Gli otto pensieri cattivi, in Oriente, corrispondono ai nostri sette vizi capitali. Ci ricordano che il peccato si insinua nel cuore attraverso un pensiero. A questo proposito, la tradizione spirituale distingue cinque gradi di tentazione: la suggestione, il colloquio, il combattimento, il consenso e la passione.
Immaginiamo di vedere per terra un portafoglio. Nel primo grado – suggestione – mi accorgo che è pieno di denaro: chissà quante cose potrei farci, quanti desideri soddisfare.
Il secondo grado è il colloquio. Non fuggo dalla tentazione, comincio a dialogarci: forse è meglio che lo prenda io che non qualcuno afflitto da una dipendenza: risparmierei a un derelitto un’overdose o una perdita al gioco.
Giunto al terzo grado – combattimento -, penso che dovrei portarlo subito in questura, affidarlo ai tutori dell’ordine. Ma loro che cosa ne faranno? Forse arriveranno a litigare, nel tentativo di appropriarsene e utilizzarlo per scopi personali. Dunque: lo prendo o non lo prendo? Qui la tensione è al massimo: sentimenti in conflitto si scontrano con rimorsi e desideri che agitano il cuore.
Il quarto grado è il consenso. Ho deciso, lo prendo. Dal punto di vista della fede, il peccato arriva solo adesso. Anche se qualcuno più furbo mi soffia il portafoglio senza tanti complimenti, ho peccato comunque di pensiero.
La passione è l’ultima tappa di questo fallimento. Se mi abituo a cedere alla tentazione, non ci saranno freni alle future trasgressioni: sarò schiavo della mia debolezza.
Gli otto pensieri cattivi, per i Padri dell’Oriente, sono la gola, la lussuria, l’avarizia, l’ira, la tristezza, l’accidia, la vanagloria e la superbia. Sappiamo, ormai, che non è così facile rimanerne vittime: bisogna attraversare varie fasi per cadere nella trappola. Di qui la saggezza del proverbio: prima di seguire un impulso, conta fino a dieci. Meglio fino a cento.
Gli 8 pensieri cattivi
don Fabrizio Centofanti - pubblicato il 24/07/16
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