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Un pianoforte che conduce a Dio

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© Chiara Bertoglio

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 28/07/16

Chiara Bertoglio: musica, spiritualità e teologia

Chiara Bertoglio è una giovane pianista, musicologa, scrittrice e docente. Quante passioni in una sola donna!

L’abbiamo conosciuta come scrittrice pochi giorni fa occupandoci del suo libro pubblicato per i tipi di Effatà: “I colori della misericordia” e, incuriositi dal suo percorso umano e artistico, abbiamo deciso di intervistarla. Il trinomio musica, fede e scrittura rappresenta in maniera significativa la vita, la professione e l’animo di Chiara Bertoglio. Un percorso affascinante e profondo di cui abbiamo voluto sapere di più, per conoscere le radici che l’hanno portata fin da fanciulla a pigiare i tasti bianchi e neri di un pianoforte, a far diventare la musica “la sua seconda pelle”. Infatti a soli otto anni Chiara ha tenuto il suo primo recital, e l’anno successivo il primo concerto con orchestra.

Come è nata la sua passione per la musica?

Avevo tre anni quando ho cominciato a studiare musica. Mia mamma, psicologa e insegnante di scuola, attraverso i suoi studi era giunta alla convinzione che la musica fosse molto positiva per i bambini, un ausilio fondamentale per aiutarli a sviluppare tutta una serie di capacità cognitive e pratiche. Quindi, convinta che ci facesse bene imparare a suonare uno strumento, fece iniziare pianoforte a me e violino a mio fratello.

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© Chiara Bertoglio

Chiara Bertoglio ha già collezionato una straordinaria carriera: si esibisce in tutta Europa, nelle sale più prestigiose quali il Concertgebouw di Amsterdam, la Royal Academy di Londra, il Royal College di Londra, la Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo, l’Istituto Chopin di Varsavia, la Sala dell’Accademia di Santa Cecilia, il Maggio Musicale Fiorentino, il Cantiere di Montepulciano, il Festival di Cervo, la Filarmonica Romana, il Politeama di Palermo e tante altre. Nel 2005 ha riscosso un importante successo alla Carnegie Hall di New York. La fede l’accompagna sempre, è una costante della vita di Chiara, tuttavia come per la maggior parte delle persone, anche per lei, “non è mai una questione risolta una volta per tutte”, ma un percorso.

Quale ruolo ha la fede nella sua vita?

Per la fede devo tantissimo alla mia famiglia, che è una famiglia credente e praticante, i miei genitori ci hanno dato un’educazione cristiana, positiva e concreta, vissuta serenamente nel quotidiano. L’interesse che nutrivo dal punto di vista culturale per la religione ha trovato modo di essere appagato con gli studi teologici. Poi ho avuto il desiderio di far dialogare due parti fondamentali di me e della la mia vita: la musica e la fede. In certi momenti questi due aspetti sono stati anche in forte concorrenza l’uno con l’altro. Infatti coltivare professionalmente la musica fa correre il rischio di perdere di vista l’importanza dell’umiltà, in quanto un buon interprete – come ho cercato di essere io negli anni – deve dimostrare molta autorevolezza nel suo rapportarsi con le persone, molta sicurezza di sé.  C’è voluto quindi del tempo affinché mi rendessi conto che questo necessario atteggiamento del musicista non confligge con la vera umiltà, che non consiste nell’auto-svalutazione o nella commiserazione di sé.

Come vive il rapporto tra passione per la musica e spiritualità?

La musica oggi è l’aiuto più grande per la mia vita spirituale. Posso dire che il maggior stimolo nel vivere la mia spiritualità quotidiana proviene dalla musica di Bach, applicandomi con passione alla quale mi permette di cogliere e godere le “tonalità” espressive che riconducono a Gesù Cristo.

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© Chiara Bertoglio

Quale legame intercorre secondo lei tra teologia e musica?

La musica racchiude in sé sia un aspetto emozionale che razionale: essi sono profondamente integrati fra di loro, tanto che la musica rappresenta una forma particolare di teologia perché dovrebbe nascere dalla contemplazione e riportare ad essa. Rappresenta inoltre un modo di pensare e vivere le verità della fede in maniera simbolica, dove il termine  simbolico non si deve tradurre con fittizio, ma nel senso di avere la capacità di racchiudere insieme molti aspetti e significati anche non immediatamente logici.

Recentemente mi è capitato di fare uno studio su una cantata di Bach in cui una complessità incredibile di discorsi teologici vengono veicolati dalla musica e rivelati in una maniera molto discreta, nel senso che sono presenti ma si fanno apprezzare solo da chi li cerca. Per chi non li cerca la musica si offre unicamente come bellezza e fascino.

Nello stesso tempo da credente sono convinta che anche l’ascoltatore disattento, inconsapevole o non credente riesca in quale modo a percepire  il messaggio estremamente profondo, intenso e vero che la musica contiene e veicola.

Nella mia attività quotidiana di esecutrice sperimento che molti sono positivamente “vulnerabili” alla musica, perché la musica emana e trasmette una forza profondamente spirituale, religiosa e teologica. Spesso di fronte a un testo sacro o a una predica le persone si rivelano più refrattarie e distanti mentre la musica con la sua straordinaria capacità attrattiva è mio avviso una risorsa incredibile di cui dovremmo essere più consapevoli per sfruttarne adeguatamente le potenzialità di risveglio religioso. Questo è un mio grande sogno: poter condividere la personale esperienza di vita e di studio, e renderla uno strumento in più per l’evangelizzazione.

Come è nato il suo interesse per la scrittura?

La lettura ha rappresentato e rappresenta una delle più grandi passioni della mia vita: sono stata già da piccola una divoratrice di libri, anche questo grazie a mia mamma e a mio papà fin da quanto mi tenevano in braccio: mi definisco perciò una lettrice compulsiva. Le prime esperienze come scrittrice sono nate in maniera provvidenziale, nel senso che un mio conoscente che era un docente universitario mi chiese di tenere un seminario per i suoi studenti, ed io molto imbarazzata e preoccupata  studiai moltissimo per fare bella figura. Alla fine avevo accumulato una tale mole di appunti che il primo libro nacque così, praticamente da solo.

Qual è stata la verità più importante che la fede le ha permesso di scoprire?

La mia fede deve molto alla vicinanza con l’Ordine domenicano nell’ambito del quale ho tantissimi amici, sacerdoti e religiose: sono stati loro a stimolarmi e ad appassionarmi allo studio della teologia. Grazie a questi studi e alle mie esperienze personali ho compreso che tutto viene dall’essere perdonati, non è l’uomo a dover convincere Dio di essere buono e degno di amore: è il Suo sguardo su di noi ad essere misericordioso. Ci illudiamo di poter organizzare, gestire e controllare la nostra vita, ma tutto è nelle Sue mani: la rivelazione di Dio per me è la Sua Misericordia.

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