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5 santi che erano stati dei grandi peccatori

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Philip Kosloski - pubblicato il 26/08/16
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C'è ancora speranza per noi!

C’è ancora speranza per noi!

I santi, come ben sappiamo, non erano perfetti. Durante la loro vita hanno commesso degli errori e spesso, prima di convertire i loro cuori a Cristo, hanno condotto una vita pubblica fatta di depravazione.

È una buona notizia.

Perché ci da speranza sul fatto che persino i nostri cuori freddi, così distanti da Dio, possano volgersi a Lui e ricevere una nuova vita.

I santi ci sembrano sempre “troppo santi” per essere imitati, ma in realtà ci assomigliano molto più di quello che crediamo. Hanno lottato per superare le stesse dipendenze, sono caduti negli stessi peccati e cattive abitudini che oggi ci danno così tanto fastidio.

Rallegriamoci dunque, perché questi uomini e donne di santità – che però non sempre lo furono – hanno potuto superare, per la grazia di Dio, i grandi ostacoli della vita. E diventare illuminanti esempi di virtù.

(Per leggere altre storie di santi che sono stati dei peccatori, vi raccomando questo libro di di Thomas Craughwell).

San Matteo

A nessuno piace pagare le tasse, e l’antica Israele non faceva eccezione. Durante il primo secolo i romani reclutavano dei privati per riscuotere i tributi, e questi collettori ne approfittavano per estorcere denaro alle persone e prendere più soldi possibile. Tutti li odiavano e la loro avidità era ben nota.

Ecco perché quando Gesù ha chiesto a Matteo di “seguirlo” molti sono rimasti scioccati e scandalizzati. Come poteva Gesù condividere il suo cibo con “collettori di tasse e peccatori”?

Matteo – diventato un uomo nuovo – andò dietro a Gesù e scrisse quello che ancora oggi conosciamo come il Vangelo di San Matteo.

San Disma

Non conosciamo molto del “buon ladrone” crocifisso insieme a Gesù, ma sappiamo che il crimine di Disma si pagava con la croce. Secondo uno studioso della Bibbia, “due delle [tipologie di criminali condannati alla crocifissione] più comuni era quella dei banditi e dei nemici dello Stato…

Tra i banditi veniva compreso anche lo schiavo che, fuggito dal padrone, aveva commesso un crimine. Se arrestato, questo schiavo poteva essere crocifisso.

C’erano due ragioni per cui questi criminali erano soggetti a una morte così artificiosa, lenta e umiliante.

La crocifissione rappresentava la pena ‘definitiva’ per il crimine commesso, ma soprattutto fungeva da ‘spettacolo’ per gli altri schiavi che stessero pensando di scappare o commettere un crimine. Un deterrente che mostrava cosa sarebbe potuto capitare loro”.

Nei suoi ultimi momenti di vita, Disma comprese la gravità dei suoi crimini e, dalla croce, difese Gesù dagli scherni del “cattivo ladrone”: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male» (Luca 23:40-41).

Gesù riconobbe la sincerità del suo pentimento, e disse: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». In seguito a una vita di peccato, Disma meritò il perdono proprio appena prima di morire.

Sant'Agostino

Anche se cresciuto da una madre cristiana, Sant'Agostino – come molti studenti del suo tempo – condusse una vita di manicheismo pagano. Durante questo periodo ebbe una relazione con un'amante, dalla quale nacque un figlio. Stettero insieme molti anni, ma non si sposarono mai. Nel tempo la donna pose fine alla relazione.

L'esempio migliore sull'asprezza della sua vita di peccato che ci dà Sant'Agostino è il famoso episodio del "furto delle pere". Ne parla nelle Confessioni.

“Volli commettere un furto, e lo commisi senza essere in miseria: o forse sì, povero com'ero di giustizia, che avevo a noia, e straricco di iniquità. Rubai quello che avevo in abbondanza e di qualità molto migliore, e del resto non era per goderne che volevo rubarlo, ma per il furto stesso, per il peccato”.

Dopo essersi convertito, Agostino si battezzò, si fece sacerdote, poi vescovo e fu, dopo la sua morte, "Dottore della Chiesa”.

Pelagia era un'attrice – tanto famosa quanto libertina – del V secolo. San Giovanni Crisostomo disse di lei: "Non c'è niente di più osceno di lei sul palco".

Craughwell descrive anche la natura del suo peccato: "Gli uomini che prendeva per amanti diventavano ubriachi di lei. Pelagia si unì con padri che abbandonarono i figli, uomini facoltosi che dispersero ogni ricchezza. Riuscì addirittura a sedurre il fratello dell'imperatrice. Nel tentativo di descrivere il potere che Pelagia esercitava sugli uomini, San Giovanni contemplò anche la possibilità che la donna li drogasse o che facesse uso di stregoneria".

Non si conosce molto della sua conversione, se non che molto probabilmente ascoltò un'omelia sulla misericordia di Dio, per bocca di un vescovo, e subito dopo chiese di venire istruita nella fede e quindi battezzata.

Si ritiene che in seguito si fece monaca e trascorse il resto dei suoi giorni in preghiera.

Nel secolo IV fuggì dalla propria casa giovanissima e fece la prostituta per diciassette anni, nella città di Alessandria. un gruppo di pellegrini che si stavano imbarcando per Gerusalemme e, spinta dal desiderio di lasciare l'Egitto per visitare nuove terre, s'imbarcò con loro, seducendoli uno dopo l'altro.

Ma non sempre si faceva pagare per i suoi servizi, perché le piaceva la sfida di sedurre uomini giovani. Era affascinata dalle "avventure sessuali" e si lasciava andare alle sue passioni.

Più tardi Maria confessò: "Non c'è depravazione alcuna – nominabile o innominabile – della quale io non sono stata maestra”.

In cerca di nuove esperienze, si unì a un gruppo di pellegrini in cammino verso Gerusalemme, si imbarcò con loro e li sedusse tutti, prima di arrivare a destinazione.

Tuttavia, appena arrivata nella Città Santa, Maria si pentì dei suoi peccati e si riconciliò con la Chiesa.

Passò il resto della sua vita come eremita nel deserto. Lottò continuamente contro la tentazione di tornare alla sua vita depravata, fino a quando Dio le concesse pace per l'anima sua.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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