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Spiritualità
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La differenza tra un cristiano che prega e uno che non lo fa spiegata in due immagini

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shutterstock

Catholic Link - pubblicato il 20/09/16

di Garrett Johnson

Provando a condividere la mia fede con gli altri, spesso ho difficoltà a spiegare il concetto di preghiera. Fa davvero la differenza? Non è sufficiente aiutare gli altri, essere una “brava persona”?

Sebbene questa logica possa convincere molti – a volte io stesso ci cado – nulla è più distante dal cuore del cristianesimo. La virtù senza la preghiera è come un cristianesimo affetto da Alzheimer. Preferiamo la routine ai momenti di profonda intimità, momenti che potrebbero essere piacevoli benché impegnativi. Per farla semplice, un cristianesimo senza preghiera è un corpo senza anima.

Detto ciò, la preghiera è tutto sommato facile, richiede una semplice decisione: abbracciare il silenzio e offrire il proprio cuore. Ma è un percorso graduale e spesso irregolare.

Per illustrare meglio questo punto, vorrei chiedervi: avete mai notato la differenza tra l’arte sulle pareti laterali delle chiese (soprattutto nelle chiese decorate in modo più tradizionale) e quella dell’abside, attorno all’altare? Prendiamo ad esempio la cattedrale di Cefalù, in Sicilia. Cosa notate camminando in questa bellissima chiesa del 1131?

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Un cristiano che non prega: uno sguardo dall’esterno

Sulle parete laterali della chiesa, troviamo una serie di immagini che mostrano scene dal Vecchio e dal Nuova Testamento. Occupano tutta la navata che punta all’altare. Camminiamo lungo il sentiero della storia della Salvezza, ammirando molte storie del rapporto tra Dio e l’uomo.

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Lo facciamo da osservatori esterni. Come se stessimo leggendo un libro di storia o un romanzo, apprendiamo di ciò che è successo tra Dio e le altre persone. Ma noi siamo fuori dalla scena.


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Ecco cosa siamo quando non preghiamo: spettatori del cristianesimo. Assistiamo alle scene d’amore tra Dio e l’uomo. E per quanto possa essere toccante, immaginate di leggere storie d’amore per tutta la vostra vita senza mai avere alcun tipo di relazione sentimentale! Senza mai ricevere davvero uno di quegli sguardi d’amore!

Possiamo sentir parlare della nostra fede a Messa, o a lezione di catechismo. Possiamo imparare la vita dei santi e persino provare ad imitare le loro buone opere. Possiamo servire alla mensa per i poveri o fare altre opere di beneficienza. Tutte queste sono iniziative eccellenti che in effetti ci avvicinano a Dio. Ma non possiamo accontentarci di questo! Non possiamo dimenticarci dell’essenza del cristianesimo!

Senza un incontro più profondo e personale con Cristo, rischiamo di distrarci con una semplicità incredibile. Invece di Cristo, mettiamo altre cose al centro della nostra spiritualità: gli incarichi che dobbiamo svolgere, la formazione che dobbiamo conseguire, la liturgia che dobbiamo compiere in maniera impeccabile, ecc.

Il punto di svolta

Uno dei modi migliori per rimettere Cristo al centro della tua vita cristiana è di continuare a fare ciò che fai, cambiando però leggermente prospettiva. La prossima volta che ascolti un’omelia, che prendi la Bibbia, che leggi un libro sulla vita di un santo, o che impieghi il tuo tempo nel servizio ai poveri, invece di concentrarti su ciò che stai ascoltando o facendo, chiediti: “Perché?”.

Quando leggi le storie di salvezza sia dal Vecchio che dal Nuovo Testamento, o le storie dei santi, non concentrarti più di tanto sul desiderio di imitare le loro opere. Permetti invece all’amore di Cristo di ispirarti. Piuttosto che fare ciò che queste persone hanno fatto, dovremmo imparare a seguire lo sguardo del loro cuore. Se dopo una lettura una parte di voi non è del tutto spinta a entrare nel silenzio e a sentire lo sguardo amorevole di Cristo, qualcosa potrebbe essere andato storto.

Dante lo descrive magistralmente in una scena della Divina Commedia. Entrando in paradiso, Dante intravede Beatrice per la prima volta:

Quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia sì non li s’affisse unquanco.
Così de l’atto suo, per li occhi infuso ne l’imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr’ uso.
Lo sguardo di Dante si incrocia con quello della sua amata Beatrice, trovandosi di fronte ad un’espressione incantevole, così piena di luce e di amore. E quel sole (Dio) lo spinse a fare lo stesso. La cosa incredibile è che la stessa impostazione architettonica e artistica delle nostre chiese ci spingono ad agire nella medesima maniera!

Un cristiano che prega: un incontro faccia a faccia

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Continuando a camminare lungo la chiesa, abbiamo raggiunto l’altare. Lì alziamo lo sguardo e scopriamo alcuni cambiamenti radicali.

Siamo passati da una struttura lineare ad una circolare: la struttura lineare simboleggia l’ordine cronologico tradizionale in cui un evento accade dopo un altro. La struttura circolare, invece, rappresenta   l’ordine cronologico dell’eternità. Il cerchio è da sempre un simbolo dell’infinito (non ha mai fine). È qui che approcciamo dunque la presenza dell’eternamente Presente. Analogamente, quando ci apriamo a Cristo nella preghiera, la logica dell’eternità inizia a prevalere sulla nostra logica quotidiana fatta di preoccupazioni e stress. Le interminabili liste di cose da fare vengono finalmente relegate dove appartengono. Ogni cosa è organizzata in due semplici categorie: ciò che appartiene all’amore, e che quindi è eterno, e ciò che appartiene all’odio, e che è dunque effimero e inutile.


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È la stessa esperienza dell’imprenditore che torna a casa, dopo una lunghissima giornata di preoccupazione, numeri da far quadrare e risultati da ottenere. Bastano un semplice sguardo da parte della moglie e l’abbraccio dei bambini attorno alle sue gambe a ricordargli ciò che è davvero importante nella vita.

Lo sguardo diretto di Cristo: cosa ancora più importante, i nostri occhi vengono accolti dalla presenza di Cristo, nostro Salvatore. Eppure Cristo era presente anche nelle altre scene che abbiamo visto finora lungo le pareti laterali. Cosa c’è di diverso qui? La sua posizione frontale e diretta, Lui sta guardando direttamente noi. In questo luogo sacro – soprattutto durante il momento del sacrificio Eucaristico – siamo invitati a compiere il passaggio tra l’essere spettatori esterni all’essere membri attivi in una relazione: è il momento dell’incontro faccia a faccia con il nostro Amato.

Attenzione però! Perché incontrare Lui (così come ogni altro incontro personale) significa che non si sbircia più dalle tende, ma si è protagonisti, si è sul palco. Ci si espone, si diventa vulnerabili. Il Suo sguardo è pieno di amore, e Lui vuole trasformarci in amore puro! Ecco cos’è la preghiera.

Un cristiano che prega nutre la sua vita con lo sguardo contemplativo di Cristo. Troppi cristiani cadono in una sorta di moralismo ansioso o, al contrario, in una sorta di lassismo indifferente perché abbiamo dimenticato o mai sperimentato questo incontro tra il nostro sguardo e quello di Cristo. E questo sguardo può essere trovato soltanto nella preghiera (e bisogna cercarlo!)

Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. (Giobbe 42:5).

Ti consiglio la visione di questo video eccezionale di Msgr. Barron: “The Disorienting Quality of Real Prayer

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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