Questa esperienza mi ha mostrato quanto sbagliassi nel tentativo di aiutare gli altri a superare le loro perdite
Sono trascorsi dei mesi da quando l’uomo che ha rappresentato per me la figura paterna, mio zio, è morto. Ho imparato cose che non sapevo, che mi hanno fatto guardare indietro agli ultimi anni e capire quanto sbagliassi cercando di aiutare mio marito a superare le sue perdite, soprattutto quella della madre.
Il dolore è un oceano di emozioni, e nessuno se non Dio e Maria può solcare le onde con me.
Ho perso la mia migliore amica nove anni fa in un incidente automobilistico. Ho lenito il dolore di quella perdita con vodka e notti insonni. Pensavo che quell’esperienza mi avesse resa un’esperta di dolore, ma non era vero. Se perdere la mia migliore amica è stato scioccante e mi ha cambiato la vita, per la morte di mio zio non è stato così.
Ora ripenso con vergogna ai miei tentativi di consolare gli altri.
Dicevo spesso a mio marito cose del tipo “Siamo cattolici. Sappiamo che la morte non vince!” e altre cose sciocche – sciocche perché, anche se sono vere, non derivavano dalla compassione, ma dal desiderio di sorvolare sui suoi sentimenti, di metterci un cerotto. Non avevo idea del dolore che provasse.