Quante volte ci è capitato di sentirci così inquieti? Allora seguite queste "lezioni" e vivrete meglio il vostro presente (e il vostro futuro)
L’invidia mi rende infelice? Il mio sguardo non è sempre puro? Sono bramoso di denaro?
La fede in Dio può aiutarmi a superare questi stati d’animo che mi affliggono? Secondo Pierre Descouvemont in “Signore, non ne posso più. Ricettario di spiritualità quotidiana in 12 lezioni” (edizioni San Paolo), Dio può essere il vero antidoto in queste situazioni, la terapia più giusta per risollevare il nostro stato d’animo. Vediamo in che modo.
1) “MI SENTO INVIDIOSO VERSO ALTRE PERSONE”
Anche se sto bene nei miei panni, mi capita a volte di essere improvvisamente afferrato da un sentimento di tristezza, quando mi accorgo che qualcuno riesce meglio di me in un campo in cui ritenevo di essere bravo. Sono tentato dall’invidia perché l’efficienza altrui mi fa perdere posizioni.
Posso cercare di vincere questa tristezza pensando che nella vita ci saranno sempre dei primi e degli ultimi, e sarebbe da sciocchi pretendere sempre il primo posto.
DISASTRI PROVOCATI DALL’INVIDIA
Questo genere di riflessione tuttavia non basta a guarire la tristezza dell’invidioso. Si tratta invece di stroncare sul nascere il senso d’inferiorità che avvelena spesso il nostro cuore. La Bibbia ci presenta più di una volta i disastri provocati dall’invidia. Il diavolo non sopporta di vedere gli uomini felici. «Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24). Perciò li spinge a rivoltarsi contro Dio, come lui stesso ha fatto: non ha accettato che Dio fosse migliore di lui!
Caino non sopporta che il sacrificio di Abele sia più gradito del suo agli occhi di Dio; i fratelli di Giuseppe non sopportano che il loro padre Giacobbe abbia una preferenza per «il figlio della sua vecchiaia» (Gn 37,3).
I TALENTI
Una prima serie di beni che tendiamo a invidiare sono i doni, naturali o soprannaturali, che il Signore ha elargito al nostro prossimo, e che noi talvolta non abbiamo: la salute, la bellezza, l’intelligenza, la spigliatezza in società, la facilità di parola, le responsabilità ecc. Allora lasciamoci guidare da un primo principio evangelico: il valore essenziale dell’uomo non viene dalla quantità di talenti che Dio gli ha affidato, ma dal come li fa fruttificare e, in definitiva, dalla qualità del suo amore, che Dio solo conosce.
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