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Il sarto distratto

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Vitaly Korovin

Aleteia - pubblicato il 28/09/16

Un racconto che ispira

C’era una volta, a meno di mille chilometri da qui, un sarto vedovo che viveva con la figlia piccola. Pur essendo un bravissimo artigiano, era una persona che non faceva attenzione ad alcune cose.

Usciva quindi in strada con gli stessi abiti vecchi, tutti sdruciti, che usava tutto il giorno in casa.

Le persone commentavano: “Un uomo che va vestito così male non può essere un professionista competente. Quel sarto non dev’essere bravo”.

I commenti si diffusero, e nessuno ordinò più nulla al sarto, che diventò povero. Un giorno la figlia gli disse: “Papà, non abbiamo quasi niente da mangiare. Devi fare qualcosa, altrimenti moriremo di fame”.

Il sarto andò in soffitta, dove da molto tempo conservava cose che riteneva inutili. Rimestando tra le pile impolverate, scoprì che c’erano anche oggetti di valore. Non ricordava neanche più quando li aveva messi lì o perché. Mise un po’ di quegli oggetti in un carretto e andò a venderli al mercato cittadino. Con il denaro guadagnato comprò cibi deliziosi per sé e per la figlia.

Sulla strada del ritorno verso casa vide appeso alla porta di un negozio un tessuto magnifico, come non ne aveva mai visti. Era ricamato con fili di ogni colore dell’arcobaleno a formare varie figure. C’erano anche disegni ornamentali con fili d’oro e d’argento intrecciati che brillavano alla luce del sole. Il sarto, meravigliato, decise di comprare quel tessuto con il denaro che gli era avanzato.

Non appena arrivò a casa stese il tessuto sul tavolo, pensò un po’ e poi tagliò e cucì uno splendido mantello che arrivava quasi fino a terra.

Quando uscì con quel mantello, le persone lo circondarono e gli chiesero: “Dove hai comprato questo mantello? In Oriente, nell’isola di Giava?”

“No”, risposte il sarto. “L’ho fatto io”.

“Anche noi vogliamo un mantello bello come questo”.

E gli portarono dei tessuti, facendo la fila alla porta di casa sua. Erano talmente tante persone e lui confezionò così tanti mantelli che finì per diventare ricco.

Ma era una persona che non faceva attenzione ad alcune cose. Non si toglieva mai il mantello: lo indossava sempre, anche quando cuciva, preparava da mangiare o curava il giardino.

Trascorse molto tempo. Il mantello divenne vecchio e logoro. Le persone, vedendo il sarto girare per strada così malvestito, iniziarono a pensare che non dovesse essere un buon professionista e smisero di commissionargli degli abiti. E lui tornò ad essere povero.

Un giorno, non avendo niente da fare, il sarto si mise a osservare il mantello e scoprì che c’era ancora un pezzo di tessuto che non era rovinato. Mise il mantello sul tavolo, tagliò le parti logore, aprì le cuciture, pensò un po’ e confezionò una bella giacca.

Quando uscì con la giacca, le persone gli chiesero: “Dove hai comprato questa giacca? In Australia, al Polo Nord?”

“No, l’ho fatta io”.

E arrivarono talmente tanti ordini per confezionare delle giacche che il sarto divenne nuovamente ricco.

Ma era sempre un uomo che non faceva attenzione ad alcune cose. Andava a qualsiasi tipo di commemorazione – matrimoni, Battesimi, funerali, feste di compleanno – indossando quella giacca.

Trascorse molto tempo, e la giacca divenne piena di buchi e di macchie. Nessuno gli commissionava più niente. Divenne povero. Vedendo che la giacca aveva ancora un pezzo di tessuto buono, il sarto ne fece un gilet così bello che tutti per strada gli chiedevano: “Dove hai comprato questo gilet? In Afghanistan? Nella Terra del Fuoco?”

“No, l’ho fatto io”, rispondeva lui.

E con tanti ordini per confezionare gilet il sarto divenne ricco. Ma, non so se ve l’ho già detto, era una persona che non faceva attenzione ad alcune cose. Non si toglieva mai il gilet, neanche per fare il bagno.

Trascorse molto tempo, e il gilet era ormai in pessime condizioni. Di nuovo povero, il sarto prese un piccolo pezzo del gilet che era ancora perfetto e sapete cosa ne fece? Un papillon. Ma non era un papillon qualsiasi. Era così bello e e brillava talmente che tutti ne volevano uno simile.

Dopo aver lavorato molto tornò ad essere ricco, ma non si toglieva il cravattino neanche per dormire.

Passò molto tempo e il papillon divenne corto, malridotto e irriconoscibile. Il sarto ridiventò povero, visto che nessuno gli ordinava più niente (non preoccupatevi, sto arrivando alla fine).

Il sarto scoprì nel papillon un pezzetto di tessuto che poteva ancora servire a qualcosa, e ne fece uno splendido bottone, bello rotondo, che cucì sui suoi vestiti vecchi, proprio sul petto. Nessuno notava gli stracci che indossava; il bottone era talmente brillante e magnifico che tutti volevano bottoni come quello. E ne fece talmente tanti da diventare ricco.

Ma continuava ad essere quella persona che non faceva attenzione ad alcune cose. E divenne povero.

Disfece il bottone e restò ancora un pezzetto di tessuto che conservava intatte alcune parti dei fili dorati e argentati, inframmezzati con tutti i colori dell’arcobaleno, che brillavano intensamente.

Cosa fece il sarto con quel minuscolo pezzo avanzato dal tessuto magnifico?

* * *

Chi mi ha raccontato questa storia mi ha detto che ciascuno di noi deve inventare quello che ha fatto il sarto con quel pezzettino prezioso.

Ci sono molti modi per raccontare la storia di questo sarto.

È a causa sua e del suo bottone che questo racconto è sempre stato riferito e continuerà ad essere raccontato per sempre, giorno e notte, in qualsiasi luogo del mondo in cui ci sia gente.

Perché ci saranno sempre persone che non prestano attenzione ad alcune cose, ed esisteranno sempre cose che mantengono il proprio splendore in un posto sempre minore e più profondo.

(autore ignoto)

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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