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Elogio della fragilità

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Jonathan Emmanuel Flores Tarello-CC

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 21/09/16

In un tempo di ricerca spasmodica del potere, ritrovare il cuore dell'uomo

In un’epoca caratterizzata dal superomismo, dalla perfezione a tutti i costi, del “soddisfatti o rimborsati” si è persa la capacità di pensare all’esistenza umana come ad un qualcosa di fragile per sua stessa natura, per questo bisognosa di Grazia, per ciò stessa bisognosa di relazioni, di amore, di comprensione, di misericordia. A ricordare a noi e anche ad una disciplina talvolta votata allo “sterminio” delle fragilità interiori, cioè psicoanalisi, questa necessità, ovvero quella di tenere in vita come preziosa certe nostre fragilità, è Eugenio Borgna che in un articolo di Avvenire (23 agosto) racconta la sua ultima esperienza come psicoanalista in un carcere femminile a Novara.

Come definire la fragilità? Fragile è una cosa (una situazione) che si può rompere, e fragile è un equilibrio emozionale che si può frantumare, ma fragile è anche una cosa che non può se non essere fragile: questo è il suo destino. Sono fragili, e si possono rompere, non solo quelle che sono le nostre emozioni e le nostre ragioni di vita, le nostre speranze e le nostre inquietudini, le nostre tristezze e i nostri slanci del cuore, ma anche le nostre parole che non sempre sanno consolare, e ridare speranza al dolore. (L’area semantica della fragilità sconfina senza fine in quella della debolezza e della sensibilità che ne completano gli orizzonti tematici.) Quali emozioni si possono considerare fragili? Sono fragili la tristezza e la timidezza, la mitezza e la speranza, la gioia e la tenerezza, la nostalgia e le lacrime, che, se non fossero fragili, perderebbero il loro fulgore e la loro significazione umana. Le emozioni fragili si scheggiano facilmente, non resistono all’avanzata dei ghiacciai della noncuranza e della indifferenza, delle tecnologie trionfanti e degli idoli consumistici; ma cosa sarebbe la speranza se non fosse nutrita e intessuta di fragilità? Non sarebbe se non una delle tante problematiche certezze che, nella loro impenetrabilità al dubbio, svuotano di senso la vita. Anche la gioia è una emozione fragile e luminosa: sgorga in noi, come una fontana d’acqua in alta montagna, dalla vita interiore, e fragile è la tristezza dell’anima, che non è mai estranea alla fragilità; e a ciascuno di noi è demandato il compito di ricercare le tracce della gioia e della speranza, della tristezza dell’anima, nei volti e negli sguardi, negli occhi e nel sorriso delle persone che la vita ci fa incontrare

Nella nostra vita fatta di fretta, di angoscia, di competizione sfrenata le fragilità al massimo possiamo cercarle per sfruttarle contro l’altro, raramente per capire e quindi – umilmente – tentare una mediazione con l’altro.

Non ci sono nondimeno solo le fragilità del corpo e dell’anima, che sono visibili nella loro fenomenologia, ma ci sono anche le fragilità che si nascondono nelle sensibilità ferite dalla timidezza e dalla tristezza, dalla inquietudine dell’anima e dal silenzio. Sono umane fragilità che ci passano accanto nella vita di ogni giorno, e non è facile riconoscerle. Sono fragilità che gridano nel silenzio dell’anima, e sono udite solo quando ci siano in noi sensibilità e attenzione che, quando è ardente, come dice Simone Weil, appartiene all’ordine della grazia. Riconoscere queste fragilità, le fragilità che vivono segrete nel cuore delle persone nei diversi luoghi della loro vita, è cosa ancora più importante, vorrei dire, che non quella di riconoscere le fragilità che sono in noi. Recuperare il significato della fragilità, la sua complessità, e le sue metamorfosi, e riconoscerne le tracce negli altri, è un dovere morale, un servizio, al quale siamo tutti chiamati.

Senza voler scambiare fragilità e debolezza, è nella prima che si trova in nuce il buon animo del cristiano

La fragilità è desiderio di ascolto, di gentilezza, di servizio a sé e agli altri, e ci consente di sfuggire al fascino stregato delle ideologie, al deserto della indifferenza e dell’egoismo, della aggressività e della violenza. Come dice von Hofmannsthal, il grande scrittore austriaco, il più pericoloso avversario della forza è la fragilità. Le persone fragili conoscono la tristezza dell’anima, e non l’immagine gelida del potere, sono inclini di natura ad ascoltare le persone che hanno bisogno di aiuto, le più sole e le più povere in particolare, sentendole vicine alla loro sensibilità. Mai le persone fragili sono capaci di fare del male, e la fragilità dischiude il loro cuore alla gentilezza e alla tenerezza, alla comunione e alla solidarietà, alla preghiera; e come non pensare, leggendo i manoscritti autobiografici di santa Teresa di Lisieux, alla sua arcana fragilità?

In conclusione Borgna cita la seconda lettera di san Paolo ai Corinzi (12, 9 10). «Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte». C’è altro da aggiungere?

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