Non ha mai cercato il consenso per fini personali. Nè ha mai ceduto alla brama di potere. Neppure quando lo ha tentato il diavolo
Gesù si può considerare un politico? E’ capitato che almeno una volta attraverso il suo carisma cercasse il consenso popolare?
A queste domande risponde Cosimo Posi in “Il potere capovolto – La politica nella Bibbia e nella Chiesa” (Edizioni Messaggero Padova).
Nonostante il fatto che «tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti» (Lc, 6,19), Gesù, sentenzia l’autore, non ha mai approfittato del consenso popolare acquisito grazie alla sua predicazione e alle sue azioni miracolose, strumentalizzando la religione per finalità egoistiche.
Posi dimostra con degli esempi concreti perché Gesù non ha mai cercato il consenso per fini personali, né può considerarsi un politico.
IL RIMPROVERO A GIACOMO E GIOVANNI
Perfino quando, durante la salita a Gerusalemme, Gesù e i suoi discepoli ricevono una cattiva accoglienza da parte di un piccolo villaggio della Samaria a causa di un torto subito, Giacomo e Giovanni, presi da zelo, chiedono a Gesù di concedere loro di far scendere un fuoco dal cielo per consumare i loro oppositori, Gesù li rimprovera aspramente, dal momento che ogni potere che si trasformi in ideologia fanatica, religiosa, nazionalista, risulta radicalmente inconciliabile con il disegno di Dio (Cf. Lc 9,51-56).