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A Reggio Calabria con i profughi, la Gmg dei “ponti” continua

Vatican Insider - pubblicato il 05/08/16

Settecento e poi altri trecento. I ragazzi di Reggio Calabria hanno tenuto il conto. Nella settimana della Gmg la loro città ha visto sbarcare più di mille migranti. Ogni giorno Iside ha ricevuto il bollettino dai colleghi del coordinamento diocesano. 

Quante storie, dopo Cracovia, danno un volto al messaggio di Francesco. E aiutano a comprenderlo. Iside ha 26 anni, insegna musica e da tre anni presta servizio in un centro di prima accoglienza (sua sorella se ne occupa a tempo pieno). Lavora al porto e in una struttura per i minori che sbarcano senza accompagnatori. In pratica abbraccia i profughi risparmiati dal Mediterraneo: ha un sorriso allenato, perché «Chi scende dai barconi è disperato, così noi abbiamo una regola». Cioè? «Basta poco per aiutarli. Bisogna sorridere». 

È una ragazza normale, un modello possibile, un simbolo delle giornate polacche, in cui Bergoglio ha pregato i giovani di «scendere dal divano» e «costruire ponti». Incontrarla all’uscita della messa conclusiva, nella passeggiata verso casa, forse è un segno. Poco prima il papa si era congedato dai ragazzi con un arrivederci (a Panama, nel 2019) e una raccomandazione: «La Gmg comincia oggi e continua domani». Impegnandosi nella vita di sempre. 

«Questa esperienza è una ricarica – racconta Iside – abbiamo respirato un’unione che riempie il cuore. Ci siamo sentiti accolti e voluti bene dalle famiglie che ci hanno ospitato». Tutto torna, anche per vie inattese: quelle energie donate ai profughi le sono state restituite da un popolo che ha tanta paura dell’ondata migratoria del Mediterraneo. Ma le difficoltà sono un po’ dappertutto: «Tendiamo a rimanere chiusi nei nostri schemi. Il papa ci chiede di aprirci e di metterci in gioco. Di fare attenzione agli altri». 

Al rientro Iside continuerà il suo volontariato. Tutto il gruppo (60 persone), però, ha recepito bene l’invito di Francesco: «Siamo uno dei principali porti dell’accoglienza, i giovani di Reggio Calabria sono molto sensibili al tema», spiega Amos Martino, 33 anni, insegnante e voce della comitiva. «La Gmg ci è servita: la coda per mangiare, le lunghe camminate… per qualche giorno abbiamo provato situazioni simili a quelle che vivono i migranti quotidianamente, non per scelta, ma perché scappano dalla morte. Sforzi minimi, confronto ai loro, ma che ci hanno fatto pensare». Ai bagagli, per esempio. «Loro partono senza niente. Noi abbiamo sentito la fatica sulle spalle. Quante cose superflue ci siamo portati in questo pellegrinaggio a Cracovia?». Domande più pesanti di uno zaino.  

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