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L’insostenibile leggerezza del Fantasy

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Pixabay.com/Public Domain/ © waldomiguez

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 13/08/16

Chi può ancora sostenere che il Fantasy sia un genere di serie B?

Negli ultimi quindici anni la letteratura fantastica ha raggiunto un enorme successo di pubblico coinvolgendo lettori di tutte le età. Le trasposizioni cinematografiche hanno contribuito a determinarne in parte gli ottimi livelli di consenso, e hanno così favorito la crescita dell’offerta di prodotti letterari fantasy.

Come è stata possibile una tale affermazione?

“Il Fantastico nella letteratura per ragazzi. Luci e ombre di 10 serie di successo” (Runa editrice) è un’antologia saggistica che analizza altrettante fortunate saghe, italiane e straniere, presentandone gli aspetti luminosi e quelli più oscuri, come recita il sottotitolo del libro. Spesso gli adulti poco avvezzi a tali letture reputano, erroneamente, la letteratura fantasy adatta solo a un pubblico giovane o giovanissimo: proprio per questo l’antologia curata da Marina Lenti ha come intento quello di avvicinare il lettore distante e dubbioso a questo mondo fantastico.

Tra le diverse serie presentate nel testo abbiamo scelto di concentrarci sull’epica fiabesca di Narnia (C. S. Lewis) e sulla “non” magia di Harry Potter (J. K. Rowling), al fine di coglierne, in sintonia con gli autori dei due rispettivi saggi, lacarica etica e i richiami al cristianesimo.

Nel saggio “L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte” dedicato alla saga di Harry Potter, l’autrice Silvana De Mari, famosa scrittrice fantasy di grande successo, sottolinea lo straordinario potere della narrazione soprattutto quando si caratterizza per il registro fantastico:

«Il nostro straordinario cervello contiene la capacità di provare piacere nell’immaginare, nell’ascoltare e anche nel raccontare una storia che non è mai avvenuta, e nemmeno avrebbe potuto, perché contiene elementi fantastici che la rendono esterna alla realtà. La narrazione permette, senza modificare la realtà oggettiva che ci circonda, di portare cambiamenti all’assetto dei nostri neurotrasmettitori, e quindi di cambiare le nostre emozioni».


“HARRY POTTER NON È UNA STORIA DI MAGIA”…

«(…) Harry Potter non è una storia di magia, esattamente come Alla ricerca di Nemo in realtà non parla di pesci: la magia è solo un artificio narrativo, per parlare di altro, una geniale metafora della tecnologia, che, infatti, nel libro manca, e, insieme, una geniale maniera di ironizzare su satanisti, astrologi e maghi, quelli cioè che alla magia ci credono sul serio. Nel mondo, che purtroppo esiste, del satanismo e della stregoneria, Harry Potter è cordialmente odiato per la carica ironica, se non comica, con cui spesso ammanta i suoi incantesimi».

… MA AL CONTRARIO: È INTRISA DI METAFORE E RICHIAMI ESPLICITI AL CRISTIANESIMO

«(…) la presenza cristiana in Harry Potter è fortissima, ma semplicemente resta implicita per i sei settimi della narrazione, nascosta dentro la fortissima etica, e diventa esplicita solo sul finale. Per sei libri la religione non viene mai nominata, sembra quasi un tabù, come in effetti è un tabu nella nostra epoca. (…) Nel settimo libro, quindi, il Cristianesimo diventa esplicito. Improvvisamente, in mezzo a un inverno pieno di gelo, disperazione e abbandono, il Cristianesimo irrompe nella narrazione e la illumina di una luce totale. È la Vigilia di Natale. Il luogo è il villaggio dove Harry è nato e dove i suoi genitori si sono sposati: si sono sposati in una chiesa, come ci viene sorprendentemente rivelato, davanti a un altare sormontato da una croce. (…) Alle spalle di quella piccola chiesa (…) immerso nel gelo c’è il cimitero dove sono seppelliti, e qui, sulle tombe, sotto il cielo della vigilia di Natale, brillano due citazioni dal Nuovo Testamento. Sulla tomba dei genitori di Harry è scritto: ≪L’ultimo nemico a essere annientato sara la morte≫. (…) Nessuno cita le Scritture, ovviamente: sono adolescenti post moderni, non le conoscono, ma noi sappiamo che la frase è contenuta nella Prima lettera di San Paolo ai Corinzi (1Cor 15,20-27). La seconda citazione dal Vangelo è: ≪Dov’e il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore≫, incisa sulla tomba di Kendra Silente, la madre del preside. È il Discorso della Montagna, (Mt 6,19-21) che, da solo, contiene tutto il Cristianesimo».

L’EPILOGO DELLA SAGA: ATTRAVERSO IL SACRIFICIO, LA VIA DELL’ETERNITÀ

«E finalmente si arriva allo scontro finale, lo straordinario assedio di Hogwarts, il punto più drammatico del libro, con la scuola ultimo brandello di decenza, circondata da nemici micidiali. Viene nominato l’inferno: ≪Passerò dalla tua parte quando l’inferno gelerà≫ dice Neville, il brutto anatroccolo della comitiva che nel settimo libro diventa un leone, mentre solo contro un esercito tiene testa a Voldemort. Il riferimento è quindi a una tradizione che parla di un inferno di fiamme. La fine del settimo libro di Harry Potter riecheggia la fine del Vangelo di San Giovanni: «Chi non teme la morte vivrà in eterno». Harry, che non ha paura della morte, che trova il coraggio di sacrificare la sua vita, guadagna non solo la salvezza fisica di coloro che ama, ma l’eternità».

C’ERANO UNA VOLTA QUATTRO BAMBINI…

“C’erano una volta quattro bambini i cui nomi erano Peter, Susan, Edmund e Lucy. Questa storia narra qualcosa che accadde loro quando furono mandati lontano da Londra durante la guerra a causa dei bombardamenti aerei…”

Così – casualmente- comincia la grande avventura delle Cronache di Narnia: quattro fratelli fuggiti da Londra a causa dei bombardamenti aerei dell’autunno del 1940 vengono ospitati nella casa di campagna del professor Digory Kirke e durante una giornata di pioggia i ragazzi decidono di avventurarsi nell’interno della grande casa. Lo scrittore Paolo Gulisano analizza l’opera di Lewis mettendone in luce l’impianto etico e la struttura simbolica che rinvia alla tradizione cristiana.

L’inizio della saga introduce a un intero mondo parallelo che vede lo scontro epico tra il Bene e il Male, dove i quattro fratelli sono costretti ad affrontare difficili prove che li porteranno a diventare adulti.

… E IL LEONE ASLAN

I quattro eroi, due ragazzi e due ragazze, che devono unire le loro forze per vincere la buona battaglia, hanno al loro fianco “il vero Signore di Narnia”, il protagonista assoluto della saga: il leone Aslan.

«Aslan è qualcosa di più di un grande animale parlante. Non è difficile leggere un’analogia tra lui e un personaggio storico vissuto duemila  anni fa in Palestina. Aslan, infatti, offre se stesso per salvare Edmund, tra lo sbigottimento di tutti gli amici. Il leone si consegna spontaneamente ai suoi aguzzini, alle turpi creature al servizio della Strega, e viene torturato e sacrificato sulla sommità di una collina, su una grande tavola di pietra. Tuttavia, il giorno dopo, quando le due ragazze Susan e Lucy si recano alla collina dove il sacrificio è stato compiuto, tra le sguaiate risa della Strega e delle sue schiere, scoprono stupite che Aslan è vivo, splendido nella luce del sole nascente, più grande di come lo avevano visto prima, più nobile e maestoso. Le due sorelle credono di essere di fronte a un fantasma, ma affettuosamente il leone le richiama e dice loro di essere vivo».

IL SACRIFICIO DI ASLAN COME METAFORA DELLA PASSIONE DI CRISTO

«Le pagine della passione di Aslan sono tra le più belle e commoventi del libro: mentre il leone va come agnello a farsi uccidere, mentre la Strega lo schernisce, gridandogli sul muso che la sua morte è inutile perché non rispetterà i patti e ucciderà comunque anche Edmund, mentre i bambini e i loro amici assistono impotenti allo strazio della creatura in cui avevano riposto tutte le loro speranze, il pensiero non può non andare alle pagine del Vangelo».


Il lettore attento si rende presto conto che il Fantastico non può essere banalmente liquidato come genere letterario costruito sulla fuga dalla realtà per un vuoto esercizio di immaginazione, ma anzi si caratterizza per la capacità di “leggere” in modo profondo e simbolico gli aspetti fondamentali ed eterni della vita umana. Tra questi ultimi, particolare enfasi viene data ai cosiddetti “riti di passaggio” che i protagonisti delle storie sono costretti ad affrontare non come eroi solitari ma in contesti di “fraterno sodalizio”. Tutto ciò in contrasto con la realtà attuale degli adolescenti occidentali che spesso si ritrovano soli, senza il radicamento in valori forti, ed in assenza di autentici percorsi di maturazione, per cui la tentazione è fuggire verso mondi tanto apparentemente facili quanto effimeri. Il Fantasy non collude con questa fuga nella superficialità come si potrebbe credere, ma anzi, attraverso l’immaginario richiama con forza agli aspetti fondanti dell’esistenza.

Le sue potentissime metafore che almeno per quanto riguarda le due saghe prese in esame, affondano le radici soprattutto nella tradizione cristiana, riescono a raggiungere il cuore, la mente e l’anima del lettore, anche quello adulto, come pochi altri generi letterari riescono oggi a fare.

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