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Mark Wahlberg sull’essere cattolici

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Daniel R. Esparza - pubblicato il 04/08/16
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Dai suoi problematici primi giorni a Boston, al padre e marito amorevole, pieno di fede e professionalmente di successo che è oggiIn un’intervista di Gabrielle Donnelly pubblicata la vigilia di Natale del 2010 sul Catholic Herald, Mark Wahlberg ha detto: “Essere cattolico è l’aspetto più importante della mia vita”. Potrebbe sembrare una cosa più unica che rara a Beverly Hills, Mecca dello spirito competitivo del “tutti contro tutti”. Ma per Wahlberg è una cosa naturale: la conversione avvenuta a soli 16 anni, quando aveva già toccato il fondo, non l’ha portato sulla strada verso il successo (che Wahlberg non considera affatto la cosa più importante nella sua vita), ma su quella che potrebbe portarlo verso l’essere “una brava persona”, facendogli porre rimedio “agli errori che ho commesso e al dolore che ho causato alle persone intorno a me”.

Crescendo, Wahlberg è stato – così l’ha descritto Donnelly – un “giovane con dei problemi”, per essere gentili. Minore di nove fratelli, ha abbandonato le scuole superiori, si è unito ad una gang criminale, è caduto nella tossicodipendenza e ha avuto costantemente dei problemi con la polizia. Fino a quando è finito in carcere. E quel preciso evento sarebbe stato “l’inizio del resto della vita”.


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Nell’intervista di Donnelly Wahlberg ha spiegato:

“Non c’è nulla di più spaventoso, per un sedicenne, di sentire la porta della cella chiudersi e sapere che non potrai uscire da lì. Me l’ero cercata. Da giovane mi sono successe tante cose brutte, e anche io ne ho fatte di diverse. Ero troppo figo per la scuola, ho commesso i miei errori e ne stavo pagando le conseguenze. Avevo perso ogni contatto con la religione. I miei genitori erano cattolici, ma non molto praticanti. Ecco perché, una volta iniziata la vita di strada, la fede non aveva più alcun significato per me. Ma chiaramente quando si è nei pasticci si inizia a pregare, eccome! ‘Oh, Dio mio, tirami fuori di qui, e giuro che non lo farò mai più!’ Beh… sono uscito di prigione e ho fatto di tutto per non tornarvi più. C’è un altissimo tasso di recidiva tra i condannati penalmente, ma per me non è stato così. Non volevo essere un numero in una statistica, volevo piuttosto vivere la mia vita, pienamente”.

Il sacerdote della sua parrocchia, Padre Falvin, gli ha dato l’aiuto di cui aveva bisogno. Lo è andato a trovare appena uscito dall’istituto di recupero e lo ha aiutato nel periodo di transizione dal galeotto che aveva abbandonato di studi al… beh, al Wahlberg che conosciamo noi.

“Una volta concentratomi sulla fede”, ha detto Wahlberg a Donnelly, “sono iniziate a succedere cose meravigliose nella mia vita […] e non intendo a livello professionale, non si tratta di questo. In quei giorni, andavo in chiesa e le persone venivano da me dicendo: ‘Ti spiace se mi siedo qui e prego con te?’ E iniziavano a pregare e alla fine mi rendevo conto che pregavano affinché il loro nuovo film fosse un successo o qualcosa del genere. Dicevo loro che erano fuori strada. Secondo me mettersi a pregare per delle cose materiali è davvero ridicolo. È un qualcosa di molto più grande. Voglio servire Dio ed essere una brava persona e porre rimedio agli errori che ho commesso e al dolore che ho causato alle persone intorno a me. Ecco per che cosa sto pregando. E lo raccomando a tutti”.

Se volete leggere l’intervista integrale (e vi consiglio di farlo), cliccate qui.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]