All’Angelus il Pontefice lancia un appello all’accoglienza e, citando una canzone di Mina, mette in guardia da una solidarietà «solo a parole»«Alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia», sostiene all’Angelus Francesco citando la celebre canzone di Mina (con Alberto Lupo) «Parole, parole» per mettere in guardia dalle «parole che si porta via il vento» e per distinguere le opere di misericordia da una solidarietà solo affermata con le parole. «Dio è nei rifugiati che tutti vogliono cacciare via. Il mio prossimo ha anche nazionalità e religioni diverse», evidenzia Francesco.
Se gli altri non ci interpellano, «non siamo buoni cristiani», avverte. «Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?», si chiede il Papa in una catechesi sulla parabola del buon samaritano che «nel suo racconto semplice e stimolante indica uno stile di vita, il cui baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà».
E cioè «coloro che incontriamo sul nostro cammino e che ci interpellano». Infatti, sottolinea il Pontefice, «gli altri ci interpellano e quando non ci interpellano qualcosa non funziona, qualcosa non è cristiano». Quindi, aggiunge Jorge Mario Bergoglio, «non devo catalogare gli altri per decidere chi è mio prossimo e chi non lo è: dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile».
Perciò occorre farsi prossimo «del fratello e della sorella che vediamo in difficoltà». Da qui l‘appello di Francesco a «fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento: mi viene in mente quella canzone “parole, parole”. E “mediante le opere buone che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto”. Ne scaturisce la domanda: “La nostra fede è feconda? Produce opere buone? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Seleziono le persone a secondo del mio proprio piacere?”». Queste domande, precisa il Pontefice, «è bene farcele spesso perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia».
Infatti il Signore potrà dirci: «Ti ricordi quella volta, sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo mezzo morto ero io. Quel migrante che volevano cacciare via ero io. Quel nonno abbandonato ero io. Quel malato che nessuno va a trovare in ospedale ero io».
Dopo la recita dell’Angelus, Francesco ha ricordato che oggi ricorre la «Domenica del mare», a sostegno della cura pastorale della gente di mare. L’incoraggiamento del Papa è rivolto ai «marittimi e i pescatori nel loro lavoro, spesso duro e rischioso, come pure ai cappellani e ai volontari nel loro prezioso servizio. Maria, Stella del Mare, vegli su di voi».
Salutando i gruppi di fedeli presenti in piazza San Pietro, Francesco a un certo punto si è interrotto. «Ho sentito lì alcuni dei miei connazionali che non stanno zitti – ha affermato a braccio tra italiano e spagnolo -, a los argentinos che estàn aquì e che fanno chiasso, che hacen lio, un saludo especial».