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La toccante lettera della vedova di Robin Williams nella speranza di aiutare altre persone

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© Public Domain

Daniel R. Esparza - pubblicato il 05/10/16

Susan Schneider scrive degli ultimi giorni dell'attore e della necessità di tendere la mano a chi soffre

Se si è parlato relativamente poco di Robin Williams dalla sua tragica morte nell’agosto 2014, tantomeno si è parlato della malattia neuronale di cui soffriva, la “demenza da corpi di Lewy”, nota come LBD, un disordine neuro-degenerativo che influisce non solo sulla memoria, ma anche sulle capacità motorie del paziente.

Questa settimana la vedova dell’attore, Susan Schneider, ha diffuso una lettera sincera, intima e calorosa ma anche piena di dolore, pubblicata sulla rivista Neurology e intitolata “Il terrorista nel cervello di mio marito”, in cui racconta le sofferenze proprie e dell’attore per far conoscere di più questa malattia e permettere di assistere meglio chi ne è affetto.

La Schneider racconta che uno dei dolori più grandi per la coppia era il fatto di non sapere esattamente cosa stesse affrontando.

La sezione HoyCinema del quotidiano spagnolo ABC ha pubblicato una traduzione parziale della lettera della Schneider, che riproduciamo con alcune modifiche:

“Questa è una storia personale, tristemente tragica e lacerante, ma voglio condividerla con voi nella speranza che possa aiutare altre persone. Come sapete, mio marito Robin Williams aveva la poco conosciuta ma letale demenza da corpi di Lewy. In questa esperienza traumatica non era solo. Come sapete, negli Stati Uniti ne soffrono attualmente quasi 1,5 milioni di persone.

Per la LBD non ho perso solo mio marito, ma anche il mio migliore amico. Robin ed io avevamo incontrato l’una nell’altro quell’amore incondizionato a cui avevamo sempre anelato. Uno dei miei momenti preferiti era quando ripercorrevamo insieme com’era andata la nostra giornata. In genere lo facevamo la sera. Non importava cosa stessimo facendo – lavorando in casa, viaggiando insieme o se lui stava girando da qualche parte. Parlavamo delle nostre gioie, delle nostre paure e delle nostre insicurezze… Qualsiasi problema era superabile perché l’uno aveva l’altra.

Alla fine dell’ottobre 2013, nel nostro secondo anniversario di nozze, Robin era sotto cure mediche. Lottava contro sintomi che sembravano non essere collegati: costipazione, difficoltà a urinare, bruciore di stomaco, insonnia, scarso senso dell’olfatto e molto stress. Aveva anche un leggero tremore alla mano sinistra, che andava e veniva.

In quel fine settimana ha iniziato ad avere disturbi gastro-intestinali.
Dopo molti anni insieme a lui, sapevo che era normale quando era nervoso, ma quello che è venuto dopo no. La paura e l’ansia sono arrivate a un livello allarmante. Mi sono chiesta se mio marito non fosse diventato ipocondriaco.

Gli hanno fatto degli esami per i diverticoli. Negativi. Come il resto dei sintomi, andavano e venivano in modo aleatorio. Alcuni erano più rilevanti di altri, e sono aumentati a livello di frequenza e gravità nei dieci mesi successivi.

Durante l’inverno ha avuto problemi di paranoia, insonnia, mancanza di memoria e alti livelli di cortisolo, per citarne solo alcuni. Vorrei che avesse saputo perché soffriva, che avesse saputo che non era debole di cuore, spirito o carattere.

Era preoccupato per le insicurezze che aveva. Abbiamo cercato di superare ogni dettaglio, ma non sono riuscita ad aiutarlo a vedere quanto fosse brillante. Senza poter far nulla, sono rimasta senza sapere cosa stesse accadendo a mio marito. C’era una sola causa, un solo terrorista, o si trattava di un pacchetto combinato di malattie che ricadevano su di lui?

Il 28 maggio gli è stato diagnosticato il Parkinson. Ci ha dato speranza, ma in qualche modo sapevo che Robin non ci credeva.

In quel periodo, Robin era pulito e sobrio, e in qualche modo ci sono stati concessi dei mesi estivi pieni di felicità e delle cose semplici che amava: i pasti e i festeggiamenti di compleanno con la famiglia e gli amici, del tempo per meditare insieme, massaggi, film e, cosa migliore di tutte, il semplice fatto di prenderci per mano.

Il Parkinson stava indebolendo la sua voce; odiava quando non riusciva a terminare le parole che voleva pronunciare. Ho visto come il mio brillante marito fosse lucido in un minuto e cinque minuti dopo fosse a zero. All’epoca la nostra mancanza di sonno è diventata pericolosa per entrambi, e allora abbiamo deciso di dormire separati. Nel secondo fine settimana di agosto, come ogni notte, mentre stavamo andando a letto mi ha detto: “Buona notte, amore mio”, e ha aspettato la mia risposta ormai familiare: “Buona notte, amore mio”.

Lunedì 11 agosto Robin se n’è andato. Da allora il tempo non è stato più lo stesso per me, e da allora ho cercato di trovare la ragione medica per cui mio marito stava così. Uno dei suoi medici mi ha detto che “era come se avesse un cancro in tutti gli organi del suo corpo”. Il problema principale è stato il fatto che nessuno è riuscito a interpretare in tempo i sintomi di Robin”.

Per leggere il testo originale della lettera, in inglese, come pubblicato da Neurology, cliccare qui.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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