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Vademecum per distinguere la vergogna dal senso di colpa

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Kues/Shutterstock (Comp)

Anna O'Neil - pubblicato il 05/08/16

Se tendete all'autocritica, è utile capire la differenza

Amo l’abitudine di farmi il segno della croce quando passo davanti a una chiesa. È un modo semplice ma bellissimo di salutare il Signore e ricondurre la mia giornata a Lui e alla sua pace, ma meno di una settimana dopo aver iniziato questa pratica mi sono ritrovata in trappola. Avrei dovuto immaginarlo. So perfettamente che il mio temperamento è incline agli scrupoli.

“Ehi, guarda, una chiesa. Ma è copta. C’è una vera presenza? Meglio se mi faccio il segno della croce, per non rischiare. Ma se Cristo non è lì? Ops! Ho fatto il segno della croce troppo rapidamente. Meglio rifarlo. Meglio due volte che nessuna”. “Sto facendo il segno della croce con la destra ma ho un caffè nella mano sinistra e non riesco a farlo correttamente”. Per favore, non perdete tempo cercando di correggermi. So bene come funziona, ma non mi aiuta comunque.

Ultimamente, leggendo il libro di Brene Brown “Osare in grande”, ho posto fine a gran parte della confusione che avevo in testa e ho chiarito un concetto importante. Sto parlando della differenza tra vergogna e colpa. E si è rivelata un’arma molto utile.

La colpa dice: “Hai fatto male qualcosa. Avresti dovuto fare questo e non quello”. Mi spinge a cambiare, e anche se dà un po’ fastidio porta all’umiltà e a una condizione sine qua non verso il pentimento. Ma la vergogna non ha nulla a che vedere con la colpa.

La vergogna dice: “Sei cattiva”. Vuole convincerci che l’errore sia più profondo dell’azione, va dritta al cuore di quello che siamo. Non provoca il cambiamento – come puoi cambiare la tua natura? Non favorisce azioni corrette, perché l’idea di correggere se stessi in tutto e per tutto è così scoraggiante che porta rapidamente alla disperazione.

Un pensiero scrupoloso non si basa sulla ragione, e quindi non può essere contrastato con la logica. Ma il rifiuto di affrontare lo scrupolo lo rende solo più forte, quindi non è la via adeguata. È qui che entra in gioco la distinzione tra vergogna e colpa.

Dall’esterno, sembra che gli scrupoli usino il senso di colpa per alimentarsi. Per il resto, tutte le autocritiche legate al mio piccolo esempio erano collegate al fatto che la mia azione fosse giusta o meno. Avevo fatto il segno della croce correttamente, al momento giusto, nel modo adeguato e con l’intenzione corretta? Ma la colpa è solo la sua maschera. In realtà è la vergogna che sta lavorando.

Il senso di colpa lavora all’interno della giurisdizione della ragione perché bisogna usare la ragione per dire “Questa azione è sbagliata”. La ragione ci permette di confrontare l’azione con la legge morale, e se l’azione è carente o contraria alla morale apre la porta al senso di colpa.

Gli scrupoli e la ragione non hanno tuttavia nulla a che vedere gli uni con gli altri. Anche se sembra che io stessa recrimini per le mie azioni sbagliate, in realtà sono intrappolata nell’idea di non aver realizzato l’azione alla perfezione. Sbaglio non solo nelle mie scelte, ma anche nella mia natura.

Imparare a vedere che la mia paura si basa sulla vergogna più che sul senso di colpa mi aiuta a non sprecare energie cercando di trovare l’aspetto illogico in un pensiero scrupoloso. Mi aiuta a non entrare in panico quando mi preoccupo perché sto facendo male le cose. Se c’è qualcosa di concreto di cui pentirmi lo faccio, e se sono paralizzata dall’ansia mi fermo e mi ricordo che Dio mi ama, che non sono una causa persa, e così vado avanti nella mia quotidianità. Sono contenta di avere il senso di colpa, ma la vergogna non trova alcun posto in una persona così tremendamente amata da Dio.

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Anna O’Neil si è laureata presso il Thomas More College of Liberal Arts. Adora le mucche, la confessione e il giallo, non necessariamente in quest’ordine. Vive nel Rhode Island (Stati Uniti) con il marito e il figlio, e cerca di ricordare che, come ha detto Chesterton,“se vale la pena di fare una cosa, vale la pena di farla male”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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