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Cara Hollywood, perché mi vuoi morta?

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Ella Frech - pubblicato il 06/08/16

Atleta 11enne sulla sedia a rotelle chiede alla società di superarsi

Cara Hollywood,

perché mi vuoi morta?

Per favore, non negarlo. I film che produci mi dicono la verità su quello che pensi davvero di me.

Me Before You uscirà domani. Non ho mai letto il libro, ma mia madre me ne ha parlato e ho visto le recensioni online. È la storia di un tipo che ha un incidente, si procura una lesione alla midollo spinale e deve trascorrere il resto della vita su una sedia a rotelle. Un tizio che tu vorresti morto perché deve vivere una vita che assomiglia alla mia.

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Cosa c’è di male in una vita simile alla mia?

Mia madre dice che non è il primo film in cui una persona handicappata deve morire per il fatto di essere paralizzata. Ce n’è stato uno intitolato Million Dollar Baby, in cui una donna pugile sceglie coraggiosamente la morte anziché una vita imperfetta.

E allora ti chiedo di nuovo, cosa c’è che non va nella mia vita? Perché pensi che dovrei desiderare di morire?

Te ne stai lì con il tuo corpo sano, guardi le persone sulla sedie a rotelle e pensi di provare pietà per le nostre piccole vite tristi, ma la verità è che hai paura. Non vuoi immaginare che un giorno potresti essere una di noi. Pensi di poter essere perfetta, e pensi che preferiresti morire che avere parti che non funzionano correttamente.

Penso che sia triste.

L’idea di come sia la mia vita ti infastidisce talmente che non hai nemmeno mostrato la verità al riguardo in Me Before You. La gente si arrabbierebbe o si deprimerebbe se tu mostrassi qualcuno che viene fatto entrare in macchina, usa una sedia a rotelle o ha bisogno di aiuto per salire su una rampa? Pensi che questo renda le persone come me deboli, e la debolezza non ti piace.

Hai mai fatto qualche ricerca al riguardo? Hai chiesto alle persone in sedia a rotelle se preferirebbero essere un cadavere piuttosto che storpie? Penso che ti guarderebbero come se fossi pazza.

Sì, mi sono definita storpia. È solo una parola. Dovresti andare oltre. Pensi già che vorrei morire, e allora perché ti importa di come mi definisco? Una donna mi ha detto che era avvilente usare questa parola, e che dovrei dire invece “diversamente abile”.

Beh, è stupido. Le mie gambe non funzionano. Sono storpia. È solo un fatto della mia vita, e devi superarlo. Il politically correct farà sentire le persone con “un corpo che funziona” più a loro agio con “l’idea di me” – non è per me. Se ti importasse davvero di quello che penso e volessi trattarmi come una persona, non realizzeresti film che dicono che la cosa più bella che potrei fare per la mia famiglia è togliermi di mezzo. Dovresti vergognarti.

Puoi non credere in Dio. Non hai il dovere di farlo, e non posso importelo. Ma io ci credo, e per questo credo nel valore di tutte le persone. Credo che siamo tutti creati a Sua immagine e somiglianza. È per questo che credo che tutti valgano qualcosa.

Se pensi che le persone traggano il loro valore solo l’una dall’altra allora se ne può essere privati, ma se il tuo valore viene da Dio nessuno ha il diritto di dire che una persona che cammina vale più di una che non può farlo.

Forse devi ritrovare Dio, perché vivere senza di Lui ti ha resa meschina.

Avrebbe potuto essere un gran film. Avrebbe potuto essere la storia d’amore tra due persone, una delle quali guarda caso è in sedia a rotelle. Succede continuamente. Le persone innamorate non si curano della sedia a rotelle. Sono le altre che pensano che sia una cosa fondamentale.

La sedia a rotelle è solo una cosa. Sono le mie gambe. È come vado in giro.

Mentre tu sei seduta nei tuoi uffici a lodare il coraggio di questo tizio che si uccide e lascia tutti gli altri a piangerlo, il che mi sembra piuttosto egoista, io vivrò la splendida vita che tu non ti sei neanche scomodata a ritenere possibile. Ho degli amici, vado ai pigiama party e ho una vita regolare.

Una vita che non mi fa venire voglia di morire. Mi rende felice il fatto che sia mia.

E se vuoi vedere com’è davvero una vita sulla sedia a rotelle, puoi venire a trovarmi a Venice Beach a luglio, quando difenderò il mio titolo di pattinaggio. Perché mentre tu pensavi che vivere su una sedia a rotelle faccia venir voglia di suicidarsi, io ero impegnata ad allenarmi per diventare una pattinatrice professionista.

Tutte le idee che hai sul fatto di essere “confinati” su una sedia sono sbagliate. La mia sedia non si limita a volare sulle rampe. Può anche mostrarmi quali sono le persone piene d’odio.

Non girarti, parlo proprio di te.

Nella speranza che la tua prossima storia sia migliore,

Ella Frech

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Ella Frech ha 11 anni e studia a casa. Attualmente è la numero 2 tra le pattinatrici professioniste in sedia a rotelle (WCMX) del mondo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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