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Tra i cristiani rimasti ad Aleppo: “Contro di noi pulizia etnica”

Conflicto Siria – it

© Javier Manzano / AFP

Combates en el barrio de Karmel al-Jabl, en Aleppo (Siria)

Vatican Insider - pubblicato il 29/09/16

Ma le scuole, bombardate e ricostruite, restano aperte “Siamo responsabili degli allievi in qualsiasi condizione”

di Giordano Stabile

«Noi religiosi siamo come soldati. E i soldati non scappano». Suor Luisa indica le piastrelle del ballatoio al secondo piano della scuola armena cattolica «Farah», nel quartiere di Middan. Quelle più chiare indicano la parte che era crollata dopo un bombardamento da parte di ribelli, lo scorso giugno. «È venuto giù tutto – racconta -: il terrazzino, una parete, le scale. È stata dura, ma siamo riusciti a rimetterla prima dell’inizio dell’anno scolastico». Suor Luisa è stata mandata a dirigere la scuola nel 2010, all’inizio della guerra civile. Parla con un sottofondo di esplosioni, a meno di un chilometro. «Ci spaventiamo più noi adulti che i bambini, loro si abituano a tutto. In molti mi hanno detto di venire via. Ma noi siamo responsabili dei nostri allievi in qualsiasi condizione».

Alla scuola si insegnano armeno, arabo, inglese e francese oltre alle materie tradizionali. «Per fortuna quando è caduto il razzo non c’era nessuno nella classi. È stata una vendetta per il riconoscimento del genocidio armeno da parte della Germania. Appena si è diffusa la notizia sul quartiere di Middan è scoppiato l’inferno». Anche perché bombe e colpi di mortaio arrivano da vicino quartiere di Bustan al-Basha, «il frutteto del pascià», feudo dei ribelli filo-turchi di Ahrar al-Sham. E l’odio turco per gli armeni si somma a quello fra insorti e governativi. La maggior parte delle vie di Middan sono chiuse da blocchi fatti con macerie e auto carbonizzate che indicano fin dove ci si può spingere. Teli stesi attraverso la strada e attaccati ai palazzi servono a togliere la visuale ai cecchini. Quando il vento li strappa, riattaccarli è un’impresa a rischio della vita.

Alla scuola «Farah», felicità, ci sono 265 allievi, tutti con le linde divise blu o rosa, «al 99% cristiani». Ma solo perché, spiega Suor Luisa, l’armeno è obbligatorio e se non c’è nessuno in famiglia che lo parla è troppo difficile. Ma nelle scuole cristiane di Aleppo è il contrario. Una vera istituzione in città, anche se nazionalizzata nel 1967, è l’Istituto tecnico salesiano. Padre George l’ha diretto per quarant’anni e ha avuto «moltissimi allievi musulmani». L’Aleppo che ricorda è quelle dove i cristiani facevano gli auguri al vicino islamico per le sue feste e li ricevevano per le loro. «La Siria ha dato sette Papi alla Chiesa. Qui sono nate tante confessioni, come quella maronita. Senza la Siria non c’è il cristianesimo».

Per i salesiani la guerra è stata imposta da potenze straniere. «Quando gli elefanti combattono è l’erba a rimanere schiacciata», aggiunge padre Pierre Jabloyan. All’ultima Giornata mondiale della gioventù è stato a lui a consegnare al Papa un bossolo rimasto in una scuola attaccata dai ribelli. E pare che Francesco «ora lo porti sempre con sé». Ma se Bergoglio ha la stima e la fiducia di tutte le undici confessioni cristiane di Aleppo, per gli altri leader occidentali è vero il contrario. «Ho inviato una lettera aperta a Barack Obama – racconta il vescovo della Chiesa presbiteriana Ibrahim Nussayr -. L’ho invitato ad aprire gli occhi, a non appoggiare gruppi che non sono “rivoluzionari democratici”, ma bande di fanatici, delinquenti».

L’edificio della Chiesa presbiteriana, fondata in Siria dagli scozzesi nel 1843, è stato distrutto dai razzi degli insorti, come altre 20 chiese. «Il governo ci ha dato il terreno e fondi per ricostruirla. Nelle nostre scuole ci sono 850 allievi, oltre il 90 per cento sono musulmani. I terroristi, mi creda, non sono islamici. In Siria le diverse fedi hanno convissuto per 1500 anni». Il vero problema, è la provocazione del vescovo, è che «Europa e America non sono più Paesi cristiani, altrimenti non si spiega tanta indifferenza». I cristiani di Aleppo, ricorda, sono passati in cinque anni «da 130 mila a 35 mila, meno del 3 per cento della popolazione: uccisi o costretti a fuggire, è pulizia etnica». E anche ieri è continuata la strage di civili. All’alba un raid probabilmente dell’aviazione russa ha colpito un altro ospedale ad Aleppo Est, mentre nella zona governativa, ad Aziziya, un ordigno dei ribelli ha centrato una scuola e ferito 17 alunni.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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