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La Didachè, o Dottrina dei Dodici Apostoli

Apse Mosaic: Cross

Holly Hayes-CC

La croce latina è la croce cristiana “classica”, rappresentazione del santo sacrificio di Gesù sulla croce.

Javier Ordovás - pubblicato il 11/07/16

Prezioso esempio di letteratura cristiana del I secolo

La Didaché è stata scritta tra il 65 e l’80 d.C., e i primi Padri della Chiesa la tenevano in grande considerazione.

Si ritiene che la Didachè, o Insegnamento dei Dodici Apostoli, sia uno scritto che appartiene alle prime produzioni letterarie cristiane. Il tempo l’ha rispettata, e si è conservata fino ai giorni nostri.

Non se ne conoscono né l’autore né il luogo di composizione. Alcuni studiosi parlano piuttosto di un compilatore, che avrebbe messo per iscritto alcuni insegnamenti della predicazione apostolica. Si pensa che la redazione sia avvenuta su suolo siriano o forse egiziano.

La Didaché, o Dottrina dei Dodici Apostoli, alla quale si riferiscono anche alcuni autori antichi, era stata data per persa fino a quando il testo è stato rinvenuto in un manoscritto di Costantinopoli pubblicato nel 1883. Sono sorte subito vive polemiche sul suo carattere e sulla sua antichità.

Il suo valore principale risiede nel fatto che ci offre dati extrabiblici sulle istituzioni e sulla vita delle prime comunità cristiane. La Didachè vuole codificare regole e disposizioni morali, liturgiche, giuridiche e di altro tipo che si ritenevano convenienti e necessarie nel momento in cui è stata scritta. Presenta un orientamento esclusivamente “pratico”, e tranne il capitolo 16 tralascia ogni elemento dogmatico.

Le citazioni dell’Antico Testamento sono scarse, mentre l’autore parla del “Vangelo del Signore”, senza specificare a quale dei sinottici si riferisca, e cita 23 detti o sentenze di Gesù Cristo – 10 testualmente, gli altri in forma libera. Non si trova alcuna citazione che alluda a fatti storici dei Vangeli. L’autore, inoltre, sembra non conoscere il Vangelo di Giovanni. Non vengono citate formalmente neanche le epistole di San Paolo.

Le questioni sollevate dalla Didachè sono varie. Oltre alla sua datazione, è stato studiato il suo rapporto con altri scritti cristiani come il Vangelo di Matteo o l’epistola di Barnaba, nonché con preghiere ebraiche come il Kidush, la Amidah o il manuale di disciplina della comunità essena di Qumran.

L’interesse che risveglia non è solo letterario, ma anche liturgico, perché la Didachè contiene le prime istruzioni conosciute per la celebrazione del Battesimo e dell’Eucaristia, così come una delle tre redazioni sopravvissute della preghiera del Padre Nostro. Se si considerano le varie traduzioni dell’opera, la dispersione geografica dei frammenti trovati e la lista di opere successive che dipendono da essa, la Didachè doveva essere molto nota nei primi secoli.

Come altre opere della letteratura cristiana, è stata per molto tempo vicina al canone biblico prima di essere poi scartata. Attualmente viene inclusa nel gruppo eterogeneo dei cosiddetti Padri apostolici, dei quali può essere lo scritto più antico, e senza dubbio il più importante. Nel suo contenuto si respira la vita del cristianesimo delle origini. Attraverso formulazioni chiare, accessibili sia a menti colte che a persone meno istruite, si enumerano norme morali, liturgiche e disciplinari che devono guidare la condotta, la preghiera e la vita dei cristiani. Si tratta di un documento catechetico, breve, destinato probabilmente a dare le prime indicazioni ai neofiti o ai catecumeni.

In questo testo si distinguono quattro parti.

La prima, di contenuto catechetico­morale, è basata sull’insegnamento delle due vie che si presentano all’uomo: quella che conduce alla vita e quella che porta alla morte eterna.

La seconda parte, di carattere liturgico, tratta del modo di amministrare il Battesimo – porta degli altri sacramenti –, del digiuno e della preghiera – molto praticati dai primi cristiani – e della celebrazione dell’Eucaristia.

La terza parte tratta della disciplina della comunità cristiana e di alcune funzioni ecclesiastiche. Si spiega anche sinteticamente il modo di celebrare il giorno del Signore (la nostra attuale domenica) e si allude, tra le altre cose, a due abitudini che manifestano la finezza di carità praticata dai nostri primi fratelli nella fede: l’ospitalità – con avvertenze di fronte agli abusi di quanti cercavano di vivere alle spalle degli altri – e la correzione fraterna.

L’ultima sezione inizia parafrasando l’esortazione di Gesù a vivere vigilanti, a prepararsi all’ora della venuta del Signore. Questa parte finisce con una sintesi dei principali insegnamenti escatologici pronunciati dal Maestro. L’insieme è formato da varie istruzioni di tipo morale, liturgico e disciplinare, forse per l’uso di evangelizzatori itineranti. Il suo particolare interesse risiede nel fatto che ci fa conoscere le forme più primitive di catechesi morale, con influenza ebraica, e gli elementi più antichi della liturgia battesimale ed eucaristica, così come l’organizzazione ecclesiastica nel momento in cui, insieme ai predicatori itineranti e carismatici, iniziano a sorgere una gerarchia stabile e un’organizzazione nelle Chiese locali.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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