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Un paio di trucchi per farsi raccontare la giornata dai propri figli

Two brothers waving back at their mother on their first day at school

© luminaimages/SHUTTERSTOCK

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 04/10/16

Stanchi di sentirvi rispondere "niente" di ritorno da scuola?

E’ ricominciata la scuola ormai in tutto il mondo, ed è il momento per mamme e papà di scontrarsi con la routine legata al rientro a casa dei bambini e degli adolescenti dopo le lezioni. Incombente la domanda a cui – di solito – la risposta diventato uno standard internazionale al pari dei colori dei semafori: <<Com’è andata oggi?>> <<mmm…normale>> <<che avete fatto oggi in classe?>><<Niente>>. Vi suona familiare? Non solo a voi. Sono addirittura due i giornali americani che hanno preso di petto questo questione: il New York Times e il Washington Post. Due colonne dell’informazione statunitensi.

Per la psicologa Lisa Damour:

Non è perché nascondono un segreto né perché sono “strani”, i bambini e, in particolare, gli adolescenti che non sono entusiasti di raccontare la propria giornata avrebbero ottime motivazioni. La maggior parte delle volte evitano di rispondere o di dilungarsi perché sono mentalmente ed emotivamente esausti: “Possono divertirsi a scuola con i loro amici, ma sono anche a stretto contatto con compagni che non hanno scelto – spiega la psicologa -. L’equivalente per un adulto potrebbe essere il passare nove mesi dell’anno impegnato in lunghissime riunioni giornaliere insieme a 20 o più individui di età simile, poi tornare a casa e raccontare in maniera entusiasta tutte le novità”. Ciò che si ha voglia di fare, dopo una faticosa giornata di lavoro, invece, è tutto il contrario: spesso non è ripercorrere per filo e per segno tutto ciò che è accaduto in ufficio, ma stare in silenzio, parlare d’altro, distrarsi. È ciò di cui, probabilmente, avrebbero voglia anche i giovani studenti (Huffington Post).

Un consiglio per i bambini…

Un modo per rompere quella barriera con i bambini potrebbe essere quello di cominciare raccontando a propria volta, e per primi, la propria giornata, le proprie relazioni, le cose divertenti, i comportamenti altrui. E’ l’approccio di Sara Ackerman:

Quando quest’anno ha iniziato la scuola, ho provato con un nuovo approccio a tavola: le ho chiesto se voleva sapere come era andata la mia giornata. Da quel giorno in avanti, non mi ha mai detto di no. Le racconto di riunioni e fotocopie, della stampante inceppata e di come avevo perso e poi ritrovato le mie chiavi, dei giochi in cortile, di che lezioni ho fatto e di quanti bambini hanno chiesto di andare in infermeria. Parto dall’appello della mattina e concludo con la fine delle lezioni. Insegno nella stessa scuola che frequenta mia figlia, che però fa lezione in un altro campus. Quando finisco, come se fosse arrivato il suo turno a un gioco di carte, mia figlia mi racconta la sua giornata. Mi dice quale audiolibro ha ascoltato in biblioteca, che si è cambiata da sola gli stivaletti di gomma impermeabili per mettersi delle scarpe sportive, e perché era stata messa in punizione. Mi racconta a quali bambini sono state assegnate delle piccole attività da fare in classe e chi si è seduto vicino a lei all’intervallo. Mi canta le canzoncine che ha imparato a scuola e poi si avvicina e mi chiede sussurrando: «Tu hai scritto delle lettere sulla sabbia oggi?», per poi aggiungere «Io sì!» (Il Post).

Provate e fateci sapere!

…un consiglio con gli adolescenti

Bisogna lavorarci di più, probabilmente arrivarci in maniera indiretta chiedere dei compagni di scuola, di un progetto portato avanti:

Utile è anche cogliere la palla al balzo: se un adolescente sembra propenso a parlare di un certo fatto accaduto a scuola, in quel momento ha senso fare più domande. […] se un adolescente si lamenta della propria giornata a scuola, meglio lasciarlo fare. Inondarlo di consigli, di “saggezza” non è la strada giusta perché lo porta a richiudersi in se stesso. Si cade nella stessa, odiosa trappola: “I genitori cercano di convincere il figlio delle proprie idee e il figlio cerca di convincere i genitori che non ha bisogno del loro aiuto – scrive la Damour -. Ma gli adolescenti, proprio come gli adulti, spesso cercano solo un po’ di conforto, non consigli”.

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