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5 cose che Cristo ci ha insegnato coi suoi gesti e col suo corpo

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Flickr.com/ Creative Commons/ © Quinn Dombrowski

Catholic Link - pubblicato il 15/09/16

E noi che faccia abbiamo quando parliamo di Dio?

Di Sebastian Campos

Gesù deve aver avuto una grande capacità di comunicazione non verbale (se la gente aveva il coraggio di avvicinarsi a Lui), ed era sicuramente dovuto al fatto che veniva ritenuto accogliente e mostrava di avere tempo da dedicare alla gente. È probabile che, non essendoci sistemi di amplificazione, molti dei suoi messaggi diffusi in pubblico non si riuscissero a sentire molto bene, ma tutto il suo modo di esprimersi comunicava la buona novella, e questo ha conquistato il cuore di molte persone.

Noi cristiani, seguaci e imitatori di Cristo, teoricamente cerchiamo di essere come Egli ci invita ad essere, sia a parole che con i fatti. Se guardiamo al nostro modo di relazionarci agli altri dovremmo pensare: “Com’è la nostra comunicazione non verbale? Comunichiamo quello che vogliamo dire realmente?” Papa Francesco, parlando di come noi cristiani dovremmo esprimere la nostra allegria e la nostra speranza agli altri, diceva che molti hanno una “faccia da peperoncini all’aceto”. Che faccia hai quando parli di Dio?

Secondo l’autore che ho studiato sul tema della comunicazione non verbale, troveremo che il nostro atteggiamento consiste di varie componenti allo stesso tempo, come l’atteggiamento del corpo, i movimenti facciali, il vestiario, lo sguardo, il sorriso… Consideriamo 5 di questi elementi per invitarvi a riflettere e ad analizzare il modo in cui comunichiamo. Condividete poi il tutto con il gruppo in cui fate apostolato, per poter affrontare insieme a loro queste situazioni di comunicazione. 

5 cose che Cristo ci ha insegnato coi suoi gesti e col suo corpo

1. Ad accogliere con tutto il proprio essere (incluso il corpo)

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Avete sicuramente sentito che mentre state ascoltando qualcuno non è una buona idea stare con le braccia e le gambe incrociate perché il messaggio che si invia è di negazione e rifiuto nei confronti di quello che si sta ricevendo. Pensate a quale atteggiamento corporeo avevate durante l’ultima omelia che avete ascoltato a Messa, nella riflessione che avete ascoltato nel vostro gruppo o nella vostra comunità o quando avete parlato di qualcosa di importante con un amico. Credete di poter comunicare reverenza, amore e attenzione o disinteresse e noia?


2. A essere sinceri con le espressioni del volto

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A mo’ di testimonianza personale: ho scoperto che mentre ascoltavo le conferenze e gli interventi più importanti della mia vita (quelli che mi hanno colpito per il meraviglioso contenuto e per il carisma dell’oratore) avevo un viso serio e inespressivo che non dimostrava quanto fossi emozionato. In sé non c’è niente di male, ma molte volte dobbiamo accogliere i nostri amici e i nostri cari in momenti difficili e altrettante volte ci vengono affidati progetti e lavori importanti. In qualunque di queste circostanze non sempre la nostra espressione riesce a comunicare ciò che sta accadendo nel nostro cuore. Come esprimere amore come cristiani senza dirlo? Che faccia avrà fatto Gesù per far sentire perdonata e salvata tanta gente?


3. A imparare che il nostro modo di vestire riflette chi siamo

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Ogni volta che in parrocchia c’è qualche celebrazione importante, i giovani mi chiedono come devono andare vestiti. Ovviamente non possono andare in calzoncini corti e maglietta, ma nemmeno in smoking. La mia risposta è sempre: “Immagina di andare a conoscere i tuoi suoceri perché ti hanno invitato a pranzo la domenica”. Ci sono due possibilità: il tuo modo di vestire si adatta alla situazione (il che è caldamente raccomandato) o il tuo modo di vestire invita a che la situazione si adatti a te.

Essere prudenti e adeguati è fondamentale, non per risultare graditi ed essere ipocriti, ma per rispetto e carità nei confronti degli altri. Non è questione di avere vestiti belli e costosi, ma di adattarsi alla situazione. È poco probabile che Gesù, anche se semplice (non aveva neanche un posto su cui poggiare la testa), fosse vestito in modo trascurato, visto che sapeva di essere un personaggio pubblico. Non si tratta di sentirsi obbligati o meno a vestire in un modo o nell’altro, ma del fatto che gli abiti che indosso dicono qualcosa di me.

4. Ad essere sinceri e vicini al momento di avvicinarci agli altri

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Di fronte a una persona afflitta, è diverso dire semplicemente “Sono con te” che dirlo mentre le si mette una mano sulla spalla. Il contatto fisico è un elemento importante per esprimere vicinanza e affetto. Se si è attenti allo spazio dell’altro e si rispettano i limiti, è uno strumento di comunicazione potente, soprattutto per noi che facciamo apostolato. Gesù è sempre stato vicino e in contatto con coloro che ha guarito. Ha permesso che gli si avvicinassero ed era disponibile ad accogliere tutti.


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5. Ad avere uno sguardo reverente nei confronti di ciascuno

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Al giorno d’oggi la questione degli smartphone ci pone di fronte a una grande sfida riguardo al “guardare negli occhi”. Non demonizziamo gli apparecchi tecnologici. Siamo noi che sbagliamo a usarli, non è colpa loro. Ascoltare guardando negli occhi, parlare guardando la persona con cui si parla, permettersi che ci si riempiano gli occhi di lacrime o di gioia è fondamentale per comunicare bene. Un’eccellente riflessione su Gesù, con una base teologica impeccabile e una grande presentazione audiovisiva, non vale nulla se non guardiamo chi abbiamo di fronte. Un “Ti amo” mentre si guarda lo schermo non ha la stessa forza che se viene pronunciato guardando negli occhi. I tuoi occhi spaziano altrove quando ascolti o dici cose importanti?

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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