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Un incontro inaspettato: Oscar Wilde e Pio IX

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Inma Alvarez - pubblicato il 23/09/16
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Quella dello scrittore è stata una personalità estremamente complessa, piena di grandi ombre tra le quali spiccavano incredibili raggi di luce“Le auguro di compiere un viaggio nella vita per giungere alla Città di Dio”. Sono le parole che papa Pio IX rivolse nientemeno che a Oscar Wilde quando lo ricevette in udienza privata nel 1877. Parole profetiche, perché Wilde, poeta e scrittore trasgressore, amante degli eccessi di ogni tipo, imprigionato dalla sua condizione omosessuale, si unì alla Chiesa cattolica poco prima della sua morte.

Egli stesso se lo era augurato anni prima del suo incontro con l’anziano pontefice, quando scrisse “Il cattolicesimo è la sola religione in cui morirei”, e quando condannava amaramente suo padre per non avergli permesso di diventare cattolico da adolescente.

Quando si affronta la figura di Oscar Wilde, ci si trova di fronte a una personalità enormemente complessa, piena di grandi ombre tra le quali spiccano incredibili raggi di luce.

Le sue opere continuano ad essere studiate nelle scuole e affascinano le nuove generazioni. Il problema sorge quando si parla di “quale” Wilde si offre all’attenzione degli studenti. La sua condizione omosessuale e il suo esteticismo trasgressore lo hanno trasformato in un’icona culturale, ma proprio per questo non rendono giustizia alla grande complessità della sua persona e della sua opera. Perché Wilde è stato questo, è vero, ma anche molto di più.

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Paolo Gulisano, esperto di cultura anglosassone, ha già scritto vari libri su Tolkien, Lewis, Chesterton e George MacDonald, e fa suo il senso di un aforisma del poeta irlandese per cui “gli ideali sono cose pericolose.
È meglio la realtà: ferisce, ma vale molto di più”. In altre parole l’autore, per ricostruire un ritratto fedele di Wilde, cerca di evitare l’idealizzazione facile e le etichette.

La tesi di Gulisano, autore del libro Il ritratto di Oscar Wilde, è che l’enigmatico scrittore costituisca un mistero ancora non completamente rivelato.

Approfondendo le sue opere, Gulisano vi trova il fil rouge di una spiritualità profonda, di una ricerca della bellezza accanto alla sete della verità.

“La bellezza ferisce, ma proprio così essa richiama l’uomo al suo destino ultimo”. La frase è del cardinale Ratzinger, ma potrebbe essere di Oscar Wilde, come si deduce da Il ritratto di Dorian Gray o da La ballata del carcere di Reading.

Una lettura attenta delle sue opere permette di scoprire un Wilde che va al di là degli stereotipi: non solo un anticonformista che amava sorprendere la conservatrice società vittoriana inglese, ma anche un lucido analista della modernità con i suoi aspetti positivi e inquietanti; non solo l’esteta, il poeta dell’effimero, il brillante protagonista dei saloni londinesi, ma anche un uomo che, dietro la maschera dell’amoralità, si interrogava e invitava a porsi il problema del bene e del male, del vero e del falso, anche nelle sue commedie (come L’importanza di chiamarsi Ernesto); un uomo scomodo che preferiva la saggezza ai luoghi comuni, combattendo con tenacia contro le false certezze della sua epoca.

Wilde è stato un uomo di sentimenti grandi e intensi, che dietro la leggerezza della sua scrittura e la maschera della frivolezza e anche del cinismo nascondeva una profonda consapevolezza del misterioso valore della vita.

“Oggi la gente sa il prezzo di tutto, ma non dà valore a niente”, dice ne Il ritratto di Dorian Gray. “Dietro ogni cosa preziosa c’è qualcosa di tragico. Il mondo deve soffrire per far sbocciare il fiore più umile”.

Wilde, afferma Gulisano, è stato un uomo alla costante ricerca del bello e del buono, ma anche di quel Dio che non è mai arrivato a odiare, che ha rispettato con eleganza cavalleresca e dal quale si è lasciato abbracciare dopo la drammatica esperienza del carcere, arrivando al Battesimo sul letto di morte.

La vita di Oscar Wilde può intendersi come un difficile e tortuoso cammino verso quella terra promessa che dà senso all’esistenza. Un cammino con molte cadute in tremendi precipizi e macerie insormontabili, con grandi periodi di malvagità e oscurità, non adatto a persone normali che vogliono vivere una fede comoda e senza scossoni.

Ma lo diceva lo stesso Wilde: la religione cattolica “era solo per i santi e i peccatori. Per le persone rispettabili va benissimo anche quella anglicana”.

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Fonte: Quando Oscar Wilde incontrò Pio IX, di Andrea Monda, pubblicato su L’Osservatore Romano il 15 luglio 2009

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