a ciascuno dei candidati, suonerebbero più o meno così:

Mia cara Hillary,

Nella svolta culturale a favore della vita le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un «nuovo femminismo» che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli «maschilisti»… Siete chiamate a testimoniare il senso dell’amore autentico… La donna percepisce e insegna che le relazioni umane sono autentiche se si aprono all’accoglienza dell’altra persona, riconosciuta e amata per la dignità che le deriva dal fatto di essere persona e non da altri fattori, quali l’utilità, la forza, l’intelligenza, la bellezza, la salute. Questo è il contributo fondamentale che la Chiesa e l’umanità si attendono dalle donne. Ed è la premessa insostituibile per un’autentica svolta culturale (Evangelium Vitae, n. 99).

E per Donald?

Mio caro Donald,

In sintesi, possiamo dire che la svolta culturale qui auspicata esige da tutti il coraggio di assumere un nuovo stile di vita che s’esprime nel porre a fondamento delle scelte concrete — a livello personale, familiare, sociale e internazionale — la giusta scala dei valori: il primato dell’essere sull’avere,130 della persona sulle cose. Questo rinnovato stile di vita implica anche il passaggio dall’indifferenza all’interessamento per l’altro e dal rifiuto alla sua accoglienza: gli altri non sono concorrenti da cui difenderci, ma fratelli e sorelle con cui essere solidali; sono da amare per se stessi; ci arricchiscono con la loro stessa presenza (Evangelium Vitae, n. 98).

Sono parole stranamente azzeccate, non è vero? Perché quello che stiamo vedendo oggi è il frutto maturo della “cultura della morte” che Giovanni Paolo II ha cercato vigorosamente di evangelizzare durante il suo lungo pontificato; una “cultura della morte” che è aumentata con forza e vistosità tali da lasciarci praticamente senza parole – e senza voto.

A mio avviso, indipendentemente da chi sceglieremo l’8 novembre perderemo. Non possiamo aspettarci alcun cambiamento vivificante nella società da nessuno dei candidati fino a quando ciascuno non inizierà a comprendere che tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio, esistono reciprocamente l’uno per l’altro, sono creati per amare ed essere amati e sono chiamati ad essere governati dalla legge suprema dell’amore. Nessun altro tipo di governo lo farà. E nessun’altra forma di governo ci darà la libertà, la pace o la protezione a cui aneliamo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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