separateurCreated with Sketch.

Le toccanti testimonianze durante la Veglia alla GMG

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Aleteia - pubblicato il 31/07/16
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Mi chiamo Rand Mittri. Ho 26 anni e sono di Aleppo, Siria. Come forse saprete, la mia città è stata distrutta, ridotta a un cumulo di macerie. Le nostre vite non hanno più significato, siamo diventati una città caduta nell’oblio.

Potrebbe essere difficile per molti di voi capire la piena portata di ciò che sta accadendo al mio amato paese, la Siria. Così come è difficile per me comunicarvi una vita di dolore in poche frasi. Ma farò del mio meglio per condividere il significato che noi diamo alla vita di ogni giorno.

Ogni giorno siamo circondati da sofferenza e morte. Ma, proprio come voi, ogni giorno usciamo di casa per andare a lavorare o a scuola. E, a differenza di molti di voi, in quel momento siamo terrorizzati dall’idea di non poter tornare nelle nostre case e dalle nostre famiglie. In quello stesso giorno potremmo essere uccisi, oppure potrebbero esserlo le nostre famiglie.

Fa molto male sapere di essere costantemente circondati dalla violenza e dal sangue. E la cosa peggiore è che non c’è via di fuga, nessuno che ci possa aiutare.

Che sia questa la fine? Siamo forse nati per morire in questo dolore? Oppure siamo nati per vivere, e per vivere la vita nella sua pienezza? L’esperienza che ho vissuto in questa guerra è stata molto dura, difficile, terrificante. Ma mi ha aiutato a diventare più maturo, a crescere, a vedere le cose da una prospettiva diversa.

Lavoro al Centro Don Bosco di Aleppo. Il centro può ricevere più di 700 giovani uomini e donne, che vengono da noi con la speranza di riuscire a sorridere e a sentire una parola di incoraggiamento. Sono in cerca di qualcosa che altrimenti mancherebbe nelle loro vite: essere trattati da umani, in modo genuino. Per me è molto difficile offrire gioia e fede agli altri, mentre io stesso ne ho dovuto fare a meno per tutta la mia vita.

Credo che Dio esista, nonostante tutta questa sofferenza. E credo, inoltre, che a volte attraverso il nostro dolore, Lui ci insegni il vero significato dell’amore.

Nella mia breve esperienza di vita, però, ho imparato che la mia fede in Cristo è più forte delle circostanze. Questa verità non è condizionata dal fatto di vivere una vita di pace, senza difficoltà e dolore. Ma soprattutto, credo che Dio esista, nonostante tutta questa sofferenza. E credo, inoltre, che a volte attraverso il nostro dolore, Lui ci insegni il vero significato dell’amore. La mia fede in Cristo è la ragione per cui ho gioia e speranza. E nessuno sarà mai in grado di privarmi di questa gioia autentica.

Vi ringrazio, chiedendovi di pregare per il mio amato paese, la Siria.


Mi chiamo Miguel, ho 34 anni, vengo da Asuncion in Paraguay. In famiglia siamo in undici e io sono l’unico ad avere dei problemi con la droga. Ho superato la mia dipendenza presso la «Fazenda de la Esperanza San Rafael» (Casa della Speranza San Raffaele) a Rio Grande do Sul in Brasile.

Ho fatto uso della droga per 16 anni, da quando ne avevo 11. Ho sempre avuto delle difficoltà nelle relazioni con la mia famiglia perché non mi sentivo né amato né compreso dai miei genitori. Litigavamo sempre e i rapporti tra noi erano sempre molto tesi. Non ricordo di essere mai stato seduto a tavola per cena con la mia famiglia. La famiglia per me è un concetto inesistente. La mia casa era solo un posto dove dormire e mangiare.

All’età di 11 anni sono scappato di casa perché il vuoto in me era troppo grande. Continuavo a studiare ma volevo la « libertà ». Presto, in un paio di mesi, ho sperimentato per la prima volta la droga sulla strada che mi conduceva a scuola. Ciò non faceva che approfondire il vuoto in me: non volevo ritornare a casa, affrontare la mia famiglia, affrontare me stesso. Poi ho abbandonato gli studi, i miei genitori mi hanno lasciato fuori casa perché avevano perso ogni speranza.

All’età di 15 anni ho commesso un delitto per il quale sono andato in prigione. Mio padre è venuto una volta a trovarmi in carcere, e mi ha domandato se volessi cambiare e io gli ho risposto di sì. Appena tornato in libertà, ho nuovamente commesso un delitto. Un giorno ho commesso un crimine e sono stato nuovamente incarcerato, questa volta per sei anni, durante i quali ho sofferto molto. Non riuscivo a capire come mai nessuno dei miei fratelli e sorelle sia mai venuto a trovarmi. Gli anni sono passati, ho scontato la mia pena. I miei genitori erano sempre molto vicini alla Chiesa.

Un mese dopo la mia scarcerazione, un prete amico di famiglia mi ha invitato a vedere un luogo chiamato «Fazenda de la Esperanza» (Casa della Speranza). Non avevo nessuno scopo nella vita. Tutti quegli anni persi nella mia vita erano ben visibili nel mio sguardo, nel mio volto. Ho accettato di andarci e sin dalla mia prima visita ho capito cosa significasse avere una famiglia. All’inizio, le relazioni e la vita in comunità sono state molto difficili per me. In questa comunità, il metodo della guarigione avveniva attraverso la Parola di Dio, nel vivere la Parola. In questo processo di guarigione, ho avuto un coinquilino, che in principio non riuscivo a perdonare. Io avevo bisogno di pace, invece lui aveva bisogno di amore.

Durante i sette mesi che ho trascorso in quel luogo, sono stato incaricato di migliorare la gestione della casa. Proprio grazie a questa occupazione ho compreso che Dio voleva qualcosa da me. Una volta, il mio coinquilino ha ricevuto una lettera da sua moglie. I loro rapporti non erano molto buoni. Questo mi ha aiutato a comprenderlo meglio. Gli ho porto la lettera e lui mi ha chiesto «Fratello, mi puoi perdonare?» e io gli ho risposto «Sì, certamente». Da quel momento i nostri rapporti sono diventati ottimi. Dio ci ha davvero trasformati. LUI ci fa rinascere!

Mi sono ripreso completamente dieci anni fa. Da tre anni sono responsabile per la casa «Quo Vadis?» presso la Casa della Speranza a Cerro Chato.


Il 15 aprile 2012 mi sono svegliata nel mio appartamento a Łódź, la terza città piu grande della Polonia. Ero allora caporedattrice di una rivista di moda, e per 20 anni non avevo avuto niente a che fare con la Chiesa. Avevo successo nel lavoro, frequentavo bei ragazzi e andavo da una festa all’altra, e questo era il senso della mia vita. Tutto andava bene. Solo che quel giorno mi svegliai con l’ansia, e pensai che quello che stavo facendo della mia vita era sbagliato.

Ho capito quel giorno che dovevo andare a confessarmi. Non sapevo bene cosa dovevo fare, e per questo ho cercato su Google “confessione”. In uno dei siti ho trovato la frase: Dio per amore è morto per noi. L’ho capito subito: Dio è morto per me, vuole darmi una vita piena, ed io, indifferente me ne stavo seduta in cucina a fumare una sigaretta. Sono scoppiata a piangere. Ho preso un foglio e ho cominciato a scrivere l’elenco di tutti i miei peccati. Tutti erano molto chiari davanti a me, e mi accorsi che avevo infranto tutti i dieci comandamenti. Ho capito che dovevo subito parlare con un sacerdote.

Ho letto su internet l’informazione che alle 15:00 nella cattedrale c’era la possibilità di confessarsi. Sono corsa subito lì ma con la paura che il prete mi dicesse che i miei peccati erano troppo gravi e che non poteva fare nulla. Eppure ho preso coraggio e sono andata a confessarmi. Ho raccontato tutto e ho pianto molto. Il prete non diceva nulla…

Quando io finì, mi disse: che bella confessione! Non avevo capito che cosa voleva dirmi. Mi disse che erano le 15:00 e che oggi era la domenica della Misericordia. Dopo aggiunse che eravamo in cattedrale, nel posto dove santa Faustina pregava tutti i giorni quando abitava a Łódź. Il Signore le disse che là voleva perdonare tutti i peccati, qualsiasi essi fossero. I tuoi peccati sono assolti. Non ci sono più, non pensare più a loro. – Erano parole forti! Quando stavo andando a confessarmi ero convinta che avevo perso per sempre la vita eterna e invece ho sentito che Dio mi aspettava da sempre e Lui ha scelto per me quel giorno. Sono uscita dalla chiesa come da un campo di battaglia, molto stanca ma allo stesso tempo molto felice, con una sensazione di vittoria e con la convinzione che Gesù tornava con me a casa. Per gli ultimi due anni ho preparato la GMG a Łódź affinché gli altri potessero provare ciò che io ho provato. La misericordia di Dio è viva ed è presente fino ad oggi. Sono testimone di questo e spero che anche voi possiate sperimentarlo.