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Il passaggio del Mar Rosso: come si sono svolti i fatti?

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Toscana Oggi - pubblicato il 03/10/16

Recentemente ho visto un film sulla storia di Mosè in cui si vede la divisione delle acque del Mar Rosso, con alti muri d’acqua che si creano all’improvviso. Ho sentito dire invece, anche da commentatori cattolici, che il racconto biblico farebbe riferimento, in forma mitica, a un fenomeno naturale, legato alle maree, per cui il miracolo divino sarebbe stato in realtà quello di far transitare il popolo ebraico esattamente nel momento in cui le acque basse consentivano il passaggio, mentre all’arrivo degli egizi sarebbe tornata l’alta marea proprio mentre si precipitavano all’inseguimento. Quale versione è più corretta? Quella (certo molto affascinante) del cinema o quella che appartiene a una lettura storico-critica del testo biblico?

(indirizzo email)

Risponde don Francesco Carensi, docente di Sacra Scrittura alla facoltà Teologica dell’Italia centrale.

Per rispondere a questa domanda prendo il testo del Libro dell’Esodo, al capitolo 14. Se leggiamo attentamente il testo vediamo diversi problemi.

Per esempio da un punto di vista della cronologia, al versetto 20 i due accampamenti sono separati dalla nube «tutta la notte», e sono fermi. Nel versetto 23 invece si parla di un inseguimento di Israele da parte degli Egiziani, ma in questo contesto non si parla mai di notte. Da un punto di vista topografico ai versetti 19-20 leggiamo che la nube si sposta, invece di stare dinanzi al popolo per guidarlo, prende posizione fra l’accampamento degli Israeliti e quello degli Egiziani, in modo che siano separati durante la notte. Dunque le indicazioni cronologiche e topografiche ci dicono che i due accampamenti stanno fermi per tutta la notte, e non parlano del passaggio del mare  durante la notte.

Il versetto 21 contiene la difficoltà più importante del testo. Si legge «Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero.» Questo testo presenta diverse difficoltà. Immaginiamo:  Mosè stende la mano, fa soffiare un grande vento dell’est, che separa le acque in due, per aprire un varco in mezzo al mare? Abbiamo visto il film, ma nella realtà è difficile che un vento faccia dividere il mare e crei così un corridoio sopra il quale possano passare gli Israeliti. Se leggiamo il versetto 16 «Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto». vediamo  che Mosè ordina tre cose: alzare il bastone, stendere la mano sul mare, e dividerlo.

Dunque è Mosè che divide il mare, e si forma il corridoio che permette agli Israeliti di passare in mezzo al mare all’asciutto, mentre le acque formano una muraglia a destra e a sinistra, mentre il versetto 21 descrive un altro fenomeno. Il  Signore fa soffiare un forte vento, durante la notte, che prosciuga il mare, come tale, una zona estesa e non un corridoio, in mezzo alle acque.

Per non essere troppo analitici in questa sede, per conciliare queste descrizione bisogna fare uno sforzo di immaginazione, non facile. Pensiamo: gli egiziani inseguono gli israeliti, poi devono fare voltafaccia e tornano  indietro, verso la sponda del mare che avevano lasciato. In questo momento Dio da ordine a Mosè di stendere la mano sul mare. Le acque cadono da una parte sugli egiziani dalla destra e dalla sinistra, e dall’altra tornano in questo «varco» venendo dall’altra sponda ,verso gli egiziani che fuggono incontro a loro. Se leggiamo il testo alla lettere avremo una ricostruzione del genere.

Dunque siamo di fronte a due racconti del miracolo del mare che il testo finale ha conservato uno accanto all’altro.

Il primo racconto ci presenta gli egiziani che raggiungono gli  Israeliti alla sera alla sponda del mare, la nube si sposta, e impedisce agli egiziani di avvicinarsi di  più. Probabilmente gli egiziani si trovano su un terreno molto umido, fuggono a loro insaputa verso il mare, che al mattino torna al suo posto e affogano.

Il secondo  racconto che si chiama racconto della divisione delle acque, il miracolo accade di giorno, perché non vi erano notazioni di tempo. Dopo che gli egiziani ebbero raggiunto gli israeliti verso il mare, il Signore chiede a Mosè di stendere la mano sul mare per dividere le acque. Quando gli israeliti arrivano dall’altra parte del mare, il Signore chiede una seconda volta a Mosè di stendere la mano sulle acque per farle «tornare» sull’esercito egiziano.

Questa complessità redazionale ci fa comprendere che la finalità della stesura e della trasmissione degli eventi, svoltisi presso il mare non  può essere semplicemente storica o cronistica. Si deve scoprire il potenziale pragmatico di questo testo. È chiaro che si suppone un evento accaduto nella storia, ma esso può essere compreso in tutto il suo spessore solo nel caso in cui se ne svela il senso.

Il racconto di quella notte è la risposta del popolo di Israele a ciò che gli è accaduto, sulle rive del mare.  Israele ha interpretato quel fatto come l’evento originario della propria storia. È il tema della libertà che ogni anno a Pasqua il popolo di Israele celebra. La forza di questa testimonianza del popolo di Israele incoraggia quindi ogni uomo a compiere la sua traversata, a inoltrarsi nel mare e nella notte, tempo nel quale si fanno i viaggi veri.

Ecco allora che il redattore mette insieme due tradizioni, due fonti che raccontano lo stesso evento e che diventano come un testo a più voci, dove la diversità polifonica non impoverisce ma arricchisce il messaggio.

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