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Davanti a una tragedia, dov’era l’angelo custode?

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padre Antonio María Cárdenas - pubblicato il 03/10/16

Quando padre Pio si è arrabbiato con il suo angelo custode e la risposta che ha ottenuto

In due o tre occasioni, mi è successo che dopo aver predicato sui santi angeli mi si siano avvicinate delle persone dicendomi: “Padre, quello che dice è molto bello, ma dov’era l’angelo custode quando mio figlio ha avuto quell’incidente? Dov’è l’angelo custode dei bambini che soffrono?”

È una domanda che nasce da un cuore addolorato, da un’anima che cerca di illuminare il suo dolore e la sua tristezza con la fede.

Con questo proposito, quello di illuminare con la fede gli aspetti della nostra esistenza, e in questo caso particolare il dolore e la sofferenza, condivido con voi lettori queste piccole e semplici riflessioni che spero aiutino a illuminare il profondo mistero della sofferenza umana.


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C.S Lewis, scrittore di lingua inglese nato a Belfast, ha scritto nel suo libro Diario di un dolore che “quando affrontiamo il dolore, un po’ di coraggio aiuta più di molta conoscenza, un po’ di comprensione più di molto coraggio e il più lieve indizio dell’amore di Dio più di tutto il resto”.

Secondo l’autore, il dolore dev’essere affrontato basandosi sul “più lieve indizio dell’amore di Dio”.

Questo indizio, questa presenza dell’amore di Dio, è segnalato, mostrato e portato dall’angelo custode, che vede costantemente il volto di Dio (Mt 18,10) e che è il suo portatore e il suo messaggero; per questo, avvicinarsi all’angelo è scoprire questi indizi dell’amore divino.


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L’angelo porta consolazione, ma non con mere parole, quanto con la presenza dell’amore di Dio. In questo modo, nei momenti di dolore e di sofferenza avvicinarsi all’angelo è necessario per estendere il nostro sguardo ai progetti amorevoli di Dio.

Questo compagno celeste è sempre attento e pronto ad ascoltarci e consolarci, ma sa che la vera consolazione del nostro cuore è Dio, e per questo desidera che eleviamo il nostro sguardo a Dio.

Il ruolo dell’angelo, tuttavia, non è solo passivo, quello di indicare Dio, ma è anche un ruolo attivo nel dolore e nella sofferenza.

In certe preghiere liturgiche di alcuni Paesi, infatti, l’inno delle Lodi per il 2 ottobre, memoria dei santi angeli custodi, è il seguente: “Santo angelo custode, compagno della mia vita, tu che non mi abbandoni mai né di giorno né di notte… nelle ombre della notte stendi sul mio petto le ali di madreperla e d’oro”.




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Questa preghiera ci mostra il ruolo dell’angelo nei momenti di dolore e di sofferenza. Ci parla delle “ali di madreperla e d’oro” che l’angelo stende sulle notti della nostra anima, della nostra vita, quando tutto sembra oscuro.

La madreperla è una sostanza che le conchiglie producono quando delle particelle di sabbia entrano dentro di loro provocando una ferita nella conchiglia. L’aspetto interessante di questo processo naturale è che la madreperla non espelle o distrugge la particella estranea entrata, ma la avvolge e la accoglie producendo una pietra preziosa: la perla.

Quando la Chiesa raccoglie nell’inno delle Lodi l’espressione “ali di madreperla” nell’oscurità della nostra vita, ci mostra il ruolo attivo che sta svolgendo il nostro buon angelo custode: egli non espellerà ciò che ti ferisce, ma lo avvolgerà perché ciò che ti sta provocando dolore e sofferenza produca una perla preziosa.




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E perché l’angelo non espelle ciò che ferisce e fa soffrire? Come abbiamo detto, i santi angeli portano il messaggio dell’amore di Dio che essi stessi contemplano, e questo amore ha raggiunto la sua massima espressione nella croce, dove si uniscono la maggiore espressione dell’amore e la maggiore espressione del dolore e della sofferenza.

Ha scritto Giovanni Paolo II che “l’umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all’amore, a quell’amore… che crea il bene ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla Croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio” (Salvificis Doloris, n.18).

Questo mistero d’amore meraviglioso è stato compreso da grandi santi. Citiamone alcuni:

Santa Teresina del Bambin Gesù sviluppa l’idea della “santa invidia” degli angeli. In una poesia dedicata a Santa Cecilia, un serafino spiega questo mistero a Valeriano: “Io affondo nel mio Dio, contemplo il suo incanto, / ma per Lui non posso né soffrire né immolarmi; / nonostante il mio grande amore,non posso morire per Lui, neanche piangere o dare per Lui il mio sangue…/ La purezza è brillante patrimonio dell’angelo, / la sua gloria smisurata non soffrirà mai eclissi. / Sui serafini avete il grande vantaggio / di soffrire e di essere puri, voi mortali” (Poema 3). Un altro serafino, che contempla il Bambino Gesù nel presepe e il suo amore sulla Croce, grida all’Emmanuele: “Ah, perché sono un angelo, / incapace di soffrire? … / Gesù, per uno scambio santo voglio morire per Te!” (Gli angeli alla culla di Gesù).

In una delle sue lettere scrive: “Il mio alleluia è impregnato di lacrime… Bisognerà compatirti qui in basso quando là in alto gli angeli si congratulano con te e i santi ti invidiano? La tua corona di spine li rende gelosi. Ama, quindi, queste punture come doni d’amore del tuo sposo divino” (Lettera 120, 23 settembre 1890).


PADRE PIO, SAN PIO,

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Padre Pio, dopo aver subito un attacco del demonio, si arrabbiò con il suo angelo custode perché non era stato lì a difenderlo. San Pio lo descrive così: “…Ne mossi lagnanza all’angiolino, e questi dopo avermi fatta una bella predichino, soggiunse: ‘Ringrazia Gesù che ti tratta da eletto a seguire lui da vicino per l’erta del Calvario; io vedo, anima affidata alla mia cura da Gesù, con gioia e commozione del mio interno questa condotta di Gesù verso di te. Credi tu forse che sarei così contento, se non ti vedessi così sbattuto? Io che nella carità santa molto desidero il tuo vantaggio, godo sempre più nel vederti in codesto stato. Gesù permette questi assalti al demonio, perché la sua pietà ti rende a sé caro e vuole che tu lo rassomigli nelle angoscie del deserto, dell’orto e della croce. Tu difenditi, allontana sempre e disprezza le maligne insinuazioni e dove le tue forze non potranno arrivare non ti affliggere, diletto del mio cuore, io sono vicino a te’”.

E aggiungeva: “Quanta degnazione, padre mio! Cosa ho io mai fatto da meritare tanta squisita amorevolezza dal mio angiolino?” (lettera del 18 gennaio 1913).

Ricordiamo anche l’esortazione che rivolgeva l’angelo di Fatima a “offrire costantemente preghiere e sacrifici all’Altissimo”. Di fronte alla domanda di Lucia su come farlo, l’angelo rispose: “Offrite a Dio il sacrificio di tutto quello che vi sarà possibile, in atto di riparazione dei peccati, con cui lui viene offeso… Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà”.

Gli angeli allora vedono, contemplano meravigliati il potere trasformatore, redentore del dolore, e per questo vogliono avvolgere con le loro ali di madreperla questo dolore perché sia unito alla massima espressione dell’amore: la sofferenza di Gesù.

Per questo, i momenti di dolore, le notti oscure che attraversiamo sono momenti in cui il nostro buon angelo custode è ben presente. Padre Pio scriveva a una delle sue figlie spirituali il 15 luglio 1915: “Affidagli la tua sofferenza, l’angelo è molto delicato e molto sensibile”.

Diceva Giovanni Paolo II:“Proprio a voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l’ umanità. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo”.

Preghiamo tutti in modo speciale per i nostri fratelli che soffrono e piangono. Santa Teresina ha scritto all’angelo custode questo canto, che ti invito a ripetere:

O tu che attraversi lo spazio
più luminoso del lampo,
ti chiedo di volare al posto mio
da coloro che mi stanno a cuore.
Con le tue ali asciuga le loro lacrime,
canta loro la bontà di Gesù.
Canta loro che la sofferenza ha la sua grazia,
e a bassa voce sussurra il mio nome.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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