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Bagnasco: “L’Europa non tema i migranti ma il pensiero unico”

Vatican Insider - pubblicato il 26/09/16

L’Europa non deve aver paura dei migranti e rifugiati che bussano alle sue porte. Deve piuttosto temere «il cambiamento del modo di pensare che si vuole imporre dall’esterno». Lo ha detto il pomeriggio di lunedì 26 settembre il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e Presidente dei vescovi italiani, aprendo a Roma i lavori del Consiglio permanente della Cei

«Alla luce degli ultimi avvenimenti – ha detto Bagnasco – dobbiamo riaffermare che oggi c’è bisogno di un di più di Europa. È possibile pensare che nel vortice del mondo globalizzato, dove sono saltati molti schemi e parametri, sia possibile vivere allontanandosi gli uni dagli altri? Ciò non ha nulla da vedere con qualche forma di internazionalismo che crea confusione di popoli: essere popolo, infatti, significa avere una propria missione presso la comunità più alta, in quanto si ha un patrimonio di storia e di cultura da offrire. Solo così l’Europa sarà il luogo del superamento di ogni forma di sciovinismo, che mira a primeggiare e a imporsi ai singoli membri: ogni realtà, infatti, diviene ciò che deve essere solo all’interno di una armonia superiore, della comunità spirituale europea. I nazionalismi non si vincono né con l’omologazione forzosa, che è una sottile espressione di violenza, né con l’irenismo miope che è una forma sofisticata di deriva etica e di annullamento identitario».  

Dopo aver ricordato che l’Italia come Paese e la Chiesa italiana sono in prima linea nell’accoglienza, Bagnasco ha osservato: «Più che di tanta povera gente disperata che bussa alle porte del continente, l’Europa dovrebbe temere il cambiamento del modo di pensare che si vuole imporre dall’esterno. Il Papa molte volte ha messo in guardia dalle “colonizzazioni” in atto, che chiama “pensiero unico”: esso vuole costringere a pensare nello stesso modo, con gli stessi criteri di giudizio al di sopra del bene e del male. Propagandare in modo ossessivo certi stili di vita, inculcare il principio del piacere a qualunque costo, esaltare la “dea fortuna” e il gioco anziché il gusto del dovere, del lavoro, della onestà; insinuare il fastidio dei legami, se questi non appagano sempre e comunque, far sognare una perenne giovinezza, spingere alla ricerca di evasioni continue dalla vita reale, non sostenere la fedeltà agli impegni di coppia, di famiglia, di lavoro… tutto questo connota una mutazione culturale che aliena la persona da se stessa e dalla realtà, la appiattisce sul tutto e subito». 

Questo «cambiamento culturale, che muta gli stili di vita» e che secondo Bagnasco si fonda sull’«isolamento delle persone, la paura degli altri, il conflitto tra Stati, la destabilizzazione della famiglia, di gruppi e nazioni» finisce per favorire «approfittatori cinici, e spesso oscuri, attenti a lucrare denaro e potere». «La volontà di omologare le visioni profonde della vita e dei comportamenti – aggiunge il Presidente della Cei – non è il cammino rispettoso di un’Unione Europea armonica e solidale, ma piuttosto un’arrogante rifondazione continentale che i popoli male sopportano, dove il cristianesimo è considerato “divisivo” perché non canta nel coro prestabilito. Emarginare dalla sfera pubblica il cristianesimo non è intelligente». 

Bagnasco fa poi sue le parole di Papa Francesco sul terrorismo, contro la tesi secondo la quale ci troviamo di fronte a una guerra di religione, una «trappola che mira a scatenare un conflitto globale». Il terrorismo infatti, fa notare il cardinale «si serve non solo del fanatismo di gruppi, ma anche del disagio sociale, e soprattutto del vuoto spirituale e culturale di non pochi giovani occidentali che – paradossalmente – spesso cercano un motivo per vivere in una perversa ragione per morire. Come sempre, i mercanti di armi, di petrolio o di potere, speculano nell’oscurità di affari e posizioni d’oro». 

In un passaggio della prolusione Bagnasco, citando il Concilio, il Consiglio di Stato francese e l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, parla del caso «Burkini» sottolineando che «le limitazioni della manifestazione del credo religioso, inclusa la scelta dei vestiti, sono permesse solo in circostanze molto limitate, come la sicurezza, l’ordine e la salute pubblica o la morale». Il cardinale ritiene impossibile poi «non ribellarsi davanti alla mancanza di sensibilità e di rispetto espressa dalle vignette di Charlie Hebdo sulle vittime del terremoto». «Noi – anche a nome del nostro popolo – chiediamo: è questa la società che vogliamo, dove pensiamo di sentirci bene, insieme, solidali, a casa?». 

Bagnasco ha quindi parlato della situazione italiana tratteggiandone un quadro tutt’altro che roseo. «Le nostre parrocchie sono testimoni di come la povera gente continui a tribolare per mantenere sé e la propria famiglia. Vediamo aumentare la distanza fra ricchi e poveri; lo stesso ceto medio è sempre più risucchiato dalla penuria dei beni primari, il lavoro, la casa, gli alimenti, la possibilità di cura. Con speranza sentiamo le dichiarazioni rassicuranti e i provvedimenti allo studio o in atto; ma le persone non possono attendere, perché la vita concreta corre ogni giorno, dilania la carne e lo spirito». Il porporato sottolinea, citando l’Istat, che «i nuovi contratti sono diminuiti del 12,1%, il PIL non è cresciuto, la disoccupazione, tra i 15 e i 24 anni, è salita al 39,2% . Anche la produzione industriale risulta diminuita dello 0.8%».  

Sulla flessibilità, il presidente della Cei dice: «Nessuno può illudersi circa lo stato di disagio o di disperazione legato alla disoccupazione o alla incertezza: la teoria della flessibilità – che può avere le sue ragioni – getta la persona in un clima fluido e inaffidabile. Ci chiediamo: coloro che teorizzano non sono forse i primi ad essere ben sicuri sul piano del proprio lavoro e, forse, del proprio patrimonio?». 

In un passaggio successivo, sempre riferito all’Italia, Bagnasco fa un accenno indiretto alla legge sulle unioni civili: «Moltissimi si domandano perché tanta enfasi e tanto impegno sia stato profuso per altri obiettivi per nulla urgenti. Insieme a molte persone di diverse estrazioni, ribadiamo che la famiglia è la prima forma di società: non può essere paragonata ad alcuna altra forma di unione. Presentare tutto sullo stesso piano – come qualcuno intende – è un errore educativo grave». 

Il cardinale ha poi toccato il tema del fine vita e a partire dal recente caso dell’eutanasia di un minore in Belgio ha affermato: «Il compito vero dello Stato di diritto non è quello di stabilire la vita e la morte, ma – molto più responsabilmente e con impegno concreto – di farsi carico delle situazioni, di non lasciar soli i cittadini specialmente nelle circostanze più drammatiche, come quelle di genitori con figli malati, per accompagnarli e sostenerli in ogni modo».  

Una frase è stata infine dedicata al referendum per la modifica della Costituzione, definito «un importante appuntamento». «Come sempre, quando i cittadini sono chiamati ad esprimersi esercitando la propria sovranità – ha detto Bagnasco – il nostro invito è di informarsi personalmente, al fine di avere chiari tutti gli elementi di giudizio circa la posta in gioco e le sue durature conseguenze». 

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