Con una sentenza dal forte valore storico e politico, il 22 luglio il Tribunale Distrettuale di Zagabria ha deciso l’annullamento nella sua interezza della sentenza con la quale nel 1946 l’arcivescovo di Zagabria, Alojzije Stepinac, veniva condannato a sedici anni di lavori forzati con l’accusa di avere collaborato con il regime ustascia dell’NDH, lo Stato indipendente croato appoggiato dalla Germania e dall’Italia durante la Seconda guerra Mondiale, e di avere dato il proprio benestare e fattivo appoggio alle stragi di serbi, ebrei e rom attuate dalle milizie ustascia in tutto il Paese, e soprattutto nel campo di concentramento di Jasenovac. Stepinac sarebbe morto nel 1960 agli arresti domiciliari presso il suo paese natale, Kraši?, nei pressi di Zagabria, per i postumi dei tentativi di avvelenamento che aveva subito in carcere.
Nel dispositivo della sentenza di annullamento della condanna, il Collegio giudicante del Tribunale Distrettuale di Zagabria, sotto la presidenza del giudice Ivan Turudi?, ha affermato che la sentenza del Tribunale Supremo della Repubblica Popolare di Croazia del 1946 viola tutti i principi del diritto penale materiale e processuale dell’attuale giurisprudenza ma anche di quella in vigore al tempo del pronunciamento della sentenza. Con la decisione del 1946 è stato violato il principio della legalità, quello del divieto dell’applicazione retroattiva del Codice Penale, il principio della colpa, nonché quello del diritto dell’imputato ad avere un giudizio giusto.
Il giudice Turudi? ha affermato che la sentenza del processo politico montato ai danni di Stepinac viola, oltre al principio del diritto a un giudizio giusto, anche quello del diritto al ricorso avverso una sentenza contraria ai propri interessi, a una sentenza motivata dal punto di vista legale, nonché i principi del divieto della condanna ai lavori forzati e quelli di uno Stato di diritto.
Il Tribunale Distrettuale di Zagabria ritiene che sia sufficiente leggere alcune parti del verbale di tale processo per evincerne la natura di processo politico montato. Al processo, ad esempio, furono ammessi solamente testimoni a carico dell’arcivescovo; inoltre le testimonianze di testimoni dell’Accusa a carico dell’arcivescovo erano stati appositamente istruiti a testimoniare in tal senso, così che la sentenza di questo processo «in realtà non è stata decisa dal Collegio Giudicante, bensì dall’accusatore comunista Jakov Blaževi?».
Dalla Serbia sono giunte reazioni durissime a questa sentenza. In un’intervista al quotidiano ‘Blic’, il Presidente Nikoli?, di tendenza cetnico-nazionalistica, ha definito la sentenza un tentativo di pressione nei confronti del Papa in favore della canonizzazione di Stepinac, e ha aggiunto di non riconoscere la sentenza pronunciata dal tribunale Distrettuale di Zagabria in quanto l’unico Stato legalmente successore della Jugoslavia è la Repubblica di Serbia, non la Croazia, che egli considera diretto successore dell’NDH. Nikoli? ha anche dichiarato che sta raccogliendo personalmente materiale da passare ai membri serbo-ortodossi della Commissione di studio sulla figura di Stepinac recentemente istituita da papa Francesco.
Queste dichiarazioni del presidente serbo mostrano chiaramente ancora una volta che l’opposizione alla canonizzazione di Stepinac non viene principalmente da ambienti ecclesiali serbo-ortodossi, bensì da circoli serbi cetnico-nazionalistici che vedono la questione della canonizzazione di Stepinac come un problema di carattere politico, conseguenza diretta, come hanno ricordato spesso in questi ultimi mesi i vescovi cattolici croati, della storica ostilità serba verso i croati e della dura opposizione serba all’esistenza di uno Stato croato indipendente.