Un avvocato di Fano stava tornando a casa da Bologna. Era al volante della sua 1100 nella quale si trovavano anche sua moglie e i suoi due figli. Ad un certo punto, sentendosi stanco, voleva chiedere un cambio alla guida, ma il figlio maggiore, Guido, stava dormendo. Dopo qualche chilometro, nei pressi di San Lazzaro, si addormentò anche lui. Quando si svegliò si accorse di trovarsi ad un paio di chilometri da Imola. Fuori di sé dallo spavento urlò: “chi ha guidato la macchina? È successo niente?”… – No – gli risposero in coro. Il figlio maggiore, che era al suo fianco si svegliò e disse di aver dormito profondamente. La moglie e il figlio minore, increduli e meravigliati, dissero di aver constatato un modo di guidare diverso dal solito: a volte l’auto stava per finire contro altri veicoli ma all’ultimo momento, li evitava con delle manovre perfette. Anche la maniera di prendere le curve era diversa. “Soprattutto” diceva la moglie “ci ha colpito il fatto che tu sia rimasto immobile per molto tempo e non hai più risposto alle nostre domande…”; “Io – la interruppe il marito – non potevo rispondere perché dormivo. Io ho dormito per quindici chilometri. Non ho veduto e non ho sentito niente perché dormivo… . Ma chi ha guidato l’auto? Chi ha impedito la catastrofe?… Dopo un paio di mesi l’avvocato si recò a San Giovanni Rotondo. Padre Pio, appena lo vide, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: “Tu dormivi e l’Angelo Custode ti guidava la macchina”. Il mistero fu svelato.
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Una figlia spirituale di Padre Pio percorreva una strada di campagna che l’avrebbe portata al Convento dei cappuccini dove ad attenderla c’era lo stesso Padre Pio. Era una di quelle giornate invernali, imbiancate dalla neve dove i grossi fiocchi che venivano giù, rendevano ancora più difficile il cammino. Lungo la strada, totalmente innevata, la signora ebbe la certezza che non sarebbe arrivata in tempo all’appuntamento col frate. Piena di fede, incaricò il suo Angelo Custode di avvisare Padre Pio che a causa del maltempo sarebbe arrivata al convento con notevole ritardo. Giunta al convento poté constatare con enorme gioia che il frate l’attendeva dietro ad una finestra, da dove, sorridendo, la salutava.
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A volte il Padre, in sagrestia, si fermava e salutava anche baciando qualche amico o figlio spirituale ed io, raccontava un uomo, guardando con santa invidia quel fortunato, dicevo tra me: “Beato lui!…Se fossi io al suo posto! Beato! Beato lui!”.
Il 24 dicembre 1958 sono in ginocchio, ai suoi piedi, per la confessione. Al termine, lo guardo e, mentre il cuore batte per l’emozione, oso dirgli: “Padre, oggi è Natale, posso fare gli auguri dandovi un bacio? E lui, con una dolcezza che non si può descrivere con la penna ma soltanto immaginare, mi sorride e: ‘Sbrigati, figlio mio, non farmi perdere tempo!'”. Anche lui mi abbracciò. Lo baciai e come un uccello, giulivo, spiccai il volo verso l’uscita ripieno di delizie celesti. E che dire delle botte sulla testa? Ogni volta, prima di ripartire da San Giovanni Rotondo, desideravo un segno di particolare predilezione. Non solo la sua benedizione ma anche due colpetti sulla testa come due paterne carezze. Devo sottolineare che mai mi fece mancare ciò che, come un bambino, manifestavo di voler ricevere da lui. Una mattina, eravamo in molti nella sagrestia della chiesetta piccola e mentre padre Vincenzo a voce alta esortava, con la sua solita severità, dicendo: “non spingete…non stringete le mani del Padre…fatevi indietro!”, io quasi sconfortato, tra me ripetevo: “Partirò, questa volta senza le botte sulla testa”. Non volli rassegnarmi e pregai il mio Angelo Custode di fare il messaggero e di ripetere a Padre Pio testualmente: “Padre, io parto, desidero la benedizione e le due botte sulla testa, come sempre. Una per me e l’altra per mia moglie”. “Fate largo, fate largo”, ripeteva ancora padre Vincenzo mentre Padre Pio cominciava a camminare. Io ero in ansia. Lo guardavo con un senso di tristezza. Ed eccolo, mi si avvicina, mi sorride ed ancora una volta i due colpetti ed anche la mano mi fa baciare. – “Ne darei tanti di botte a te, ma tante!”. Così ebbe a dirmi la prima volta.
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Una donna era seduta sul piazzale della chiesa dei cappuccini. La Chiesa era chiusa. Era tardi. La donna pregava col pensiero, e ripeteva col cuore: “Padre Pio, aiutami! Angelo mio, va a dire al Padre che mi venga in aiuto, altrimenti mia sorella muore!”. Dalla finestra di sopra, sentì la voce del Padre: “Chi mi chiama a quest’ora? Che cosa c’é?”. La donna disse della malattia della sorella, Padre Pio si recò in bilocazione e guarì la malata.
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Un tizio disse a Padre Pio: – Io non posso venire sempre da voi. Il mio stipendio non mi permette spese per viaggi così lunghi – Padre Pio rispose: “E chi ti ha detto di venire qui? Non hai il tuo Angelo Custode? Gli dici cosa vuoi, lo mandi qua, ed avrai subito la risposta”.
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Quando Padre Pio era un giovane sacerdote scriveva al suo confessore dicendo: “la notte ancora al chiudersi degli occhi, vedo abbassarsi il velo ed aprirmisi dinanzi il Paradiso. E allietato da questa visione, dormo con un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte aspettando che il piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi e così sciogliere insieme le lodi mattutine al diletto dei nostri cuori”.
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Padre Alessio un giorno si avvicinò a Padre Pio con delle lettere in mano per chiedergli delle cose e il Padre gli disse brusco: “Uagliò, non vedi che ho da fare? Lasciami in pace”.
Rimase male. Si ritirò in disparte mortificato. Padre Pio se ne accorse e dopo un pò lo chiamo e gli disse: “Non hai visto tutti quegli Angeli che erano qui intorno? Erano Angeli Custodi dei miei figli spirituali che venivano a portarmi i loro messaggi. Dovevo dare loro le risposte da riferire”.
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Un dottore chiese a Padre Pio: “Tanti Angeli sono sempre vicino a lei. Non le danno fastidio?” – “No” rispose il Padre con semplicità – “sono così obbedienti”.
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Ad una persona disse: “Per la tua mamma pregheremo, perché l’Angelo Custode le faccia compagnia”.
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Si direbbe – diceva uno dei figli spirituali del Padre – che Padre Pio ascolti sempre quelli che lo chiamano. Una sera, molti parlavano del Padre appena arrivati a San Giovanni Rotondo. Ingenuamente ricapitolavano le grazie che volevano chiedergli e incaricavano i loro Angeli Custodi di fargliele presenti al più presto. L’indomani, dopo la Messa, Padre Pio li rimproverò giustamente: “Birichini! Neanche la notte mi lasciate tranquillo!”, il sorriso smentiva le parole. Essi si seppero esauditi.
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“Ma voi, Padre, sentite quello che l’Angelo vi dice? Chiese una persona. E Padre Pio: ‘E cosa credi, che Egli sia disubbidiente come te? Mandami l’Angelo Custode'”.
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Un giorno, mentre Padre Pio era seduto nella veranda vicina alla sua stanza, padre Alessio Parente, approfittando della solitudine, gli chiese dei consigli su come rispondere ad una lettera che aveva ricevuto. Il padre però, senza mezzi termini, lo implorò di essere lasciato in pace: “…non vedi che sono sempre occupato?”. Padre Alessio perplesso farfugliò tra sé :”ma che sta facendo, muove la corona del rosario e dice che è occupato!”. Però appena fatta questa mormorazione mentale, Padre Pio intervenne bruscamente: “Non hai visto tutti questi Angeli custodi dei miei figli spirituali che vanno e vengono e non mi hanno lasciato in pace un momento?”. Poi però non esitò a dargli la risposta da allegare a quella lettera.
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L’Angelo Custode aiutava Padre pio nella lotta contro Satana. Nelle sue lettere troviamo questo episodio di cui padre Pio scrive: «Coll’aiuto del buon angiolino si è trionfato questa volta sul perfido disegno di quel cosaccio; la vostra lettera è stata letta. L’angiolino mi aveva suggerito che all’arrivo di una vostra lettera l’avessi aspersa coll’acqua benedetta prima d’aprirla. Cosí feci coll’ultima vostra. Ma chi può dire 1a rabbia provata da barbablù! egli vorrebbe finirmi ad ogni costo. Sta mettendo su tutte le sue diaboliche arti. Ma rimarrà schiacciato. L’angiolino me lo assicura, ed il paradiso è con noi. L’altra notte mi si è presentato sotto le sembianze di un nostro padre, trasmettendomi un severissimo ordine del padre provinciale di non scrivervi più, perché contrario alla povertà e di grave impedimento alla perfezione. Confesso la mia debolezza, babbo mio, piansi amaramente credendo essere ciò stato una realtà. E non avrei potuto mai sospettare, anche debolmente essere questo invece un tranello di barbablù, se l’angiolino non mi avesse svelato l’inganno. E solo Gesù sa che ci volle per persuadermi. Il compagno della mia infanzia cerca di smorzare i dolori che mi affliggono quegl’impuri apostati, col cullarmi lo spirito in un sogno di speranza» (Ep. 1, p. 321).
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L’Angelo Custode spiegava a padre Pio la lingua francese che Padre Pio non aveva studiato: «Levami, se è possibile, una curiosità. Chi ti ha insegnato il francese? Come mai, mentre prima non ti piaceva, ora ti piace» (Padre Agostino nella lettera del 20-04-1912).
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L’Angelo Custode traduceva a Padre Pio anche il greco a lui sconosciuto. «Cosa dirà il tuo angelo di questa lettera? Se Dio vuole, il tuo angelo potrebbe fartela comprendere; se no scrivimi».
In calce alla lettera, il parroco di Pietrelcina scrisse questo attestato:
«Pietrelcina, 25 agosto 1919. Attesto io qui sottoscritto sotto la santità del giuramento, che Padre Pio, dopo ricevuta la presente, me ne spiegò letteralmente il contenuto. Interrogato da me come avesse potuto leggerla e spiegarla, non conoscendo neppure l’alfabeto greco, mi rispose: Lo sapete! L’angelo custode mi ha spiegato tutto».
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Dalle lettere di Padre Pio si conosce che il suo Angelo Custode lo svegliava ogni mattina per sciogliere insieme le lodi mattutine al Signore:
«La notte ancora al chiudersi degli occhi vedo abbassarsi il velo ed aprirmisi il paradiso; ed allietato da questa visione dormo in un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte, aspettando che il mio piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi e cosí sciogliere insieme le lodi mattutine al diletto dei nostri cuori» (Ep. 1, p. 308).
Sempre nelle lettere di Padre Pio ci si imbatte in un episodio in cui il Santo si lamenta con il suo Angelo Custode: «Ne mossi lagnanza all’angiolino, e questi dopo avermi fatta una bella predichina, soggiunse: “Ringrazia Gesù che ti tratta da eletto a seguire lui da vicino per l’erta del Calvario; io vedo, anima affidata alla mia cura da Gesù, con gioia e commozione del mio interno questa condotta di Gesú verso di te. Credi tu forse che sarei così contento, se non ti vedessi così abbattuto? Io che nella carità santa molto desidero il tuo vantaggio, godo sempre più nel vederti in codesto stato. Gesù permette questi assalti al demonio, perché la sua pietà ti rende a sé caro e vuole che tu lo rassomigli nelle angosce del deserto, dell’orto e della croce.
Tu difenditi, allontana sempre e disprezza le maligne insinuazioni e dove le tue forze non potranno arrivare non ti affliggere, diletto del mio cuore, io sono vicino a te”» (Ep. 1, p. 330-331).
Sempre dal suo epistolario si evince che Padre Pio affida all’angelo custode il compito di andare a consolare le anime afflitte: «Lo sa il buon angelo mio custode, a cui tante volte gli ho andato il delicato ufficio di venirvi a consolare» (Ep.1, p. 394). «Inoltre offrite a gloria di sua divina maestà il riposo che state per prendere e non dimenticate mai l’angelo custode che sempre è con voi, non lasciandovi mai, per qualsiasi torto possiate voi fargli. O ineffabile bontà di questo nostro buono angelo! Quante volte ahimé! l’ho fatto piangere per non aver voluto assecondare i suoi voleri che erano pur quelli di Dio! Ci liberi questo nostro fedelissimo amico da ulteriori infedeltà» (Ep.II, p. 277).
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Di seguito è riportato lo stralcio di una estasi avuta da Padre Pio nel convento di Venafro il 29 novembre 1911, nel quale il Santo parla con il suo Angelo Custode:
«„, Angelo di Dio, Angelo mio… non sei tu a mia custodia?… Dio ti ha dato a me! Sei creatura?… o sei creatura o sei creatore… Sei creatore? No. Dunque sei creatura ed hai una legge e devi ubbidire… Devi stare accanto a me, o lo vuoi o non lo vuoi… per forza…E si mette a ridere… che c’è da ridere? … Dimmi una cosa… me lo devi dire… chi era ieri mattina qui presente?… e si mette a ridere… me lo devi dire… chi era?… o il Lettore o il Guardiano… ebbene dimmelo… era forse il loro segretariuccio?… ebbene rispondi… se non rispondi, io dirò che era uno di quegli altri quattro… E si mette a ridere… un Angelo si mette a ridere!… dimmelo dunque… non ti lascerò, finché non me l’avrai detto…Se no, lo domando a Gesú… e poi te lo senti!… Tanto non lo domando a quella Mammina, a quella Signora… che mi guarda torva… sta lí a far la contegnosa!… Gesú, non è vero che la Madre tua è contegnosa?… E si mette a ridere!…Dunque, signorino (il suo angelo custode), dimmi chi era… E non risponde … sta lí… come un pezzo fatto apposta… Lo voglio sapere… una cosa ho domandato a Te e sono qui da tanto tempo… Gesú, dimmelo Tu…E ci voleva tanto a dirlo, signorino!… m’hai fatto ciarlar tanto!… sí sí il Lettore, il Lettorino!… ebbene Angelo mio, lo salverai dalla guerra che gli prepara quel birbaccione? lo salverai? … Gesú, dimmi, e perché permetterlo? … non me lo vuoi dire?… me lo dirai… se non apparisci piú, bene… ma se verrai, ti dovrò stancare… E quella Mammina… sempre con 1a coda dell’occhio… ti voglio guardare in faccia… mi devi guardar bene… E si mette a ridere… e mi volta 1e spalle… sí sí ridi… Io so che mi vuoi bene… ma mi devi guardar chiaro.
Gesú, perché non glielo dici alla Mamma tua?… ma dimmi, sei Gesú?… di’ Gesú!… Bene! se sei Gesú, perché 1a tua Mammina mi guarda in quel modo?… Io voglio sapere!…Gesú, quando vieni un’altra volta, ti devo domandare certe cose… tu le sai… ma per ora te le voglio accennare… Che erano stamane quelle fiamme al cuore?… se non era Rogerio (P. Rogerio era un frate che si trovava a quel tempo nel convento di Venafro) che mi strinse forte… poi anche il Lettore… il cuore voleva fuggire… che era?… forse voleva andare a passeggio?… un’altra cosa… E quella sete?… Dio mio… che era? Stanotte, quando s’andarono il Guardiano ed il Lettore, bevvi tutta la bottiglia e la sete non si estinse… mi dovorava… e mi straziò fino alla Comunione… che era?… Senti Mammina, non importa che mi guardi cosí .. io ti voglio bene piú di tutte le creature della terra e del cielo… dopo Gesú, s’intende… ma ti voglio bene. Gesú, questa sera verrà quel birbaccione?… Ebbene aiuta quei due che m’assistono, proteggili, difendili… lo so, ci sei Tu… ma… Angelo mio, sta’ con me! Gesú un’ultima cosa… fatti baciare… Bene!… che dolcezza in queste piaghe!… Sanguinano… ma questo Sangue è dolce, è dolce… Gesú, dolcezza… Ostia Santa… Amore, Amor che mi sostiene, Amore, a rivederci!… ».
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In una lettera scritta da Padre Pio a Raffaelina Cerase il 20 aprile 1915, il Santo esalta l’amore di Dio che ha donato all’uomo un dono così grande come l’Angelo Custode:
«O Raffaelina, quanto consola il sapersi di essere sempre sotto la custodia di un celeste spirito, il quale non ci abbandona nemmeno (cosa ammirabile!) nell’atto che diamo disgusto a Dio! Quanto riesce dolce per 1’anima credente questa grande verità! Di chi dunque può temere l’anima devota che si studia d’amare Gesù, avendo sempre con sé un sí insigne guerriero? O non fu egli forse uno di quei tanti che assieme all’angelo san Michele lassù nell’empireo difesero l’onore di Dio contro satana e contro tutti gli altri spiriti ribelli ed infine li ridussero alla perdita e li rilegarono nell’inferno?
Ebbene, sappiate che egli è ancor potente contro satana e i suoi satelliti, la sua carità non è venuta meno, né giammai potrà venir meno dal difenderci. Prendete la bella abitudine di pensar sempre a lui. Che vicino a noi sta uno spirito celeste, il quale dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, ci guida, ci protegge come un amico, un fratello, deve pur riuscire a noi sempre di consolazione, specie nelle ore per noi più tristi.
Sappiate, o Raffaelina, che questo buon angelo prega per voi: offre a Dio tutte le vostre buone opere che compite, i vostri desideri santi e puri. Nelle ore in cui vi sembra di essere sola e abbandonata non vi lagnate di non avere un anima amica, a cui possiate aprirvi ed a lei confidare i vostri dolori: per carità, non dimenticate questo invisibile compagno, sempre presente ad ascoltarvi, sempre pronto a consolarvi.
O deliziosa intimità, o beata compagnia! O se gli uomini tutti sapessero comprendere ed apprezzare questo grandissimo dono che Iddio, nell’eccesso del suo amore per l’uomo, a noi assegnò questo celeste spirito! Rammentate spesso la di lui presenza: bisogna fissarlo coll’occhio dell’anima; ringraziatelo, pregatelo. Egli è così delicato, così sensibile; rispettatelo. Abbiate continuo timore di offendere la purezza del suo sguardo. Invocate spesso questo angelo custode, quest’angelo benefico, ripetete spesso la bella preghiera: «Angelo di Dio, che sei custode mio, a te affidata dalla bontà del Padre celeste, illuminami, custodiscimi, guidami ora e sempre» (Ep. II, p. 403-404).