«Tengo a dire che ho molto apprezzato la sua scelta di non intervenire con un discorso formale ma di concentrare l’emozione di questa visita, così significativa, in un lungo e intenso silenzio». Noemi di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha rivolto a Papa Francesco un messaggio, a pochi giorni dalla sua visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
In vista della visita che papa Francesco compirà a giorni al campo di concentramento polaco, nell’ambito del suo viaggio in Polonia per la Giornata mondiale della Gioventù, gli ebrei italiani scrivono a papa Francesco per esprimere apprezzamento per la scelta di Bergoglio di non pronunciare discorsi sul luogo dello sterminio ma di raccogliersi in un momento di preghiera e rilanciano il monito a non dimenticare «la lezione della Shoah».
«La sua visita – scrive Noemi di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, in una lettera indirizzata a Francesco – diventa l’emblema di un percorso introspettivo di riscoperta e difesa dei valori più profondi, rispetto dell’altro e rispetto della vita, che oggi nuovi terribili nemici sembrano mettere in discussione assieme alle formidabili conquiste che l’Italia, l’Europa, il mondo intero hanno saputo conquistare dal dopoguerra in poi».
«Frutto di un patto tra generazioni nato proprio sulle ceneri di Auschwitz-Birkenau e degli altri luoghi di morte di quella stagione – continua Di Segni -, la democrazia, l’integrazione Europea e l’esistenza di Israele, sono la prova del lungo cammino percorso per non dimenticare la drammatica lezione della Shoah e per garantire a tutti, nessuno escluso, un futuro prospero e migliore».
«Ho molto apprezzato – afferma quindi Di Segni – la sua scelta di non intervenire con un discorso formale ma di concentrare l’emozione di questa visita, così significativa, in un lungo e intenso silenzio. Una forma di preghiera che tuona e che darà eco, ai gridi e al dolore dei tanti bambini, mamme, giovani, uomini che da quella terra non hanno fatto ritorno».
«Mai come oggi – conclude la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane – le religioni e i loro leader sono chiamati ad essere un esempio per tutti i cittadini, a prescindere dalle singole appartenenze ideali, spirituali e culturali. Ci attende quindi un lungo cammino di impegno e collaborazione nella consapevolezza che gli elementi che ci uniscono sono più numerosi e più significativi di quelli che ci dividono».