Io e mia sorella Sarah stavamo chiacchierando al telefono, mentre con un occhio sorvegliavo i miei figli che nuotavano. E proprio parlando dei ragazzi, le confessai che il più grande, Patrick, era stato rimandato a matematica.
“Quest’anno gli è andata male”, le dissi. “Capisce al volo la maggior parte delle cose; ma, per quanto riguarda la matematica, Patrick sembra proprio non farcela. Non riesce a risolvere i problemi più complicati”.
Mentre le dicevo quelle cose, Sarah rimase in silenzio. Ma non a lungo. “Cosa vuol dire che è stato rimandato in matematica, Colleen? Patrick è un bravo studente. Gli hai fornito un tutor? Gli stai facendo fare dei corsi di ripetizione estivi? È inaccettabile”, replicò Sarah.
Sarah e suo marito Ted sono come dei secondi genitori per i miei sei figli. I successi dei miei figli li rendono entusiasti, e sono entrambi a terra quando vedono che uno dei miei figli ha qualcosa che non va. Quando Sarah venne a sapere del difficile rapporto tra Patrick e la matematica, la prese peggio di quanto mi aspettassi.
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“Devi inserirlo in un programma di recupero estivo. Non può trovarsi indietro in matematica, è troppo importante. So che hai bisogno di aiuto, quindi non preoccuparti, gestirò io questo problema. Gli troverò un buon corso di recupero e farà esercizi ogni giorno. Se fa un buon lavoro gli pagherò il biglietto aereo per venirci a trovare quest’estate”.
Quella sera Sarah iscrisse Patrick alla Kahn Academy e mandò a suo nipote un’e-mail con gli argomenti che avrebbe studiato, promettendogli di pagargli il viaggio se avesse lavorato sodo.
Patrick fu entusiasta di quella prospettiva, e accettò immediatamente l’accordo. Io invece ero più che scettica sulla buona riuscita del piano di Sarah.
Ma avevo torto marcio.
Dall’inizio dell’estate, Patrick iniziò a mettere un timer ogni mattina, spendendo almeno un’ora sui problemi di matematica. Proprio lui – che era solito lanciare libri e quaderni in aria quando un problema non gli ridava, o quando semplicemente non aveva più voglia di fare esercizi – lavorò alacremente senza lamentarsi mai. Nonostante la sua atavica avversione per la matematica, dedicò l’intera estate a compiere quell’impresa titanica.
Voglio chiarire una cosa. Se io e mio marito avessimo deciso di dargli una ricompensa in denaro, non saremmo comunque riusciti a motivare Patrick a chinare la testa sui libri di matematica. Anzi, quasi tutti i nostri tentativi di insegnargli formule ed espressioni si rivelarono più che inefficaci.
Ma la promessa degli zii motivò Patrick a lavorare duramente.
Questa esperienza mi ha dato due lezioni sull’essere genitori, che non dimenticherò.
La prima è che non posso ricoprire tutti i ruoli di cui hanno bisogno i miei figli. È impossibile. Sebbene io desideri che sviluppino determinati talenti e abilità, le mie continue sollecitazioni non possono far succedere chissà cosa. E miei fastidiosi consigli (per quanto possano essere saggi) rimarranno comunque inascoltati.
Ma se sono le persone giuste a incoraggiare i miei ragazzi, con buone probabilità le ascolteranno. Un consiglio opportuno, da parte di qualcuno che i miei figli rispettano, può motivarli a fare qualcosa che io ho provato inutilmente a chiedere da tanto tempo.