L’altro giorno ho raccolto una bambina a Calcutta. Dai suoi occhi scuri ho capito che aveva fame. Le ho dato un po’ di pane e lo stava mangiando una briciola alla volta. “Mangia il pane, hai fame” ho detto. Le ho chiesto perché mangiasse così lentamente. “Ho paura di mangiare in fretta. Quando finirò questo pane, avrò presto di nuovo fame” ha risposto. “Mangia pure più rapidamente, te ne darò ancora”, ho promesso. Quella bambina piccola conosce già il dolore della fame. “Ho paura”. Vedete: noi non lo conosciamo. Come potete vedere, non sappiamo cosa sia la fame. Non sappiamo cosa significhi provare dolore per colpa della fame.
Ho visto bambini piccoli morire per (la mancanza di) una tazza di latte. Ho visto madri soffrire terribilmente perché i figli morivano di fame tra le loro braccia. Non dimenticate! Non vi chiedo soldi. Voglio che diate con il vostro sacrificio. Voglio che sacrifichiate qualcosa che vi piace, qualcosa che vorreste avere per voi stessi.
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Un giorno venne alla nostra casa una donna poverissima. “Madre”, disse, “vorrei aiutarvi, ma sono molto povera. Ogni giorno vado di casa in casa a lavare i panni degli altri. Devo sfamare i miei figli, ma voglio fare qualcosa. Per favore, lasciami venire ogni sabato a lavare i vestiti dei tuoi bambini per mezz’ora”. Fu come se quella donna mi avesse dato più di mille rupie, perché mi donò completamente il suo cuore.
(Dal libro “Madre Teresa. Il miracolo delle piccole cose”, curato da Brian Kolodiejchuk, Rizzoli)
Ricordo una donna, madre di dodici figli, l’ultimo dei quali, una bambina, era afflitta da mutilazioni così terribili che non riesco a descriverle. Quando mi sono offerta di accogliere la piccola nella nostra casa, dove ci sono molti altri bambini nelle sue condizioni, la donna è scoppiata in lacrime e ha detto: “Per l’amor del cielo, Madre, non me ne parli nemmeno. Questa creatura è il più grande dono che Dio abbia fatto a me e alla mia famiglia. Le dedichiamo tutto il nostro amore. Se ce la portasse via la nostra vita sarebbe vuota”. Il suo era un amore pieno di dolcezza e comprensione. Oggi esiste ancora un amore simile? Ci rendiamo conto che i nostri figli, mariti, mogli, genitori, fratelli hanno bisogno di quella comprensione e del calore della nostra mano?
Non dimenticherò mai il giorno in cui, mentre mi trovavo in Venezuela, ho fatto visita a una famiglia che ci aveva regalato un agnello. Sono andata a ringraziarli e ho scoperto che avevano un bambino storpio. Quando ho chiesto alla madre: “Come si chiama il piccolo?” la donna mi ha dato una risposta stupefacente: “Lo chiamiamo ‘Maestro d’amore’ perché ci insegna di continuo come amare. Tutto quel che facciamo per lui rappresenta il nostro amore attivo per Dio”.
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Un giorno ho trovato tra i rifiuti una donna che bruciava di febbre. In fin di vita, continuava a ripetere: “E’ stato mio figlio!”.