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Musei Vaticani: una nuova era e la sfida di Francesco

Vatican Insider - pubblicato il 27/09/16

Il Papa vuole che i suoi musei siano «il luogo della bellezza e dell’accoglienza». Un «veicolo di evangelizzazione». Degli spazi di dialogo tra le culture e le religioni, strumenti di pace. A quasi quattro anni dall’inizio del suo ministero, i Musei Vaticani hanno ancora la sfida di assumere il pensiero di Francesco. La testimonianza di un artista argentino mostra le difficoltà di questa struttura culturale nei confronti di un cambio di rotta capace di guardare alle periferie.

Alla fine di quest’anno 2016 il direttore dei musei, Antonio Paolucci, lascerà il suo incarico. È un uomo di cultura, uno studioso amante della tradizione. All’inizio del 2017 gli succederà una donna, Barbara Jatta, attualmente responsabile del Gabinetto delle Stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il cambio nella direzione è un segreto di Pulcinella. Lo sanno tutti, lo sanno gli impiegati, ma non è ancora ufficiale.

Quello Vaticano è uno dei musei più visitati in tutto il mondo. Quasi 6 milioni di persone percorrono le sue gallerie ogni anno, attratti principalmente dal suo prezioso tesoro: la Cappella Sistina. Per la Santa Sede e per Roma rappresenta un affare miliardario che durante la gestione di Paolucci è cresciuto e si è espanso, grazie a un modello di “business” adeguato.

Ma Papa Francesco pretende di più. Lo aveva detto durante un’intervista che poi sarebbe stata pubblicata nel libro “La mia idea sull’arte” (2015). In questo testo, il Pontefice ha chiesto ai musei di ricevere nuove forme d’arte e di aprire le porte ad artisti di tutto il mondo. Non di diventare una «raccolta del passato piena di polvere e soltanto per gli eletti e i saggi, ma una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi, partendo dai più umili, e tutti insieme disporci così, con fiducia nel presente e nel futuro».

Durante la presentazione del libro, Paolucci aveva detto pubblicamente di non essere del tutto d’accordo con il Papa. Aveva affermato che «i musei non sono un luogo pieno di polvere», perché degli artisti come Michelangelo e Raffaello sono sempre dei contemporanei. E si era lamentato perché il Pontefice argentino non li aveva visitati fino ad allora, dicendo che avrebbe voluto esporgli «personalmente» la sua posizione.

È vero, finora Francesco non ha fatto alcuna visita ufficiale ai Musei Vaticani né al suo «staff». E, trattandosi di un Papa di gesti, questo particolare non può passare inosservato. Al riguardo, un’artista argentino della cui opera il Pontefice è ammiratore, ricorda che nel marzo 2015 Bergoglio era andato lì, ma con uno scopo concreto: fare un giro per la Capella Sistina con un gruppo di senza tetto e poveri di Roma.

«Il Papa è stato lì, nella Sistina, e ha parlato sulla cultura dello scarto, invitando ai senza tetto. Questo è un esempio di arte che integra, con un messaggio originale e didattico. Nel suo tempo, Michelangelo ha sofferto tante resistenze, ma l’umanità avrebbe poi scoperto il suo genio; l’opera, sempre che sia umana, supera la critica nel tempo», ha detto Alejandro Marmo in una conversazione con Vatican Insider.

Riferendola come una sua opinione personale, Marmo ha detto che l’intenzione di Francesco era di visitare i musei «con un messaggio, una proposta, e con delle azioni evangelizzatrici concrete», e non come una semplice visita di cortesia. Forse, ha chiosato, potrebbe dare fastidio ai «conservatori di salotto» che difendono «pensieri elitari fuori tempo».

L’artista argentino si è detto perplesso per alcuni gesti dei musei che avrebbero segnato una certa distanza dal Papa. Due esempi: da una parte il libro “La mia idea sull’arte”, presentato come portatore del pensiero di Bergoglio al riguardo, nel museo è messo in secondo piano o addirittura nascosto. Mentre, invece, è possibile acquistare un’infinità di altri cataloghi.

Un’altro esempio: le opere di Marmo (un’immagine della Madonna di Luján, Argentina, e un’altra del Cristo operaio) avrebbero dovuto essere esposte in uno spazio all’interno dei Musei, come desiderava il Pontefice. Le opere sono nate da materiali di scarto, soprattutto ferro, e alla loro realizzazione hanno partecipato giovani argentini ex-drogati. E per questo motivo al Papa erano molto piaciute. Ma, senza alcuna spiegazione, le sculture sono state portate nei Giardini Vaticani, lontano dagli sguardi dei turisti e visitatori, e si trovano in una piazzetta che non è solitamente aperta al pubblico.

«I grandi progetti di evangelizzazione hanno sofferto l’umiliazione nei loro primi momenti; il messaggio di queste opere accompagna l’arte che, senza essere banale, sceglie di educare e la possibilità di reinventare la realtà in questo contesto di guerra tacita che vive il mondo. Paradossalmente, coloro che aiutano di più l’opera evangelizzatrice di questo messaggio sono quelli che proibiscono e censurano», ha spiegato Marmo.

L’opera di questo artista appartiene a quelle «forme espressive attuali» che Papa Francesco vuole portare ai suoi musei, ma non è l’unica. Ed è per questo che ha proposto una mostra con altri artisti come lui, provenienti da diverse parti del mondo. Un progetto che non si è mai concretizzato.

«I musei dovrebbero adattare il tempo e lo spazio. È imminente un cambiamento nello sguardo individualistico che ha segnato il Novecento. Se i musei non riescono a cogliere lo stupore che genera l’arte della gente, saranno schiacciati dagli ego di quelli che sentono di essere più potenti degli artisti — ha affermato Marmo – Nessun critico d’arte è riuscito a trasformare realtà. Sempre, in tutte le epoche, è stato l’immaginario collettivo a influenzare le società tramite gli artisti, veri testimoni dell’invisibile. Bisogna aggiornare lo sguardo per evangelizzare».

E Bergoglio lo aveva detto proprio nel libro “La mia idea sull’arte”: se il Papa possiede dei musei è per evangelizzare, non per finanziarsi. «L’arte può essere un veicolo straordinario per raccontare agli uomini e alle donne di tutto il mondo, semplicemente, la buona notizia di Dio che si fa uomo per noi, perché ci vuole tanto bene. E questo è bello!». Ora i Musei Vaticano hanno l’opportunità di mettersi in gioco e di assumere la nuova direzione indicata da Francesco.

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