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Josef Mayr-Nusser, sposo padre e prossimo beato

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Vatican Insider - pubblicato il 10/07/16
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«Giuro a te, Adolf Hitler, Führer e cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio. Prometto solennemente a te e ai superiori designati da te obbedienza sino alla morte. Che Dio mi assista». Il giuramento delle reclute era un evento scontato per quanti, provenienti da tutta la Germania nazista e dai territori occupati, sarebbero andati a ingrossare le già robuste fila delle SS. E avrebbe dovuto essere così anche il 4 ottobre 1944 in un cortile della cittadina di Konitz, nella Prussia orientale, quando il maresciallo aveva finito di spiegare nei minimi particolari la cerimonia prevista per il giorno successivo. Ma ecco l’imprevisto: in mezzo al gruppo la mano alzata di una recluta chiese il permesso di parlare. «Signor maresciallo, non posso giurare a questo Führer» pronunciò con voce ferma Josef Mayr, 34 anni, per tutti Pepi, originario del maso Nusser, nei pressi di Bolzano. Il motivo di una simile affermazione? «Per motivi religiosi», spiegò al comandante della sua compagnia mettendo per iscritto qualche ora dopo la sua dichiarazione. 

«Se nessuno ha il coraggio di dire loro che è contrario alle idee nazionalsocialiste», commentò davanti ai suoi commilitoni Josef, «non cambierà mai nulla». Mayr-Nusser era stato prelevato insieme a molti altri suditirolesi solo un mese prima e costretto a partire in un vagone con la laconica scritta «Bolzano-Konitz»: il suo rifiuto gli aprì le porte del carcere, prima a Konitz, poi a Danzica. Morì di broncopolmonite il 24 febbraio 1945 nei pressi di Erlagen sul treno che l’avrebbe portato nel campo di Dachau dov’era prevista la sua fucilazione per alto tradimento. 

Il prossimo 18 marzo, vigilia della Festa di san Giuseppe, il servo di Dio Josef Mayr-Nusser verrà beatificato nel duomo di Bolzano dall’arcivescovo Ivo Muser per volontà di papa Francesco resa nota dalla Congregazione per le cause dei santi venerdì scorso. 

Una figura e una vicenda, quella del contadino sudtirolese, che richiama da vicino la decisione controcorrente di un altro figlio di una terra occupata dai nazisti coi quali si era rifiutato di collaborare, Franz Jägerstätter di St. Radegund in Austria proclamato beato nel 2007, incarcerato e giustiziato dai nazisti il 9 agosto 1943 a Berlino.  

In entrambi i casi decisioni maturate in ambito familiare con il contributo determinante delle due spose, rispettivamente Franziska (rimasta sola con tre figlie piccole dopo sette anni di matrimonio) per Franz e Hildegard, moglie di Josef da neppure due anni e con il piccolo Albert di pochi mesi. Un fermo diniego a diventare complice di una guerra efferata in nome, e in ascolto, della propria coscienza di cristiani testimoni del Vangelo. 

«Nella lettera del 27 settembre 1944 alla moglie Hildegard (una settimana prima del suo rifiuto a prestare giuramento) appare un cristiano che lotta per la sua decisione sostenuta dalla fede e che diventa una professione di fede personale nei confronti di un sistema anticristiano e misantropo», scrive il vescovo Muser nell’annuncio alla diocesi che apre con questo dono di grazia il cammino post-sinodale. «Il doverti gettare nel dolore terreno con la mia professione di fede nel momento decisivo, mi tormenta il cuore, o fedele compagna. Questo dovere di testimoniare ha certamente un valore, è una cosa inevitabile; sono due mondi che si scontrano l’un contro l’altro. In modo troppo chiaro i superiori si sono dimostrati negatori e odiatori di ciò che per noi cattolici è santo ed intoccabile. Prega per me, Hildegard, perché nell’ora della prova possa agire senza paura e senza esitazione, così come è mio dovere davanti a Dio e alla mia coscienza». 

Una decisione non improvvisata quella di Josef: piuttosto frutto maturato all’interno di un cammino ecclesiale fatto di ascolto della Parola e tanto servizio. 

Nato nel 1910, quarto di sei figli, avrebbe desiderato studiare scienze naturali, ma l’economia familiare – il padre era morto nella Grande Guerra – lo dirottò alla scuola commerciale per lavorare come cassiere in due note ditte bolzanine, mentre il fratello maggiore Jakob prendeva la via del sacerdozio. Divoratore di libri fin dall’infanzia, tra i suoi eroi giovanili annoverava san Tommaso Moro, nel 1933 aderì ad un gruppo giovanile cattolico guidato da don Friedrich Pfister e contemporaneamente alla conferenza di San Vincenzo, di cui più tardi diventerà presidente. Per il suo impegno venne eletto anche presidente della sezione maschile dei giovani di Azione Cattolica in quella che allora era la parte tedesca dell’arcidiocesi di Trento (le due diocesi si separeranno prendendo i confini delle due province civili solo nel 1964 secondo il dettato conciliare). Il pensiero di Romano Guardini orientava gli incontri, mentre ben presto ebbero l’autorizzazione a celebrare la messa (le letture del giorno) nella loro lingua madre, il tedesco, nella chiesetta di san Giovanni. 

«Rendere testimonianza alla Luce, annunciare Cristo al mondo. Un’impresa coraggiosa… Dare testimonianza è oggi la nostra unica arma, la più potente, un’arma abbastanza strana. Non spada, non violenza, non denaro, non potere spirituale, nulla di tutto questo ci è necessario per costruire il regno di Cristo sulla terra», scriverà il 15 gennaio 1938 sulla rivista della gioventù cattolica, Jugendwacht. 

Come sottolineano Irene Argentiero e don Josef Innerhofer nella «Vita» pubblicata sul sito della diocesi di Bolzano-Bressanone, non c’era il martirio nel suo futuro di giovane proiettato in avanti, bensì il desiderio di formare una famiglia insieme a una coetanea segretaria: il matrimonio tra Josef Mayr-Nusser e Hildegard Straub fu celebrato dal fratello Jakob il 26 maggio 1942 nella chiesetta di San Nicolò a Bolzano poi rasa al suolo dai bombardamenti (un anno dopo nasceva il piccolo Albert). 

Il 27 settembre 1944 le aveva scritto così: «Nemmeno un momento ho dubitato di come debba comportarmi in tale situazione e tu non saresti mia moglie se ti aspettassi qualcosa di diverso da me. Mia diletta, questa consapevolezza, questo accordo tra noi in ciò che abbiamo di più sacro, è per me un indicibile conforto». 

La ricorrenza liturgica del nuovo beato sarà celebrata per la prima volta il 3 ottobre 2017. 

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