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24 ore insieme a Gesù riscoprendo le Beatitudini

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Pixabay.com/Public Domain/ © markusspiske

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 12/07/16

Il sorprendente incontro in un fast-food di un sacerdote con il Signore

Il libro “24 ore con Gesù. Corso intensivo di Beatitudini (con salvataggio del mondo incluso)” di don Diego Goso (San Paolo edizioni) racconta l’avventura piena di umorismo di don Marco, un sacerdote appassionato di pancetta e patatine fritte, che vive la straordinaria esperienza di un viaggio di 24 ore con Gesù.

L’inaspettato incontro avviene all’interno di un fast food dove si registra l’incidente più tragico che possa accadere in un posto del genere: non ci sono più patatine da friggere! E a questo punto che interviene uno strano personaggio che risolve a modo suo il problema e invita don Marco a seguirlo. Dopo un’iniziale titubanza, il sacerdote decide di seguire quello strano ragazzo che ha finalmente identificato come Gesù per “aiutarlo a salvare il mondo in meno di 24 ore”: questo percorso si rivelerà ricco di sorprese, incontri e… un “aggiornamento” delle beatitudini.

I poveri in spirito

“(…)Dietro di me, appesa al muro dove mi ero appoggiato prima, è comparsa una lavagna. Gesù mi mostra alcune cose con una bacchetta di legno da insegnante, apparsa anch’essa all’improvviso nella sua mano. La lavagna è divisa da una linea verticale esattamente a metà. In cima, a sinistra, è scritta in maniera elegante la parola “prima”; alla stessa altezza, a destra, la parola “dopo”. Il giovane dà un tocco alla lavagna e, sotto “prima”, appare il disegno molto particolareggiato di una cascina agricola. «Vedi come vivevano un tempo le persone? Tante famiglie insieme, in piccole comunità, dove il cortile era il luogo per trovarsi e condividere. E tutti pensavano al povero e al malato. Vivevano e pregavano in comune, pur nell’indipendenza delle loro abitazioni».(…) La bacchetta del Signore tocca la seconda parte della lavagna. Compare una villetta elegante, con piscina e alte recinzioni di alberi a renderla impenetrabile agli occhi esterni. «Ed ecco la nuova architettura di questi tempi senza Mio Padre – continua Gesù pronunciando il nome dell’Altissimo con un filo evidente di commozione. – Posti belli solo per coltivare la propria individualità, incuranti dei vicini che a volte nemmeno si conoscono, anche se si vive a pochi metri gli uni dagli altri per anni e anni». Si rivolge a me: «Ricordi la prima Beatitudine?». Non mi faccio trovare impreparato e recito, un poco balbettando: «Beati i poveri in spirito…». (…) L’uomo ha perso la grandezza del suo spirito, dell’essere comunità viva e aperta ai deboli. L’uomo ha perso il senso di fratellanza»”.

I miti

“«(…) Qui siamo davanti alla terza beatitudine, solo che l’avete capovolta nel suo significato». «Temo di non capire… dunque… vediamo… Beati i miti perché erediteranno la terra, no?»: il prete incalzò il Messia, che annuì. «Sì, ma quando io parlavo di miti intendevo l’uomo mite. Non l’uomo mito. Mite, arrendevole, pacifico: tutto il migliore DNA per poter rendere questo mondo già un anticipo del Paradiso che vi attende. Il creato è stato pensato dallo Spirito di Sapienza come adatto proprio a persone del genere…». Passarono alcuni istanti di silenzio. Gesù sembrava pensieroso. Don Marco si sentì in dovere di continuare a estrargli pezzi di Vangelo extra: «E invece…?». «E invece, altro che mite. Qui, i miti che hanno ereditato la terra sono i figli del successo, che ti mette sotto la luce di mille riflettori, altro che di uno solo, come abbiamo scherzato noi poco fa. Guarda questo posto», continuò il Signore, voltandosi intorno: «non vedi che vi è solo la vittoria del marchio, del posto chic, della boutique per pubblico esclusivo? E la vita, essa mette intorno a tutto questo i poveretti che vedi: gente che è stata esclusa dal sistema, o che ha scelto di non volerne più fare parte; con storie terribili di sofferenza e delusione, per questo immenso baraccone delle promesse che ti porta in cima alla montagna dell’egoismo e del piacere, ma solo dopo averti costretto a compiere ogni genere di nefandezza. Questi sono i miti che hanno ereditato la terra, il nuovo Olimpo stagionale che ogni tanto rinnovate in una gara al ribasso, fatta di personaggi discutibili che si ergono a maestri di vita, con le loro folle osannanti; donne e uomini cui tutti desiderano assomigliare»”.

Gli affamati e assetati di giustizia

“«Dove siamo?» (…) «Su un treno» (…) «È il treno della giustizia umana. Ricordi la prossima beatitudine? . Don Marco dovette riprendere mentalmente l’elenco da capo prima di rispondere: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati, giusto, no?». «Esatto» continuò compiaciuto il Signore. «E visto che ti stai chiedendo come mai è di questo colore giallo che ti infastidisce, ti rispondo subito che quello della giustizia divina è invece di color bianco, riposante». «Perché questa differenza?». «Perché la giustizia umana molte volte non risolve davvero le cose, o lo fa con meccanismi di una lunghezza e una complessità che alla fine lasciano l’amaro in bocca. (…) E dove ci porta?». La cosa stava davvero incuriosendo il sacerdote. «Dentro un cuore umano, dove potrai provare tutte le emozioni che nascono quando ci si scontra contro l’ingiustizia. Non sarà piacevole, ma ti assicuro che per il nostro scopo è davvero importante. Te la senti?». Prima che don Marco potesse pensarci un minimo, e rispondere in qualunque modo, il treno si mise in moto. (…) Nell’ordine, don Marco provò queste sensazioni: paura e incredulità, come capita alle persone che vengono accusate ingiustamente di reati che non hanno nemmeno sognato di commettere. (…) Rabbia. Di quella veramente cattiva. Verso tutti, Dio compreso. E mentre provava questo sentimento si vergognò anche solo d’incrociare lo sguardo di Gesù, che davvero non c’entrava con tutte queste cose, ma era bello prendersela con qualcuno, anche fosse con Dio. Svuotamento e abbattimento. Aveva provato nella vita “reale” queste cose dopo aver subito un furto nel suo appartamento. (…) Don Marco si ritrovò per terra con tanta voglia di vomitare. Il contatto con le mani di Gesù, che il giovane Messia impose sulla sua testa, lo guarì all’istante. Si rialzò, con gli occhi pieni di lacrime e di gratitudine. «Brutta la fame di giustizia eh? Comprendi quanto sia importante che si metta un freno a questo appetito prima che la società crolli per la sfiducia della gente?», lo interrogò il Messia”.

Alla fine delle 24 ore trascorse con Gesù alla riscoperta delle Beatitudini, dei fondamentali della fede e arricchite dall’incontro con importanti personaggi evangelici…

«La voglia di vomitare mi è passata. Gesù si alza e mi tira su con le braccia. È forte, nonostante appaia mingherlino. Mentre mi alzo, vedo sotto la sua t-shirt sollevata, l’ultima ferita nascosta, quella della lancia del soldato romano inferta al costato. Prova concreta di quel sacrificio, di quel “gettarsi” nel cuore dell’odio, per impedirgli di divorare il mondo».

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