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Il primate anglicano: il messaggio del Papa va ben oltre Roma

Vatican Insider - pubblicato il 06/10/16

«Le Sue lettere e encicliche hanno parlato ben oltre Roma e la sua Chiesa, in una maniera che è universale»: l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Comunione anglicana, si è rivolto così a papa Francesco, che oggi lo ha ricevuto in Vaticano insieme ai primati delle altre province anglicane dopo la commemorazione, ieri sera alla chiesa di San Gregorio al Celio, del cinquantesimo anniversario del dialogo tra le due Chiese. Su invito di Francesco – che all’inizio dell’udienza privata ha riso a crepapelle a una freddura che gli ha raccontato Welby – l’incontro si è concluso con la recita comune del Padre Nostro. 

«Sua Santità – ha detto Welby al Papa – vorrei cominciare esprimendo gratitudine per la Sua guida e il Suo esempio, e specialmente per il Loro effetto sulla Comunione anglicana. Lei ci ha recentemente rammentato le necessità del ministero con i poveri. Lei ha offerto un esempio simile a Cristo attraverso i suoi viaggi in luoghi di sofferenza e difficoltà. Lei si è posto al fianco dei popoli migranti. Lei ha intrapreso iniziative sulla moderna schiavitù e il traffico umano, e molto di più. Lei ha dato forza sostanziale all’incontro delle nazioni sui cambiamenti climatici, a Parigi. Le Sue lettere ed encicliche – ha sottolineato il Primate anglicano – hanno parlato ben oltre Roma e la sua Chiesa, in una maniera che è universale». 

Tuttavia, ha proseguito l’Arcivescovo di Canterbury, «se guardiamo il mondo attorno a noi, continuiamo a vedere enormi pericoli per la dignità umana, e grande sofferenza. A questa mescolanza di guerra, migrazione e cambiamento climatico, deprivazione economica, disuguaglianza e corruzione, vediamo aggiungersi la crescita di gruppi estremisti che propugnano violenza motivata con la religione, i quali colpiscono la maggior parte, e forse persino tutte, le grandi fedi del mondo. Internet consente al loro veleno di diffondersi nel mondo con la velocità del fulmine, catturando l’ingenuo e lo smarrito, e conducendoli su sentieri di distruzione. Valori secolari trascurano i non-nati, specialmente quelli con disabilità, e abbandonano gli anziani. La vita di famiglia è messa ai margini in ragione della necessità economica». 

A rispondere a questi pericoli, «e un milione di più», «è il Corpo di Cristo, la Chiesa, contro la quale, come fu promesso a S. Pietro, le porte degli inferi non prevarranno». E tuttavia «nella nostra disunità noi affliggiamo lo Spirito di Dio, e feriamo ogni aspetto delle nostre vite in Cristo. La nostra testimonianza è danneggiata, poiché non siamo visti come uno, e dunque il mondo è meno capace di vedere che Gesù viene dal Padre. La nostra comunanza è indebolita, poiché non possiamo condividere l’Eucarestia. La nostra gioia in Cristo è adombrata». In questo senso, citando la testimonianza di Jean Vanier all’eucaristia finale dei primati anglicani e quella della International Anglican Roman Catholic Commission for Unity and Mission (Iarccum, un nome «meno che bello» dietro il quale si nasconde un impegno comune per servire il mondo «con gioia e amore»), Welby ha concluso auspicando «che si possa contrastare insieme i nodi della guerra e dell’ingiustizia. Sua Santità – ha concluso – io prego che, malgrado le cose che dividono, noi possiamo essere pubblicamente determinati a spingere in avanti laddove riusciamo, insieme a tutti gli altri cristiani, specialmente quelli che soffrono, nel mondo ortodosso e in quello orientale. Gesù è andato davanti a noi. Ci chiama a essere coraggiosi. Camminiamo insieme più vicini, così che il mondo veda nuova vita ed energia, determinazione, gioia e speranza nell’adorazione, missione e testimonianza». 

Papa Francesco, da parte sua, ha ringraziato Welby e gli altri 35 rappresentanti delle province della Comunione anglicana, ha fatto ruotare il proprio discorso attorno a tre parole: preghiera, testimonianza, missione. «Non stanchiamoci di chiedere insieme e insistentemente al Signore il dono dell’unità» (preghiera), ha detto il Papa, che ha rilevato come in questi cinquanta anni «è cresciuta la convinzione che l’ecumenismo non è mai un impoverimento, ma una ricchezza» (testimonianza), ed ha poi affermato (missione): «Aiutiamoci gli uni gli altri a mettere al centro le esigenze del Vangelo e a spenderci concretamente in questa missione». E, ha concluso Jorge Mario Bergoglio, «per chiedere la grazia di crescere nella preghiera, nel dare testimonianza e nell’andare in missione, mi permetto di invitarvi a pregare insieme il Padre Nostro». 

All’inizio dell’udienza privata a Justin Welby, stamane alle 10, papa Francesco ha riso a crepapelle a una freddura che gli ha raccontato il Primate anglicano. I giornalisti ammessi alla biblioteca papale per il saluto iniziale hanno potuto cogliere solo la fine della battuta: «You can negotiate with a terrorist», ossia: «Che con un terrorista ci puoi negoziare». Solo ipotesi per la prima parte della freddura, che, nel mondo anglosassone, assume diverse varianti, tutte concluse con il punto interrogativo: «Qual è la differenza tra un terrorista e una suocera?», «Qual è la differenza tra un terrorista e una moglie?», oppure, diffusa in ambito ecclesiale, «Qual è la differenza tra un terrorista e un liturgista?». 

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