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Papa Francesco: “Dio non può giustificare fondamentalismo e colonialismo”

POPE FRANCIS Campus Misericordiae

© Marcin Mazur/catholicnews.org.uk

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 02/10/16

Il pontefice all’incontro interreligioso nella moschea di Baku: «Il suo santo Nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane». Lo sceicco del Caucaso ringrazia il Papa per la sua attività in favore della pace

La visita del Papa nel Caucaso si conclude con l’accoglienza calorosa della comunità islamica. Lo sceicco dei musulmani del Caucaso, Allahshukur Pashazadeh riceve Francesco nella moschea Heydar Aliyev dicendogli: «Le sue attività suscitano in noi un vivo interesse. È molto importante osservare il suo approccio critico ai problemi che preoccupano il mondo, la sua seria riprovazione del problema dei migranti, la sua protesta nel collegare il nome d’Islam al terrorismo e al contempo la sua dura condanna alle cause reali del terrorismo e i suoi incisivi discorsi contro casi di xenofobia». Pashazadeh, sceicco sciita che ha autorità teologica anche sui sunniti, nei mesi scorsi ha pronunciato parole molto dure contro l’Isis. L’Azerbaigian, la cui popolazione è musulmana per l’85% (75% sciita) è un paese nel quale le religioni convivono, ma ci sono tentativi di infiltrazione del fondamentalismo jihadista.

Papa Francesco si è tolto le scarpe prima di entrare nella Moschea Heydar Aliyev di Baku. Bergoglio ha ricevuto in dono dallo Sceicco una copia del Corano e un tappetino di quelli usati dai musulmani per la preghiera. Il Pontefice ha risposto con un mosaico che raffigura Castel Sant’Angelo. I due leader religiosi si sono intrattenuti in un incontro privato davanti alla mihrab della moschea, cioè la nicchia che indica la direzione della Mecca.

Il leader musulmano, decorato da Papa Wojtyla con l’onorificenza dell’Ordine di San Gregorio, nel corso dell’incontro interreligioso che corona la tappa di Baku nell’ultimo giorno del viaggio papale, pronuncia parole significative: «Apprezziamo – dice al Pontefice – i suoi sforzi nella risoluzione dei conflitti in nome della pace nel mondo durante i suoi viaggi, e anche all’importanza che lei dà al dialogo interreligioso. Abbiamo appreso con attenzione e rispetto le sue parole di grande leader religioso riguardo l’importanza di una risoluzione pacifica del conflitto di Nagorno Karabakh fra l’Armenia e l’Azerbaigian».

All’incontro partecipano, oltre ai dignitari islamici, anche responsabili della Chiesa ortodossa russa e delle comunità ebraiche. Il Papa nel suo discorso ricorda che l’Azerbaigian «si distingue per l’accoglienza» e anche il cattolicesimo «trova posto e armonia tra altre religioni ben più numerose, segno concreto che mostra come non la contrapposizione, ma la collaborazione aiuta a costruire società migliori e pacifiche».

«La religione è dunque una necessità per l’uomo – osserva Francesco – per realizzare il suo fine, una bussola per orientarlo al bene e allontanarlo dal male, che sta sempre accovacciato alla porta del suo cuore. In questo senso le religioni hanno un compito educativo: aiutare a tirare fuori dall’uomo il meglio di sé. E noi, come guide, abbiamo una grande responsabilità, per offrire risposte autentiche alla ricerca dell’uomo, oggi spesso smarrito nei vorticosi paradossi del nostro tempo».

Il Papa fa notare come oggi «da una parte imperversa il nichilismo di chi non crede più a niente se non ai propri interessi, vantaggi e tornaconti, di chi butta via la vita adeguandosi all’adagio “se Dio non esiste tutto è permesso”», mentre dall’altra parte, «emergono sempre più le reazioni rigide e fondamentaliste di chi, con la violenza della parola e dei gesti, vuole imporre atteggiamenti estremi e radicalizzati, i più distanti dal Dio vivente».

Le religioni, al contrario, spiega ancora Francesco «sono chiamate a edificare la cultura dell’incontro e della pace, fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti. Così si serve la società umana». E la società, da parte sua, deve vincere la tentazione «di servirsi del fattore religioso: le religioni non devono mai essere strumentalizzate e mai possono prestare il fianco ad assecondare conflitti e contrapposizioni».

Bergoglio, come in mattinata aveva fatto citando l’esempio del tappeto di fronte al piccolo gregge dei cattolici, prende spunto da un manufatto artistico locale, le pregiate vetrate fatte soltanto di legno e vetri colorati (Shebeke), tipiche di queste zone. Possiedono una particolarità unica: per realizzarle non si usano colle né chiodi, ma si tengono insieme il legno e il vetro incastrandoli fra di loro. «Allo stesso modo – ha osservato Francesco – è compito di ogni società civile sostenere la religione, che permette l’ingresso di una luce indispensabile per vivere: per questo è necessario garantirle un’effettiva e autentica libertà. Non vanno dunque usate le “colle” artificiali che costringono l’uomo a credere, imponendogli un determinato credo e privandolo della libertà di scelta; non devono entrare nelle religioni neanche i “chiodi” esterni degli interessi mondani, delle brame di potere e di denaro».

Dio infatti «non può essere invocato per interessi di parte e per fini egoistici, non può giustificare alcuna forma di fondamentalismo, imperialismo o colonialismo. Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo Nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane».

Il dialogo al quale invita il Papa non è «sincretismo conciliante», né «un’apertura diplomatica, che dice sì a tutto per evitare i problemi». Bisogna invece «dialogare con gli altri e pregare per tutti: questi sono i nostri mezzi per far sorgere amore dove c’è odio e perdono dove c’è offesa».

«Nella notte dei conflitti, che stiamo attraversando – è l’appello finale del Pontefice – le religioni siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti. Specialmente in questa amata regione caucasica le religioni siano veicoli attivi per il superamento delle tragedie del passato e delle tensioni di oggi».

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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