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Perché agiamo in un certo modo anche se sappiamo che è sbagliato?

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Catholic Link - pubblicato il 22/07/16

Alcune riflessioni sulla doppia morale

di Sebastian Campos

Sebbene al giorno d’oggi il telefono sia qualcosa di necessario, dobbiamo riconoscere che molte persone sono diventate dipendenti dai social network e da varie applicazioni. Ma al di là della dipendenza, la cosa che ci preoccupa e su cui vogliamo riflettere è che ci sono delle abitudini che sappiamo essere sbagliate, ma che le tolleriamo ugualmente.

Immagino che dopo aver visto il video tu abbia subito pensato a quante volte ti sei comportato in questo modo. Sarà che forse ci succede la stessa cosa, in altri aspetti della nostra vita?

Molte volte ci comportiamo come persone dalla doppia vita, cioè dalla doppia morale. Per morale intendiamo l’insieme di norme e costumi che vengono considerate positive per determinare il comportamento delle persone (in particolare la morale cristiana che è immersa nell’amore per il prossimo e per Dio). Ma alla fine siamo costretti ad ammettere tristemente che predichiamo una cosa e ne facciamo un’altra; ovviamente alcuni lo fanno in modo più spudorato di altri.


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Questo potrebbe scoraggiarci e farci sentire ipocriti (o circondati da ipocriti), portandoci a guardare il lato negativo della situazione e a pensare che tutto è perduto, che predichiamo una cosa e non ci sforziamo affatto di metterla in pratica. Oppure potremmo guardare questa realtà con speranza, confidando che in fondo cerchiamo tutti il bene, desiderando che gli altri conducano una vita corretta e che, sebbene noi siamo fragili, vogliamo che chi ci circonda abbia una vita integra.

È un punto fondamentale della nostra vita di fede. Ci accostiamo all’Eucaristia e ai sacramenti, e siamo persone pie e di preghiera; ma se dentro di noi abbiamo sentimenti e pensieri che ci portano a compiere azioni che sono distanti da ciò che proclamiamo, che senso e quale valore ha tutto ciò che facciamo?

La vita moralmente corretta che siamo invitati a condurre non è un mero accessorio della spiritualità, ma è fondamentale per comprendere la nostra identità di figli di Dio. La nostra intenzione di fare il bene è una conseguenza del fatto che siamo creati con una legge naturale innata nel nostro cuore, non è una conseguenza di una lista di comandamenti rispettati. Fare il bene è il risultato di questa relazione d’amore.

Tuttavia la questione morale è secondaria, la cosa principale è l’amore. Se ami Dio, ami te stesso e ami il tuo prossimo, quasi non è necessaria una lista di norme e costumi da rispettare, perché il resto verrà di conseguenza. Per tornare all’esempio del video, perché è necessario evitare di usare il telefono a tavola? Lo facciamo perché papà lo proibisce oppure perché vogliamo bene alle persone che sono sedute vicino a noi e vogliamo condividere del tempo con loro? E applicando questo principio alla nostra vita, perché vogliamo fare il bene? Perché Dio lo indica nei suoi comandamenti oppure come risposta di amore e gratitudine per tutto il bene ricevuto?

Essendo fragile, l’essere umano ha bisogno di alcuni punti di riferimento per non perdersi lungo il cammino. Il problema è che spesso questi punti di riferimento sono lontani e per raggiungerli prendiamo delle scorciatoie.

Nella prossima pagina alcune delle “scorciatoie” più comuni che ci fanno cadere nella doppia morale.

1. Pulire l’esterno del piatto

Lo abbiamo fatto un po’ tutti, a casa. Servire un piatto che non è stato sporcato per niente, per poi dare una passata con un tovagliolo e rimetterlo a posto. Ad essere puntigliosi, quello resta comunque un piatto usato e non lavato. Facciamo la stessa cosa a livello morale e spirituale, e Gesù è stato duro verso chi –con superficialità e negligenza – si interessa solo che le cose abbiano un “aspetto di pulizia”, pur non essendo davvero pulite.

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto!» (Matteo 23: 25-26).

Rimettere le mani sulla tovaglia quando papà ti sta per guardare non significa che un secondo prima tu non fossi incollato al telefono digitando a velocità ultrasonica.


2. Il problema di fare le cose nel privato

Abbiamo tutti un aspetto privato e uno pubblico. In questi due ambiti della nostra vita ci comportiamo in modo diverso, e va bene così. Ma sbagliamo se nell’intimità ci permettiamo di fare, pensare, omettere o dire cose che sappiamo essere moralmente scorrette (ma dato che nessuno lo verrà a sapere, le facciamo lo stesso). Dobbiamo fare attenzione a come ci comportiamo nella vita privata. Le nostre azioni (a prescindere che siano private o pubbliche) devono sempre avere un impatto positivo negli altri. E, soprattutto, rispettare Dio.

Tutti controllavano il telefono, quando non erano visti dal papà. Fare qualcosa di sbagliato nel privato non lo fa diventare giusto.


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3. Alcune cose iniziano a essere considerate normali

Siccome siamo esseri sociali, molto di ciò che facciamo ha a che fare con quanto la nostra società autorizza a fare. Questo è il bello della vita con gli altri, perché cerchiamo accordi e siamo flessibili in merito alle reciproche differenze. Ci amiamo. La cosa triste è quando chiudiamo un occhio perché “così fan tutti” e nessuno si scandalizza.

Se vediamo che la mamma prende il telefono quando papà si gira, sebbene sappiamo che non dovremmo prendere il telefono, lo facciamo lo stesso. E se siamo dei fratelli minori e vediamo che nostra sorella maggiore segue i passi della mamma, mi permetto di fare ciò che papà non avrebbe sicuramente approvato.Quante volte agiamo come se Dio non ci stesse guardando e ci permettiamo di fare cose che fanno i nostri “fratelli maggiori”, sebbene sappiamo che siano sbagliate?

La verità è che il bene e il male non sono soggetti ai principi della democraticità. Né possono essere soggetti all’opinione della maggioranza. Se qualcosa è sbagliato, continuerà ad esserlo anche se tutti lo fanno.


4. Vogliamo il meglio dagli altri, ma non siamo disposti a essere i primi a farlo

Questo è il punto che non ci fa essere credibili come cristiani. Predichiamo Gesù, la sua buona notizia, i valori che ci insegna, l’importanza di amare il prossimo e vogliamo che il mondo intero conosca questa Verità e che dia il proprio cuore e la propria vita a Lui. Ma poi noi non facciamo il benché minimo sforzo per fare quello che invitiamo tutto il mondo a fare.

Papà vuole il meglio dalla sua famiglia e dalle azioni di tutti, si capisce che è stato lui a istituire la regola del “niente telefono a tavola”. La sua intenzione è buona e guarda tutti con sguardo severo e autoritario ogni volta che ha il sospetto che gli altri stiano usando il telefono. Ma, non visto, permette a se stesso di usarlo.

«Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito» (Luca 11:46).

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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