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Cracovia, città universitaria dove studiò Wojtyla: è la Gmg degli studenti

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Vatican Insider - pubblicato il 29/07/16
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È impossibile contarli, stabilire se sono più numerosi delle passati edizioni. Però certamente a Cracovia gli universitari sono più importanti: per vari motivi è la loro Gmg. Qui si è laureato papa Wojtyla, qui ha fatto il cappellano degli studenti e il professore. Qui, da sempre, viene a formarsi mezza Europa: gli universitari in città sono 200 mila, un abitante su quattro. 

La Jagellonica, fondata nel 1364, è la più antica accademia polacca: ha cresciuto il papa santo, Niccolò Copernico e una sfilza di premi Nobel. Per i turisti è una tappa obbligata: i ragazzi ci vanno in pellegrinaggio, per respirare la stessa aria di Giovanni Paolo II. Per immaginarlo giovane e capire com’è diventato grande. 

Il complesso della scuola è uno dei luoghi più rappresentativi di questa XXXI Giornata, ne custodisce gli ingredienti principali: il patriottismo polacco e lo spirito globale, la festa e la preghiera. La Jagellonica è il simbolo dell’orgoglio nazionale, eppure si vedono sfilare senza sosta bandiere da tutto il mondo; si canta e si balla per la strada e nello stesso momento si fa silenzio nella cappella studentesca, la chiesa di Sant’Anna. Accanto al portale c’è un’iscrizione, ma non è tradotta, meglio chiedere chiarimenti ai volontari: “Qui ci veniva Karol”, raccontano volentieri. Come se parlassero di un amico. 

Il popolo della Gmg ha tra i 16 e i 30 anni: nel 2005, quando Wojtyla morì, moltissimi erano ancora bambini. Chi ha meno di vent’anni non può ricordarselo, gli altri non hanno dimenticato il calvario degli ultimi mesi. Come Lorenzo, 21 anni, aspirante medico arrivato da Milano: quella del papa malato è una lezione sulla sofferenza che gli è rimasta dentro. Cosa insegnava Giovanni Paolo II ai suoi universitari? Non sa, però risponde. “Con quello che sento per me: Cristo ci vuole incontrare in ogni cosa e quindi anche nello studio, che è il mezzo con cui diventiamo uomini e donne e professionisti”. 

Per le amiche di Annecy questo posto è una possibilità: quando Karol ci veniva era un ragazzo come gli altri. “Significa che nel mondo di oggi si può ancora diventare santi – spiegano – e che Dio chiede a ciascuno di noi di essere speciale”. I polacchi invece si commuovono: succede sul sagrato di Sant’Anna e ovunque si celebri Wojtyla. Quelli che masticano un po’ di italiano lo chiamano “papà”, “il nostro papà”. Il tipico problema di accenti degli stranieri. O forse non è solo fonetica. 

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