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L’omosessualità è motivo di annullamento di un’ordinazione sacerdotale?

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© Padre Cup 2010 / CIRIC International

Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 11/07/16

La condizione stabilita dal diritto è che il sacerdote sia un uomo

La Chiesa, attraverso il Diritto Canonico, indica al canone 1024 quale sia la prima condizione per ricevere validamente l’ordinazione, sia essa diaconale, sacerdotale o episcopale.

In base a questo canone, la prima condizione del soggetto per l’ordinazione è quella di essere uomo: “Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile”.

Da ciò deriva il fatto che, in via di principio, la condizione omosessuale di un chierico non può essere addotta come causa di nullità della sua ordinazione, perché a livello “materiale” rispetta la condizione stabilita dal diritto, trattandosi fisiologicamente di un maschio.

È ovvio che se un omosessuale arriva ad essere ordinato, tra le altre cose gli si richiede, come a tutti gli omosessuali, la castità ­“Le persone omosessuali sono chiamate alla castità” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359) ­, e il sacerdote in questione ne deve essere ben consapevole.

Nei casi in cui il comportamento del chierico omosessuale potesse essere motivo di scandalo, gli si dovrà proibire l’esercizio del ministero a favore del bene personale, del bene comune e del buon nome della Chiesa.

Non si può dunque cadere nell’idea semplicistica di considerare l’omosessualità una controindicazione assoluta che rende invalido il sacramento dell’ordine.

Ricordiamo che il fatto in sé di essere omosessuali o, il che è lo stesso, di avere la tendenza omosessuale non è peccato; il peccato è costituito dagli atti omosessuali.

“La Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati” (Catechismo, n. 2357).

Sia al sacerdote omosessuale che a quello eterosessuale si richiede quindi il celibato, e ancor più la castità. Se il sacerdote è religioso, la castità dev’essere osservata a maggior ragione in virtù del voto pubblico, vedendo nella castità una beatitudine.

Entrare nel dibattito sull’idoneità degli omosessuali ad essere ammessi all’Ordine sacro è già un’altra questione, con ripercussioni soprattutto nel campo della formazione nei seminari.

Il fatto che l’omosessualità non sia causa di nullità, o almeno non compaia nella lista delle sei irregolarità per ricevere gli ordini (Can. 1041), non significa che la condizione o la tendenza omosessuale debba essere trascurata o che si debba accettare nei candidati al sacerdozio. Perché? Perché l’omosessualità implica una seria problematica personale.

Il fatto di sperimentare “tendenze omosessuali profondamente radicate” (Catechismo, n. 2358) impedisce una maturità affettiva necessaria in qualsiasi ambito di vita, inclusa la vita matrimoniale.

Se si richiede una maturità affettiva per il matrimonio, a maggior ragione si richiede per la vita sacerdotale, nella quale il sacerdote è chiamato a trattare con bambini, giovani e adulti di ogni età.

È importante formare bene i seminaristi e orientarli alla maturità – in tutta l’estensione del termine, maturità necessaria per essere all’altezza del servizio ecclesiale affidato loro.

Bisogna tener conto del fatto che ogni sacerdote rende presente Gesù (vero Dio e vero uomo) attraverso la celebrazione dei sacramenti, la predicazione e il suo continuo servire persone di ogni età e classe sociale.

Per questo il sacerdote deve esercitare il suo ministero in modo corretto, ordinato, equilibrato e sano, con una maturità affettiva e un’integrità morale senza macchia.

L’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, firmata il 4 novembre 2005, afferma che la Chiesa “non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay” (n. 2).

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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