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L’incubo di padre Jacques Hamel? Le omelie

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Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 16/09/16
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Il suo breviario donato come reliquia. Il suo vescovo: uomo mite che faceva il suo dovere, vuoto il dossier su di luiPer padre Jacques Hamel una delle fatiche maggiori era preparare le omelie. Ogni volta che si metteva a scrivere, riempiva il cestino di cartacce, non era mai soddisfatto. E, in ogni caso, leggeva sempre il suo “discorso” a una delle suore che lo aiutavano, per essere sicuro che funzionasse. Fino alla fine, a 86 anni. Un’immagine quasi tenera, che affiora nel racconto del vescovo, monsignor Dominique Lebrun. Padre Jacques era uno dei suoi sacerdoti, parroco da quasi 60 anni nella diocesi di Rouen, in Francia. È stato ucciso il 26 luglio scorso da due fondamentalisti islamici, mentre celebrava la Messa. Monsignor Lebrun ha consultato il dossier relativo a padre Jacques: “Era vuoto, non c’è niente. Non si parla di lui. Mai una storia, una lamentela, una cosa gloriosa. Era un uomo umile e mite, un uomo tranquillo che faceva il suo dovere”. In questi giorni, monsignor Lebrun ha guidato un pellegrinaggio della sua diocesi a Roma. Durante una Messa di suffragio a Santa Marta, Papa Francesco ha chiamato “beato” questo prete piccolo e tenace, che non ha mai abbandonato il suo campo di battaglia, o meglio di semina. Padre Hamel ha continuato fino all’ultimo respiro a parlare di dialogo, ascolto, amicizia. Era impegnato a costruire pace e fraternità intorno a sé, nella sua comunità e con le altre comunità religiose.

Quando monsignor Lebrun si è sentito rivolgere dalla Comunità di Sant’Egidio l’invito a donare una reliquia che potesse essere ospitata a San Bartolomeo all’Isola Tiberina, la chiesa di Roma dedicata ai martiri contemporanei, ha detto sì, sebbene ancora con qualche riserva. “Pensavo: forse è troppo presto, forse corriamo troppo. Poi ho sentito le parole del Papa e ho capito che mi ero sbagliato, lui va più veloce di me. Forse era troppo presto per il mio piccolo cuore, che voleva conservare ancora per noi padre Jacques”. Così il 15 settembre è stato “di cuore” che monsignor Lebrun ha consegnato il breviario appartenuto al sacerdote francese, aperto sulla pagina del 25 luglio, “l’ultima giornata che ha passato a pregare” per la sua comunità e anche “il suo onomastico, festa di un apostolo di cui partecipava con il suo sacerdozio alla missione apostolica della Chiesa”. Durante una veglia di preghiera molto partecipata, sono risuonate le ultime parole scritte da padre Jacques alla sua comunità, in una lettera del giugno scorso, in cui invitava a “prenderci cura di questo mondo, a farne, lì dove viviamo, un mondo più caloroso, più umano, più fraterno”.

Parole che tante volte avrà ripetuto, e che suonano ora come profezia ed eredità di questo sacerdote. “Vogliamo prendere questa strada della fraternità con tutti, anche con i nostri fratelli musulmani – ha detto il vescovo di Rouen -. Preghiamo perché sia possibile. Non facile, neanche per me. Rivolgerò loro la domanda di Papa Francesco: sarebbe tanto bello che tutte le confessioni religiose dicano che ammazzare in nome di Dio è satanico, cioè non corrisponde al cuore umano. È il segno degli angeli ribelli, ma non vinceranno. In fondo, non hanno vinto con padre Jacques: siamo qui, vivi, sul cammino della fraternità”. Sebbene il martirio di padre Jacques sia evidente, per la beatificazione vera e propria c’è da attendere ancora, almeno cinque anni prima di aprire la causa, “ma il tempo corre veloce”. Monsignor Lebrun ha già cominciato a pregare per l’intercessione di questo suo sacerdote: “Gli ho già chiesto tante cose, specialmente ho pregato per le vocazioni sacerdotali in Francia e in Occidente, uomini che veramente rendono presente il Signore Gesù”.