Un motu proprio di Francesco perfeziona le riforme di due anni fa, chiarendo le competenze dei due dicasteriChi gestisce e amministra non può essere chi esercita controllo e vigilanza. È quanto ribadisce un motu proprio di Papa Francesco che mettendo fine a mesi di discussioni interne chiarisce che la competenza di amministrare il patrimonio della Santa Sede resta all’Apsa e non passa alla Segreteria dell’Economia (Spe). Nel febbraio 2014 Bergoglio aveva istituito la Spe, il Consiglio per l’Economia e l’Ufficio del Revisore generale. Gli statuti erano stati successivamente approvati «ad experimentum», cioè in via provvisoria. Nel luglio di quello stesso anno, con un apposito motu proprio, il Pontefice trasferiva le competenze della sezione ordinaria dell’Apsa – che gestisce gli immobili – alla Segreteria per l’Economia. La successiva pubblicazione degli Statuti aveva però già messo in luce il criterio della separazione tra controllo e gestione. Sono poi emerse alcune questioni riguardanti le competenze relative all’amministrazione dei beni e dei servizi alla Curia. Così nell’autunno scorso è stato avviato prima un gruppo di lavoro e poi è stata costituita una commissione che ha cercato di dirimere i problemi esistenti.
Dopo un significativo periodo di rodaggio, Francesco stabilisce che saranno affidate all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, dicastero guidato dal cardinale Domenico Calcagno, le competenze sulla gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare, e gran parte dei servizi amministrativi alla Curia. Liberando così la Segreteria per l’Economia (Spe), guidata dal cardinale George Pell, da questi compiti. Il Papa chiarisce anche che compete alla Spe il complesso lavoro di vigilanza, di controllo, e di budget. Una decisione che permette di superare quella specie di conflitto d’interessi strutturale all’interno della Segreteria per l’Economia, organizzata con una sezione che doveva vigilare su un’altra sezione amministrativa dello stesso dicastero, avendo un’unica persona, il cardinale Prefetto, responsabile per entrambi.
Il nuovo motu proprio ricorda che «i beni temporali» che la Chiesa possiede sono destinati al culto divino, al sostentamento del clero, all’apostolato e alle opere di carità, «specialmente a servizio dei poveri», sottolineando «la responsabilità di porre la massima attenzione affinché l’amministrazione delle proprie risorse economiche sia sempre al servizio di tali fini».
L’esperienza di questi due anni ha reso evidente la necessità «di delineare meglio i rispettivi ambiti di attività» tra Spe ed Apsa. Scrive quindi Francesco: «Precisando quanto stabilito e modificando quanto appare necessario emendare, intendo ribadire la direttiva fondamentale che è necessario separare in maniera netta e inequivocabile la gestione diretta del patrimonio dal controllo e vigilanza sull’attività di gestione. A tale scopo è della massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati». Ne consegue la divisione di competenze tra Apsa e Spe, «nel senso che alla prima compete l’amministrazione dei beni e la gestione finanziaria; alla seconda il controllo e vigilanza sull’attività di amministrazione e gestione».
Il primo punto del motu proprio stabilisce che la sezione per il controllo e la vigilanza della Segreteria per l’Economia controlli e vigili sull’Apsa. Dovrà emanare «decreti esecutivi generali e le istruzioni»; assistere l’Apsa nel suo ruolo di gestore dei beni; svolgere «tutte le attività di monitoraggio, verifica e analisi e proposte; sottoporre ogni anno al Consiglio per l’Economia il bilancio preventivo e consuntivo dell’Apsa; formulare raccomandazioni e chiedere informazioni e documentazione. E anche «curare che siano adottate adeguate misure correttive, ogniqualvolta venga a conoscenza di possibili danni al patrimonio». Dovrà richiedere al Revisore generale di effettuare revisioni specifiche e svolgere i compiti riguardanti lo scambio di informazioni di natura fiscale che coinvolgano Apsa.
Inoltre, la Segreteria per l’Economia dovrà approvare «ogni atto di alienazione, di acquisto o di straordinaria amministrazione posto in essere» dall’Apsa. È significativa a questo proposito l’aggiunta di una frase che specifica: «in base ai criteri stabiliti dalla Superiore Autorità». Parole che non comparivano nel precedente Statuto e che ricordano il ruolo del Pontefice nel valutare le transazioni di maggiore importanza
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Il secondo punto del motu proprio parla dell’altra sezione della Spe, quella amministrativa. Quest’ultima – com’è stato chiarito – non avrà come compito principale l’amministrazione diretta, ma dovrà elaborare le procedure da applicare. Questa sezione dovrà «formulare linee guida, modelli, procedure e indicare le migliori prassi in materia di appalti» per l’Apsa. Dovrà anche adempiere «tutto quanto riguarda il personale», ferme restando le competenze della Segreteria di Stato, e salvo il pagamento degli stipendi, che continuerà ad essere affidato ad Apsa. Dovrà anche «curare il rispetto delle normative vigenti, compreso il riferimento ai parametri retributivi per il personale» e «fornire assistenza, in conformità ai rispettivi Statuti, al Fondo Pensioni ed al Fondo di Assistenza Sanitaria».
Infine, il terzo punto del motu proprio stabilisce che all’Apsa spetti la competenza di «amministrare il patrimonio mobiliare ed immobiliare della Santa Sede e quello degli enti che ad essa hanno affidato i propri beni». Inoltre, l’Apsa si occuperà di «acquistare beni e servizi dai fornitori esterni, per se stessa, per i dicasteri della Santa Sede e per le istituzioni collegate, in conformità a procedure e appropriati controlli interni», ferma restando la competenza della Spe di formulare le linee guida al riguardo. L’Apsa dovrà pagare «le relative fatture acquisendone l’originale e contabilizzarle nel bilancio di ciascun dicastero, seguendo la metodologia indicata dalla Segreteria per l’Economia». E continuerà a svolgere «il servizio di tesoreria pagando gli stipendi al personale», che saranno però elaborati dalla Spe.
Ancora, l’Apsa seguirà «le norme e le linee guida date dalla Segreteria per l’Economia nel tenere la contabilità e nel redigere i bilanci». Infine, l’Apsa disporrà del personale ausiliario per i servizi ai dicasteri della Santa Sede e per la manutenzione degli immobili, avendo anche la responsabilità della «Peregrinatio ad Petri Sedem».
Il nuovo motu proprio del Papa abolisce l’articolo 17 dello Statuto della Segreteria per l’Economia, nel quale si affermava che quest’ultima «fornisce i servizi amministrativi e tecnici necessari per l’attività ordinaria dei dicasteri della Santa Sede». Francesco confida nella «reciproca collaborazione dei superiori dei due dicasteri interessati», cioè Pell e Calcagno, affidando a un suo delegato – il cui nome non viene menzionato – eventuali «questioni che dovessero sorgere».
L’accenno alla collaborazione è significativo e richiama le norme generali della costituzione Pastor Bonus, la carta fondamentale della Curia romana, che richiedono cooperazione e scambio di vedute prima che qualsiasi dicastero emani regole di portata generale. Lo stesso principio è presente nello Statuto del Consiglio per l’Economia, chiamato a vigilare sull’attività della Spe.
La decisione di Francesco risolve una serie di incertezze sulle competenze emerse negli ultimi due anni. A causa delle discussioni tra Apsa e Spe, dopo mesi di sedute di un gruppo di lavoro, alla fine del 2015 è stata costituita una speciale commissione incaricata di studiare a fondo la situazione, tenendo conto di tutta la legislazione promulgata durante il corso delle riforme e sentendo il punto di vista dei dicasteri interessati. Al termine di questo lavoro, Francesco ha deciso di ribadire l’importanza di tenere separata in maniera netta la vigilanza dall’amministrazione. La Segreteria per l’Economia perde un po’ della sua caratteristica di «superministero» che assomma competenze diverse, e si rafforza invece nel suo ruolo di vigilanza, controllo, indirizzo. Al tempo stesso si rende più collegiale e meno concentrata nelle mani di un’unica persona il potere sui beni della Santa Sede.