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Vocazione nata da un tentato suicidio

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Shutterstock /Jan Faukner

SIAME - pubblicato il 22/09/16

L'unica cosa che ho detto in quel momento è stata: “Non farlo!”, al che lei ha risposto: “Che senso ha la vita?”

Dopo aver fatto colazione con miei amici, mi sono congedato da loro e come tutti i giorni sono sceso lungo la avenida Constituyentes per prendere la metropolitana. All’angolo di calle Rincón Gallardo ho visto una donna che piangeva seduta su una panchina. Ero al mio ultimo anno di liceo, e l’interesse per la vita mi ha fatto avvicinare a lei per chiederle perché stesse piangendo. La sua risposta è stata: “Sto bene, non ho niente”. Si è alzata, ha fatto qualche passo davanti a me e insieme siamo saliti sul ponte.

Sono rimasto colpito quando ho visto che quella donna voleva gettarsi dal ponte. Ho guardato indietro per vedere se ci fosse qualcun altro, ma eravamo da soli. L’unica cosa che ho detto in quel momento è stata: “Non farlo!”, al che lei ha risposto: “Che senso ha la vita?”

Nella mia mente di 18enne ho pensato solo a correre, prenderla per mano e dirle: “C’è qualcuno che la sta aspettando”. La signora si è girata verso di me e con gli occhi pieni di lacrime mi ha detto: “Lasciami, ragazzo!” Ho pensato di farlo, ma poi le ho detto: “No! A casa sua c’è qualcuno che la aspetta. Pensi ai suoi figli, a suo marito, ai suoi nipoti”.

La signora, tremante, ed io siamo scesi dal ponte e ci si siamo diretti verso il parco Lira. La mia intenzione era tranquillizzarla ed evitare che si togliesse la vita. Son andato alla delegazione Miguel Hidalgo, ma nessuno ha voluto aiutarmi. Mi hanno detto che non avevano tempo, di lasciarla lì e che la signora si sarebbe tranquillizzata. Deciso e con i brividi che mi percorrevano tutto il corpo, le ho chiesto dove si stava dirigendo, e lei mi ha risposto: “Vado a scuola a prendere mia nipote”. Mi sono offerto di accompagnarla. Lungo il tragitto mi ha raccontato i suoi problemi. L’ho ascoltata attentamente, mi sono congedato e l’ho invitata a mettere le sue difficoltà nelle mani di Dio.

Tutti i giovedì, come al solito, andavo a fare colazione con i miei amici. Tre mesi dopo, una signora si è avvicinata per salutarmi. Non l’ho riconosciuta e le ho domandato chi fosse: “Sono la signora del ponte”. Non l’ho riconosciuta subito, perché era molto cambiata. Abbiamo parlato un po’ e mi ha detto: “Avevi davvero ragione quando mi hai detto che Dio mi ascoltava”.

I suoi problemi non erano scomparsi, ma erano diminuiti. Mi ha chiesto cosa studiassi, e ho risposto che ero all’ultimo anno del liceo e mi preparavo a studiare Medicina. Mi ha chiesto: “Non ti piacerebbe studiare Psicologia o diventare sacerdote?”

In quel momento la cosa mi ha fatto sorridere, e le ho risposto: “Se non riesco a risolvere i miei problemi, men che meno posso prendermi cura di quelli degli altri”. Lei ha risposto molto seria: “Dovresti pensarci”.

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Quell’evento è stato il detonatore della mia vocazione e ha originato il mio interesse a entrare in seminario. Sono Jesús García, ho 21 anni e attualmente seguo il secondo anno di Filosofia, e prego Dio per quella signora, della quale non conosco né il nome né altro. Prego perché ovunque si trovi la guidi, si prenda cura di lei e la protegga, perché la sua testimonianza è stato quello che mi ha fatto sentire davvero la voce di Dio.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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